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sabato 17 agosto 2013

Meid-in-Italì

campagna pubblicitaria D&G

Qualche giorno fa, mentre combattevo la dolce noia agostana sfogliando Vanity Fair, sono stata colpita da questa campagna pubblicitaria di D&G, gli stilisti considerati (e autocelebrati) come grandi ambasciatori del made in Italy nel mondo.

(Sì, gli stessi che recentemente hanno chiuso i negozi e imprecato via tweet perché qualcuno ha osato definirli evasori dopo una condanna per frode fiscale.
Perché si sa, i grandi contribuenti, nel nostro paese, anziché vergognarsi o scusarsi, si indignano e rinfacciano sguaiatamente tutte le tasse che hanno pagato e il bene che hanno fatto nel paese. Come se un assassino si offendesse perché quell'unica volta che ha ammazzato conta poco rispetto a tutto il resto della sua vita in cui si è comportato bene).

L'immagine ritrae, in un antico chiostro, donne curatissime, appariscenti e molto addobbate,
intente in una tipica "sceneggiata alla napoletana"...
Me le immagino lagnose, urlanti, eccessive, sguaiate, volgari nonostante i bei vestiti. 
Ma le donne italiane sono così? 
Beh, in effetti, almeno qualche celebre esemplare mi viene in mente, ahimé. 
 

E gli uomini? Eleganti, bamboccioni, comparse di poco spessore. 
"Quale sarà il messaggio che la campagna voleva trasmettere?" mi sono chiesta, senza sapermi dare una risposta. Ma l'immagine mi ha messo a disagio, mi ha fatto un pò vergognare...

Questa mattina su Facebook qualcuno dei miei amici definiva come "divertentissimo" lo spot USA per la FIAT 500L, nel quale l'auto è venduta con un optional particolare: una famiglia di italiani che vive sul sedile posteriore. 


Lo spot USA per la Fiat 500 L
Lo spot USA per la Fiat 500 L

Nello spot della 500 una coppia americana, composta e morigerata, sceglie "the most stylish car we've ever had" e finisce per scorrazzarsi una famiglia di italiani (per l'esattezza napoletani): 
madre, figlio e, parrebbe, di lui fidanzata. 
(Il maschio alfa italico ancora non pervenuto).

I tre sono maniacalmente curati nel look, ma chiassosi, sguaiati, così ignoranti da non sapere che negli USA c'è il dollaro e non l'Euro. 
Ovviamente non parlano una parola di inglese, ma ne vanno praticamente orgogliosi, sono gli americani a doversi adattare ad espresso, fettuccine, partite di calcio e urli. 

L'icona della mamma italica, poi, soffocante e petulante, 
che alleva bamboccioni e poi non vuole che se ne vadano di casa, si preoccupa solo dell'eleganza e non, ad esempio, di una improbabile inversione a U proposta dal navigatore. 
E, come risultato, il figliolo è un perfetto mentecatto fighetto, 
preoccupato delle scarpe che indosserà al matrimonio e spudoratamente fedele al mito del latin lover impenitente. 
"Vorrei accarezzare la tua morbida pelle e portarti sulla spiagga deserta e poi baciarti..." scrive il fedifrago tentatore all'americana così ingenua da cascarci (intanto lui si è già volatilizzato). 

Alla fine gli americani si "italianizzano", ovvero diventano irritanti, volgari, ma, si lascia intendere, finalmente non sono più noiosi.
Già, perché con noi italiani non ci si annoia, mentre tutti gli altri sono noiosi.

Forse sono bacchettona, ma ho trovato lo spot molto deprimente, non divertente.

Al netto di una sceneggiatura davvero scarsa e dei dialoghi insulsi, 
e fingendo di dimenticare che il gioiello del Made in Italy è, in realtà prodotto in Serbia, 
potrei rallegrarmi del fatto che lo stereotipo proposto ci risparmi allusioni a bunga bunga, mafia, pizza e mandolino. 

E, invece, mi rattrista riconoscere, nello stereotipo, molta, troppa realtà.

lunedì 8 ottobre 2012

Il demarketing degli albergatori


- Buongiorno, ci hanno regalato un cofanetto smartbox per un weekend benessere che include pernottamento, colazione, spa e trattamenti.
Vorrei prenotare per metà novembre.
- Certo, abbiamo buone disponibilità. Può accedere alla nostra spa per DUE ORE.
A che ora preferisce ACCEDERE alla spa?
- DUE ORE?
- Certo. Possiamo fare 14-16 oppure 16-1...
- Ma secondo lei, io mi sparo 300 km e un pernottamento per stare nella sua spa DUE ORE? 
E dove è il relax se devo pianificare un mese e mezzo prima a che ora mi andrà di farmi la sauna?
- Ma sa, noi nel weekend siamo pieni comunque, quindi così garantiamo ai NOSTRI ospiti il massimo della tranquillità. Comunque se non le va bene può sempre prenotare presso un'altra struttura!

1. Certo che prenoto in un'altra struttura, idiota. Così i TUOI ospiti saranno più tranquilli.
2. Cosa ti fa pensare che per la tranquillità dei TUOI ospiti io accetti di comprimere il mio weekend benessere in due ore?
3. Se sei già piena, per quale caspita di motivo hai fatto inserire la tua struttura in SmartBox?

Siamo in piena crisi.
Hotel, negozi e attività soffrono o chiudono.
E quelli che restano aperti hanno la supponenza di pensare che sia il cliente a 
doversi adattare alle loro esigenze...

lunedì 26 marzo 2012

Quattro etti di marketing ai gusti misti. Con un pizzico di magia.

Cliente - Mi fa un preventivo per un corso di comunicazione con il cliente?
Pamen - Certamente!
Cliente - Mi può fare anche un'abbinata con il corso di marketing?


Caro Cliente.
Vuoi fare un corso per migliorarti e questo ti fa onore.
In otto ore vuoi che io ti spieghi due cosucce da niente, e cioé:
- tutti gli strumenti più efficaci per farsi conoscere
-come ottimizzare il budget
-come conquistare nuovi clienti
- come fidelizzarli
-come recuperare quelli persi
-come far crescere la società
-come migliorare qualità
- come migliorare il servizio
- come migliorare la comunicazione telefonica 
Ma, soprattutto, vuoi scoprire quali sono le nuove "formule di marketing”.

Formule? Qualcosa tipo BIDIBI-BODIBI-BU?


Ora capisco che tu non sai niente di marketing.
Per cui per te è normale aspettarti che io ti trasmetta in otto ore (ma se finiamo mezz'ora prima è anche meglio!)  le competenze accumulate in venti anni di studio.
Ed è ovvio che dopo il corso tutti i tuoi problemi di marketing dovranno essere risolti.
Per magia!

Però ragiona, Cliente bello. 
Chiederesti mai un corso di inglese (in otto ore!) in abbinata con il corso di francese?
Un corso di sicurezza in abbinata con il corso di pronto soccorso?
Un corso di taglio e cucito in abbinata con un corso di cucina?
Un corso di arrampicata in abbinata con un corso di tango argentino?

Lo so che non me la devo prendere. 
In fondo la tua richiesta non è la più assurda che io abbia ricevuto.
Non più del corso di marketing (in 15 ore) per venti persone di venti settori diversi.
O del corso di motivazione per i dipendenti (cioé l'imprenditore sta a casa e io magicamente gli motivo i suoi dipendenti scazzati restituendogli per magia la voglia di lavorare per lui).
O del corso di Time Management per gli addetti al customer service (cioé quei poveracci che passano 
il tempo a rispondere ai clienti, e non possono pianificarsi nemmeno cinque minuti per andare al cesso).

Però scusami, Cliente. 
Sono solo una umile formatrice. 
In miracoli mi sto ancora specializzando. 

domenica 5 febbraio 2012

Tu vuoi fare o'socialmarcheting....

...ma sei nato in Italy.

Quindi, ricapitolando.
Hai un ristorante, anzi un'osteria.
L'Osteria del X.
E un sito.
E un account Facebook.

Siccome sei furbo, non pubblichi post sulla tua fan page (come da regolamento Facebook),
ma sul tuo profilo personale
(Nome= TuoNome  Cognome= Nome dell'Osteria).
Così puoi chiedere l'amicizia a destra e manca e raggiungere quasi 5000 amici.
Ben più dei 170 "mi piace" onestamente conquistati dalla tua fan page.
Forse non sai che se Facebook ti sgama perdi tutti gli amici e ciao.
Hai fatto comparire venti milioni di annunci pubblicitari nel web negli ultimi 3 mesi.
Pubblichi a tutte le ore foto di cibo variamente saccheggiate dalla rete e spiritosaggini assortite.
Ci hai un pò sfrittellato le palle, ma anche incuriosito.

MA siccome sul tuo sito c'è una Google Map non aggiornata...
ieri sera sono finita al tuo vecchio indirizzo, dove ho trovato il portone sprangato.
E poi sono andata in un altro posto (uno che sulla fan page oggi aveva la foto del suo bellissimo
locale sotto la neve!).

Oggi alla centesima volta che mi comparivano i tuoi post ho pensato bene di avvisarti.
In cambio mi hai velatamente dato della stupida.


Perché, si sa, l'esercente ha sempre ragione.








E quando ti ho risposto per le rime, cosa hai fatto? 
Beh...
siccome la conversazione con i clienti è importante...
siccome essere social vuol dire soprattutto saper ascoltare...
siccome ogni reclamo è un gradito regalo, soprattutto dove ci segnalano dove stiamo perdendo clienti...
siccome è importante rispondere ai complimenti ma soprattutto alle critiche per essere credibili...
e siccome tu queste cose non le sai...

HAI RIMOSSO LA CONVERSAZIONE DAL TUO PROFILO!
E non mi hai più risposto.

E io ti ringrazio, perché mi hai fornito uno spunto bellissimo per i miei corsi di web marketing.
Potrai anche avere il sito, due siti, tre profili facebook.
Potrai anche fare due milioni di annunci pubblicitari.

Ma se non sai ascoltare, il cliente lo perdi.

Tu vuò fa l' americano!
mmericano! mmericanosiente a me, chi t' ho fa fa?
tu vuoi vivere alla moda, ma se bevi whisky and soda po' te sente 'e disturbà.
(Renato Carosone)

giovedì 1 dicembre 2011

Come t'ammazzo il mito. Tata Lucia e la Nutella.

La mia -pur felice- infanzia è stata caratterizzata da alcuni limiti talebani imposti con fermezza -per Il Mio Bene- dalla mia mamma (sì, la stessa che ora vizia spudoratamente i nipoti).
Le scarpine alla bebé di vernice? Scivoleresti con la suola di cuoio.
Le espadrillas? Non sostengono la caviglia.
I pattini? Pericolosi.
La danza classica? Sei troppo grassa, al massimo atletica o ginnastica artistica.
Il ghiacciolo? Non nutre.
La bambola Candy Candy originale? Il tarocco va benissimo.
Kinderbrioss, Girellamotta e Nutella? Porcherie.

Non ho sviluppato particolari turbe in seguito a questi divieti, se non per il fatto che, da  adulta ho spesso
reagito allo stress compensando il ventennio di golosità repressa.
Ovvero accrescendo il fatturato della Ferrero. E l'indotto.
Avete presente, no?

Da ragazza ho pianto dal ridere con il libello Nutella- Nutellae (e quelle risate probabilmente rappresentavano anche lo sfogo per essermi fatta per cinque anni il mazzo per imparare il latino senza la ben che minima utilità pratica nella mia vita. Se escludiamo il pronunciare MEDIA e non MIDIA).
Ho organizzato qualche Nutella Party.

Da giovane docente universitaria ho alleggerito le noiose lezioni di marketing raccontando agli studenti la storia della Nutella, più che un prodotto un mito. Mi sono autoassolta poiché si trattava di "energia per fare e per pensare", e ho sempre concordato con il celebre claim: "Che mondo sarebbe senza Nutella?".

In alcuni seminari di marketing avanzato ho raccontato come la campagna di Greenpeace
ha spinto la Ferrero ad aderire alla moratoria sull'espansione delle coltivazioni di palma da olio che distruggono le foreste del Sud-Est asiatico, sviluppando dei sistemi di tracciabilità per il disgustoso e anti-ecologico ingrediente. (Sì, disgustoso, come tutti gli ingredienti della Nutella. Ne sono convinta da quando compro, di tanto in tanto, la Delizia di nocciole dell'azienda agricola sotto casa. Ingredienti: nocciole 90%, zucchero di canna, stop. Grammi 170 per nemmeno 4 euro).
Ma tutto ciò non mi ha impedito di considerare la Nutella come la regina delle tentazioni.

L'anno scorso mi sono fatta abbindolare dalla bufala mediatica dell'abolizione della Nutella,
un caso ben più interessante di distorsione delle informazioni da parte del produttore-lobbysta.
Chi mi frequenta teme le mie filippiche sul marketing non etico delle multinazionali,
ma con la Ferrero non potevo non essere indulgente.
Per cui mi sono sicuramente iscritta almeno a quattro gruppi Facebook contro l'abolizione della Nutella.

Salvo poi desiderarne l'effettiva scomparsa dal mercato quando il mio dolce primogenito mi ha rinfacciato il saccheggio bulimico del suo barattolo, lanciandomi la fatwa delle coscione cellulitiche


Ma  la Nutella non è stata abolita.
Anzi. Due volte a settimana mi ammicca seduttiva dagli scaffali del supermercato,
ultimamente in quella geniale forma mignon da 30 g che allude alla più masochista delle perversioni: affondare il cucchiaino e svuotare il barattolino in una sola mossa. Due in uno. 
Alla modica cifra di 60€ al kg.

Ma oggi la mia vita è cambiata.
Dopo aver visto questo.


Eh no.
NON ESISTE.
La Tata Lucia che consiglia di mangiare la Nutella??
E' un bestemmia!
Sarebbe come...
...la mamma che ti suggerisca di provare una canna...
...il papà che ti incoraggi a trombare di nascosto col morosino...
...il funzionario RAI che ti proponga di eludere il canone.
...il professore che lasci copiare impunemente (frustrando ogni creatività nei bigliettini).
...il marito che ti proponga di flirtrare con...che ne so...il maestro di basket di tuo figlio.

La castrazione di ogni tentazione.
La dimostrazione dell'efficacia dell'antiabolizionismo.
La fine di un mito.


Che gusto c'è a sottrarsi clandestinamente alla famiglia del Mulino Bianco se mentre affondi il cucchiaino
non pensi a 9 settimane e 1/2 ma alla Tata Lucia che mette tutti intorno a un tavolo a mangiare la Nutella?
Ma che due maroni!!
La Nutella mi diventa sexy come un omogeneizzato Plasmon.
Stuzzicante come il brodo Liebig.
Goduriosa come gli All Bran (che faranno pure superare la prova costume ma fanno proprio...cagare. Ecco, l'ho detto).

Questa campagna (insieme all'albero di Natale traboccante di fottute sorpresine natalizie UNA-SU-TRE, che a conti fatti, oltre a fare schifo, costano come un set di decorazioni in vetro soffiato e Swarovsky decorate a mano) mi ha decisamente e tardivamente persuaso a ...boicottare la Ferrero.

Mi restano solo due consolazioni.
un nuovo caso di marketing da manuale per intrattenere i partecipanti ai miei corsi,
e...
il vino novello.
Salute!!

lunedì 28 novembre 2011

la letterina a santa lucia

- Allora Ale, hai deciso cosa chiedere a Santa Lucia?
- Si...no...boh. Adesso devo giocare...
Ma se nemmeno tu sai cosa desideri, perché mai dovrei saperlo io dovrebbe saperlo Santa Lucia al tuo posto?
La nonna:
- Ma come???Voi da piccoli avevate delle liste infinite (e la povera santa non ci arrivava con il budget...)
Già...
La fondamentale differenza tra me e i miei figli?
Io sono cresciuta guardando televisione e tanta, tantissima pubblicità.
E desideravo un sacco di cose.
I miei desideri venivano esauditi fino ad un certo punto, 
lasciandomi felice e comunque sempre piena di altri desideri. 
Desideri materiali. Perché, per fortuna, non mi mancava ciò che davvero conta e serve.
Loro non vedono pubblicità, quindi non subiscono l'imposizione subliminale di  desiderare a comando.
E quindi giocano con quello che hanno.
E non è che abbiano pochissima roba, eh...ma hanno poco e niente rispetto a molti loro compagni, (che hanno magari case piccolissime ma camerette traboccanti come bazar cinesi).
Non posso che essere contenta se non sono già schiavi dell'illusione di poter comprare la felicità.
Ma mi rode un tarlo. Che vita è senza desiderio?


E, soprattutto, è giusto voler alimentare in loro il desiderio di altre cose?
Come amici, viaggi, lavori stimolanti,aria pulita, un mondo giusto, una laurea, conoscere tre lingue?
Sarò in grado di accettare che i loro desideri siano diversi da quello che io desidero per loro?


Santa Lucia, visto che loro sono troppo impegnati a giocare ti scriverò io una letterina. Ma per me.

venerdì 25 novembre 2011

Parlano di me!

Come la mia amica Chiara la gallina lurker (e forse come tutte le blogger) adoro ricevere nuove visite,
che spesso si trasformano in nuove e arricchenti conoscenze.
Come non essere felice, quindi, dell'intervista che Dolce Attesa mi ha dedicato sull'omonimo portale?


Il che, probabilmente, non mi proietterà nel gotha delle mamme blogger più famose (anche perché non me lo merito, soprattutto in questo periodo, in cui trascuro clamorosamente la mia blog-therapy risucchiata da mille altre incombenze)...però mi permette di tirarmela una cifra, aprendo subito la sezione "dicono di me". Egocentrica vanitosa che non sono altro!

mercoledì 2 novembre 2011

Ogni giorno è una festa. Per Ingvar.

C'è la crisi.
Si fa una fatica boia a guadagnare quattro soldi che poi, in men che non si dica, spariscono in bollette, mutuo, agenzia delle entrate e commercialista.
Ci aspettano tempi duri.
Il default, gli indignatos, re Silvio che lascia naufragare il Titanic, la guerra civile: cosa accadrà di preciso? Non si sa, ma c'è poco da stare allegri.

Risparmiare è come guadagnare, ripete il marito A.M, saggio e anticonsumista per dono genetico.
E tu?
Sei terribilmente fiera di non esserti comprata nemmeno un paio di calzature nuove per la stagione (ehm ehm, le scarpe da tango NON fanno testo, vero? rientrano nella categoria di shopping "attrezzatura sportiva", mica scarpe!).

Per Halloween quest'anno avrai speso al massimo 15 eurini di addobbi nuovi,
(beh escluso uno strepitoso pipistrello gigante di peluche che NON si poteva lasciare lì).

E' iniziato il conto alla rovescia per Natale e hai pensato: che palle, di già?
Forse l'austerity ti è entrata nelle vene, finalmente. (Forse).

Forse hai fatta finalmente tua la MATURA consapevolezza che consumare di più non farà di te una persona più felice.
Che un cesto di prodotti bio del GAS con confezione povera ti offrirà il brivido del regalo intelligente, green e eco-compatibile.
Che anche per quest'anno potrai benissimo resistere alla tentazione di sostituire l'alberello di Natale da battaglia con un esagerato abete da 240 cm (per il quale dovresti comprare una batteria extra large di addobbi inutili).
Ma certo! Risparmieremo sulle cagate e metteremo finalmente da parte per la macchina, la cameretta della piccola e altre cose davvero importanti.
E la SantaLucia? Saggia e morigerata.
BabboNatale? potremmo anche lasciarlo al Polo, bloccato da una tempesta di neve, il vecchiaccio bulimico...Eccheccavolo, il cambiamento deve partire dalle piccole cose!! (E poi chissà quanta CO2 producono le renne volanti).

Poi apri la cassetta della posta e trovi LUI.




Puntuale come il ciclo quando parti per il mare, è arrivato il maledetto cataloghino di Natale dell'IKEA. 
Essenziale, dalla grafica mai stucchevole ma carica di un  subdolo potere di persuasione subliminale.
Già la copertina (titolo: Ogni giorno è una festa! Oh yeah...), scatena in me irresistibili voglie di shopping compulsivo.
Basta sfogliarlo e ti immagini già lì, romanticamente stravaccata davanti ad una finestra di 4 metri per 2 da cui si intravede una foresta ammantata di ghiaccio. 
Già avvolta dal tepore del morbido plaid IDGRAN FLINGA, circondata dalla fiammella  delle candele FENOMEN e dai bellissimi candelieri RONAS (con pallino sulla A) di cui, lo sai, non potrai più fare a meno. Ed è nella tazza OMBYTLIG che sorseggi una tisana speziata, già senti il profumo di cannella e noce moscata che riscalda l'ambiente.
E non potrai più vivere senza lo stampino per biscotti a forma di renna. D'altra parte il set SNODRIVA da 6 stampi non ti manderà in rovina (4,03 €), ma garantirà ai tuoi bambini l'atmosfera del Vero Natale Scandinavo. 

Ed eccoti lì, agenda alla mano a pianificare la prossima spedizione.
Perché ti sei ricordata che da tempo immemore DOVEVI PROPRIO andarci.
Per le cornici. Gli scatoloni. La panchetta per le scarpe. La cappelliera appendiabiti.
E, perché no, per una porzione di salmone all'aneto o una piattata di immonde, irresistibili polpette svedesi con il puré e la salsa di mirtilli rossi. 

Non mi resta che rileggermi, a scopo di antidoto, un post esilarante che descrive mirabilmente tutto il fascino PERVERSO di una spedizione all'IKEA.

Ma so benissimo che l'antidoto sarà INUTILE. 
La MIA missione sarà senza figli o mariti che stressano, e avverrà nel fantastico silenzio di una grigia mattina feriale. 
Una buona amica o, meglio, la mia mamma (compare di mille shopping expeditions) 
saranno la migliore compagnia.
Non dovrò pazientare NEMMENO un secondo per il mio piatto di polpette.
Magari estrarrò PURE la mia Family Card per strafogarmi di caffé americano a scrocco.
E avrò persino il tempo di fermarmi al bistrot svedese a comprare i biscotti allo zenzero
che fanno schifo a tutti, in famiglia, quindi finiranno tutti sul mio culone.
Ma vuoi mettere la magia.



* Ingvar Kamprad, per chi non lo sapesse, è il maledetto stramiliardario fondatore dell'Ichea.



venerdì 7 ottobre 2011

Steve Jobs: un mito contemporaneo





Un imprenditore viene venerato come una divinità.
Il suo brand ispira non solo fiducia ma fede. 
Perché hanno saputo fornire soluzioni, idee, risposte. 
Spesso anticipando le domande.

Uso i prodotti Apple tutti i giorni, e ogni giorno ne benedico la capacità di migliorare la qualità della mia vita e del mio lavoro.

Lavoro con gli imprenditori tutti i giorni, e vorrei tanto che, da Steve Jobs potessero imparare...
- che lavorare per passione produce risultati migliori che lavorare per i soldi,
- che orientarsi ai bisogni dell'interlocutore è la strada per soddisfare i nostri,
- che si può essere fighi e autorevoli anche col maglioncino sfigato invece del vestito firmato, 
- che non c'è leadership senza gioco di squadra,
- che la strada per il successo è lastricata di insuccessi,
- che sulla strada per il successo non deve necessariamente esserci la gnocca (ogni riferimento al nostro presidente del consiglio è puramente voluto),
- che aver fatto qualcosa di meraviglioso è più importante che essere l'uomo più ricco del cimitero.





Non è vero che "non ce l'ha fatta".
Ce l'ha fatta, eccome. 

Thank you, mr. Jobs. 
May your spirit live in all your fans all over the world.




domenica 25 settembre 2011

Ti posso stickerare? Cronaca di un meeting molto mammesco e abbastanza marketing.

24 settembre, Milano. 
Il MomCamp è un raduno nazionale di mamme blogger, ma è anche una festa, una fiera, una scampagnata, un ritrovo pieno di colore e di energie positive. 
Il mio divertimento inizia durante il viaggio, condiviso con Chiara ed Enrica tra mille chiacchiere e qualche gossip.



TETTE & STICKERS
Le Camper Moms arrivano alla spicciolata e subito dopo la registrazione iniziano a scrutare le tette delle altre alla ricerca di nomi noti.
Si perché qui il badge è sostituito da uno sticker identificativo che la quasi totalità delle mamme presenti si è attaccata al petto.
E non fai in tempo a salutare Chiara, la mitica Wonderland di Machedavvero, che ti chiede dolcemente: "Che ti posso stickerare?",
attaccandoti sulla spalla l'adesivo promozionale di Mums up, il nuovissimo sito di recensioni mammesche, la sua nuova avventura imprenditoriale.
Ma Chiara è in buona compagnia: oltre agli sponsor che presentano i loro prodotti, numerose sono le donne che hanno approfittato dell'occasione per promuovere blog, iniziative, corsi, libri. E così, già all'arrivo, le due bellissime shopper omaggio si riempiono di flyer, volantini, adesivi, cartoline, gadget. Menzione speciale meritano i deliziosi segnalibri pubblicitari per ChiaradinomeThe Queen Father!




CARRAMBA!
- Ma sei Stefania!!! Ciaaaaaaooooo!
- Eccovi quaaaa, cercavo la bionda e la mora...
Ad ogni angolo ci sono donne che si riconoscono, si abbracciano, iniziano a parlare e ridere.
Il primo obiettivo della camper-mom, in modo particolare se neofita, è collegare le facce ad un nome. 
Le amicizie in rete non sono affatto "virtuali", semplicemente non sono "fisiche".
Di una blogger che segui o con cui discuti su facebook, puoi conoscere anche dettagli molto intimi, ma non necessariamente sai che 
faccia ha. E questo è un altro aspetto rivoluzionario della rete.
Nel web c'è spazio per tutte: belle e bruttine, giovani e stagionate, magre e robuste. 
Quel che conta sono le idee, il carisma, la voglia di fare, non le misure.
E scusate se è poco in questi tempi di escort, mignottocrazia, e donne sempre più ridotte ad oggetto nelle gerarchie sociali, aziendali e culturali.


MULTIMEDIA E MULTITASKING
Durante gli speech le mamme presenti ascoltano, prendono appunti sull'iPad, chiacchierano, allattano, twittano con le altre a due file di distanza, gestiscono le famiglie a distanza. 
Sì, perché alcune sono cui con figli e mariti, impegnati in uno strepitoso programma di attività sportive e ludiche. Altre, invece, vengono tempestate di chiamate a distanza dai mariti: "La bimba non riesce a fare la cacca e piange da un'ora? Ti faccio portare un clisterino...".  
Conforta sapere che presto sarà pronta SaveTheMom, una app che promette di condividere con i babbi il know how e la pianificazione materne, il vero viatico per la parità. Scherzando con l'ideatrice del progetto e la sua project manager, le bresciane Sara e Milo, butto lì che il pay off perfetto per il prodotto potrebbe essere "basta alibi: i mariti non potranno più dire di non sapere".
Per fortuna che a "Vivere semplice" ci insegna Sabrina, che, con tre figli ed un lavoro ha deciso che scegliere le priorità è meglio che cercare di fare tutto. Sicuramente la seguirò con attenzione sul blog e sulle pagine di Kids.




OLTRE ALLA CACCA C'E' DI PIU'.
Vi ricordate la canzone? "Siamo donne, oltre le gambe c'è di più".
Ora, leggenda vuole che le mamme tra loro parlino solo di cacche e pannolini. 
Ma quando mai? Se escludiamo le comunicazioni di ordine tecnico-logistico con le famiglie, io ho sentito parlare di progetti, di lancio di start up, di piani editoriali, di eventi, di app, di formazione, di piani editoriali. 
Quelle che il Corriere  dipinge un pò come sfigate ex-precarie, padroneggiano le tecnologie dell'informazione e le lingue straniere, twittano alla velocità della luce, dissertano delle differenze tra facebook e google+, hanno idee lucidissime sul mercato e sulla politica.
Le aziende, i media, gli sponsor ancora faticano ad afferrare il fenomeno. 
Per non dire che non hanno capito niente.

Le aziende guidate da vecchi obsoleti che non saprebbero sostenere mezza conversazione con queste giovani donne agguerrite. E però le hanno sbattute fuori dal mondo del lavoro, tenendosi magari degli incapaci con i testicoli, per evitare i costi delle maternità (e senza avere idea di  quanto questo costerà a loro e a noi tutti).
I media che, nel ridicolo tentativo di riaffermare il primato di TV e carta stampata, non perdono occasione per ridicolizzare chi in rete
vive, impara, conosce, lavora, ama, cresce. E non sa più che farsene dei mass media, perché i social media sono molto meglio.
Gli sponsor, che pur avendo fiutato con interesse questo target di opinion leader al femminile, fanno fatica a passare dal monologo al dialogo.
Un esempio? La prima delle presentazioni è proprio a cura dello sponsor, una nuova crema dolce spalmabile. La relatrice è capace, ma sbaglia completamente il taglio: che c'entra la merenda con il futuro delle mamme on-line? E chissenefrega della merenda, oggi?



WEB ADDICTED
E infatti la relatrice successiva, in arte Mammafelice, viene accolta con un'ovazione al suo esordio: "Mi chiamo Barbara, ho 35 anni e da 1,5 ore non mi collego a internet". 
Già, perché la rete da dipendenza.
Molte ammettono di essere drogate di Internet, ma nessuna intende disintossicarsi. Tutte le relatrici descrivono il web come uno strumento di incontro, di acquisizione di competenze, di realizzazione. Emblematica, ad esempio, la storia di Serena, di Genitoricrescono,
ricercatore di fisica disoccupato che, in Svezia, si è reinventata come esperta di web communication.
Certo, alla ventesima relazione, la storia "dopo il parto mi sentivo disperata e il web...bla bla" esce un pò dagli occhi. 
Vero, verissimo, lo abbiamo provato praticamente tutte, però non tutti gli interventi brillavano per idee straordinarie ed originali.
E allora niente di meglio che aspettare la merenda al desk di accoglienza parlando con Francesca, vecchia amicizia AEGEE, adesso esperta di comunicazione e di social media.
Si è fatto tardi, ma come resistere alle crepes ripiene della famosa crema di formaggio cioccolatoso? 


Non c'è malinconia nel salutare le nuove e vecchie amiche: perché ci saranno altre occasioni, e, soprattutto, sappiamo bene che la rete annulla le distanze.
E a volte, paradossalmente, si condivide più quotidianità con chi ti fa compagnia sul monitor che con gli amici "reali", così difficili da sentire e frequentare nei sincopati ritmi attuali.

Ma torno a casa arricchita di mille spunti, sorrisi, idee, indirizzi di siti e blog da scoprire.
In attesa del prossimo MomCamp!



PS A Iolanda va un enorme ringraziamento per essere stata l'anima della festa, e per l'eccellente organizzazione!

giovedì 11 agosto 2011

Il sesso forte (d'inverno).













Avendo guardato in gioventù molti telegiornali, so bene che quando fa caldo è opportuno:
- vestirsi leggeri;
- stare all'ombra nelle ore più calde;
- preferire frutta e verdura al cotechino con le verze;
- se indispensabile, accendere un ventilatore o un condizionatore.

Questi astutissimi accorgimenti mi hanno sempre permesso di condurre una vita normale anche da giugno a settembre. Anche da mestruata. Anche da incinta. Anche durante un trasloco o i viaggi estivi.

Invece c'é chi, al primo caldo, si sente debole.
Spossato.
Deprivato delle sue energie vitali.
Depauperato del suo naturale vigore.
Meno performante.
Meno scattante.
Meno scintillante.

Forse è quello che è capitato al marito A.M.
Perché, (senza ovviamente farsi influenzare da quella cattivona della pubblicità),
ha investito in farmacia 20,00 € (Venti/00 Euro, pari a 38.725 lire italiane, trentottomilasettecentoventicinque)
in cambio di (UDITE UDITE):
1 scatola 
contenente
10 flaconcini (+ 2 in OMAGGIO!) 
di
NATURAMIX VIGORE- BIOATTIVATORE DI ENERGIA
Per una risposta immediata nei periodi di intensa attività.
Concentrato di ginseng, eleuterococco, guaranà, mirtillo.
Tale, straordinario,  ritrovato della fito-scienza :
- svolge una pronta azione tonico-energizzante;
- supporta i processi enzimatici e metabolici;
- favorisce una adeguata protezione antiossidante.
Ammazza!!
Finalmente svelato il segreto di tanto tonico vigore 
nell'erigere
castelli di sabbia 
e piste per le biglie.

giovedì 30 giugno 2011

L'era del contro-marketing

Ieri le aziende potevano fare anche le peggiori cose, senza che si sapesse, quindi senza nessuna ripercussione su immagine e credibilità. E, quindi, senza nessuna presa di responsabilità.

Col web la festa è finita.
Se un'azienda
- assume comportamenti ipocriti rispetto alle dichiarazioni
- danneggia lavoratori, fornitori, ambiente e società,
- inganna i suoi clienti,
rischia di incorrere in devastanti danni alla sua reputazione, un bene intangibile molto lento e costoso
da costruire.

La "responsabilità sociale d'impresa" fino a ieri era di moda, oggi è una necessità impellente.
Perché nessun avvocato ti può salvare dallo sputtanamento globale e dal boicottaggio quando a controllare i flussi di informazioni non sono più (solo) le multinazionali e i poteri forti.
Oggi basta un blogger agguerrito, un gruppo Facebook dinamico, un sapiente mix di social network,
o anche la vendetta dei singoli sui siti di recensioni (come ad esempio  Tripadvisor per il turismo o Ciao.it per i beni di consumo): ogni cliente maltrattato o stakeholder danneggiato può vendicarsi in "mondovisione"!

E allora ecco girare video sulla sfacciataggine della ENI (la grande compagnia energetica italiana che si vanta della sua responsabilità e poi crea disastri ecologici nel terzo mondo).

E poi il boicottaggio della Nestlé ("nutrirsi bene vivere meglio"), responsabile della morte di milioni di neonati a causa della spregiudicata diffusione di allattamento artificiale in precarie condizioni igieniche.

E perché non boicottare anche ProcterGamble e tutti prodottori che ancora vivisezionano gli animali?

Naturalmente se il boicottaggio è fazioso le aziende più accorte sanno come rispondere: tacere è sempre controproducente. Lo dimostra Barilla, a lungo danneggiata da un passaparola sulle presunte coperture in Eternit dello stabilimento di S. Nicola di Menfi (da cui proviene la merendina preferita di mio figlio!), e che non ha esitato rispondere in modo molto puntuale, a partire da una campagna Adwords su Google.
Provate a digitare "Barilla Eternit", troverte questo annuncio:

Saranno contenti i lavoratori vessati di tutto il mondo (temo la maggioranza): oggi possono vendicarsi del loro datore di lavoro poco lungimirante con una recensione su un portale come SOPO, raccontando dove si lavora meglio e dove peggio. Interessante scoprire gli altarini di alcune aziende altamente incoerenti. Ad esempio: vi ricordate "La Coop sei tu, chi può darti di più?". Bene, raccontatela agli incazzatissimi (ex) dipendenti Coop che così la valutano.

Ma il vero colpo di genio è stato messo in scena da Greenpeace. L'associazione ambientalista ha scatenato una Guerra Stellare ai danni di Volkswagen, rea di essersi dichiarata "il produttore di auto più eco-friendly al mondo".
Uno straordinario video super virale
scimmiotta l'originale spot ispirato a Guerre Stellari e conduce ad un sito web molto ben studiato,
un perfetto esempio di web marketing, anzi, contromarketing.
Sull'onda della travolgente colonna sonora, gli utenti diventano protagonisti, si uniscono all'Alleanza Ribelle incoraggiati dal counter degli Jedi Ribelli, da bottoni "call to action",
e, grazie ad un form semplice ae attraente, in pochi passaggi firma una petizione on-line per costringere il produttore di auto a promuovere automobili davvero ecologiche, facendo leva anche sull'astuta dichiarazione "guido un'auto VW, e chiedo all'azienda di cambiare".

Chi, persuaso, decidesse che il divertimento del video val bene la compilazione del form,
si troverebbe poi invischiato in un vero e proprio "addestramento Jedi" per vincere una t-shirt di Greenpeace grazie al metodo "amico porta amico". Per chi ha firmato, il portale si trasforma in un social network ludico: per ogni persona che si unisce all'Alleanza tramite la pagina, l'utente riceve 5 punti-forza, per accedere a nuovi strumenti.
Quante aziende sono capaci di persuadere e coinvolgere così?
Come reagirà Volkswagen?

A proposito, mi aiutate ad accrescere la mia forza?

sabato 26 febbraio 2011

Allattare che incubo?! Un titolo socialmente pericoloso!

Caro direttore

in copertina del Vanity Fair n°8 campeggia il titolo "Anna Valle, allattare che incubo".
Nell'intervista l'attrice racconta le sue difficoltà nell'allattare, 
ma non emerge nulla sulle (ottime) motivazioni che l'anno spinta ad allattare sua figlia per ben 8 mesi o sul fatto che, forse, l'unico aiuto che ha ricevuto per superare le sue difficoltà è stato il suggerimento di smettere.

Io sono riuscita ad allattare in tutto 3 anni nonostante enormi difficoltà e le indicazioni errate e contraddittorie di puericultrici e pediatri e, 
quando i media lasciano passare il messaggio che "allattare è un incubo" io mi arrabbio molto.

Perché, secondo l'associazione culturale pediatri, solo l'1% dei bambini italiani arriva al sesto mese allattato al seno in modo esclusivo così come prescriverebbe l'OMS.
Perché le mamme vengono scoraggiate in tutti i modi con assurde restrizioni di orario e pressioni sul peso del bambino, e non ricevono incoraggiamento e i giusti consigli per superare le inevitabili difficoltà (allattare è un processo naturale, psicologicamente poco conciliabile con i ritmi della donna moderna).
Perché i convegni di aggiornamento per i quali gli operatori sanitari prendono crediti formativi sono spesso organizzati dalle multinazionali del latte.
Le stesse che violano sistematicamente il Codice Internazionale sulla commercializzazione dei sostituti del latte materno, con operazioni di marketing illecite e una vera e propria corruzione degli operatori sanitari a cui viene offerto di tutto in cambio di più prescrizioni di latte artificiale (Per maggiori info: http://www.ibfanitalia.org/)

L'alimentazione artificiale provoca ogni anno la morte di 1-2 milioni di neonati, per lo più per diarrea 
(mentre le madri si svenano per procurare il latte artificiale che percepiscono come "migliore").
E da noi? I neonati allattati artificialmente alimentano un ricchissimo business tra latte in formula e accessori, non muoiono certo di diarrea, ma secondo l'Associazione Culturale Pediatri, è aumentato dell'800% in dieci anni il ricorso alle cure pediatriche per i piccolissimi. Come dire che, con buona pace dei media ignoranti e della politica, 
alleviamo bambini sempre più fragili ed esposti ad infezioni fin dai primi mesi di vita. Per la gioia del business sanitario e farmaceutico.
E le loro madri? Nel 39% dei casi già private della magia del parto naturale (visto che anche il cesareo è un business, in Italia, in barba ai rischi enormi che comporta), rinunciano ad un'esperienza meravigliosa e incredibilmente salutare per madre e figlio. 
Per sfinimento, per solitudine e, soprattutto per la diffusa ignoranza e la sistematica forzatura di un processo naturale e di per sé perfetto.

Il tema non è glamour e infatti nessuno se ne preoccupa. Ne vogliamo parlare?

Pamen




PS per approfondire: http://www.facebook.com/vanityfairitalia
dove Luisa Mondo di IBFAN Italia porta a Vanity Fair alcune argomentazioni per approfondire il tema in modo più serio!



venerdì 17 dicembre 2010

Sing Coca Cola


Un tributo ai Train, che fanno canzoni bellissime.
E un riconoscimento alla Coca Cola, che ha inventato la moderna iconografia del Natale
(perché credete che Babbo Natale sia di rosso vestito? Dai commercial della Coca, begli anni '30!!)
e che, da sempre, ci regala stupendi spot natalizi, un trionfo di buoni sentimenti, bollicine e kitch natalizio.
Vorrei cantare insieme a voi...

lunedì 6 dicembre 2010

Il bue e gli asini.

Garden center di paese. 
Mercatino di Natale (deserto). 
Sto girando con mio figlio, deluso perché quest'anno non hanno allestito il solito plastico natalizio con il trenino
(anche se poi il trenino non lo facevano mai andare, forse per risparmiare elettricità).

- Scusi ce l'avete il bue per il presepio?
- No, il bue l'ho finito. Però c'è l'asinello!
- Grazie ma mi serve il bue.
- Ma l'asinello è bellissimo, tutto dipinto a mano!
- Come le ripeto non mi occorre. Piuttosto, avete un rotolo di cielo diverso da questo?
Ne vorrei un di quelli con anche il paesaggio.
- Ah, no, i cieli con il paesaggio non li fanno proprio più. 
- Beh a dire il vero settimana scorsa l'ho visto all'ipermercato.
- Si, ma sono quelli di qualità scadente!! (con aria seccata).

Aspetto al varco il prossimo che mi dice che "il piccolo commercio specializzato 
è in crisi per colpa della grande distribuzione".
E non perché, se devo avere a che fare con commercianti incompetenti,
supponenti e neppure dotati di un assortimento decente...
preferisco sopportare la calca dell'ipermercato, dove almeno non ho grandi aspettative in quanto a cortesia e qualità.
E quando le aspettative sono basse è più difficile restare delusi.



lunedì 19 aprile 2010

Il Sig. Abbonamenti e la cliente polemica

Da: Pamen
Inviato: martedì 13 aprile 2010 11.00
A: abbonamenti@contieditore.it
Cc:(email dell'amministratore delegato)
Oggetto: Abbonamento non attivato
Priorità: Alta

Buongiorno,

in data 19.3, come da accordi telefonici,
ho effettuato un bonifico e vi ho mandato un fax (allegato) per richiedere l'attivazione dell'abbonamento ad Autosprint per mio marito.
Da allora né un cenno di risposta (atto di buona educazione oltre che segno di professionalità nei confronti di un cliente) né, cosa ben più grave, alcuna traccia della rivista.

Vi chiedo di voler provvedere al più presto all'invio della rivista.

Grazie
Pamen

PS
Non è la prima volta che attivare un vostro abbonamento si rivela difficile e sgradevole.
Evidentemente non avete bisogno di clienti, o non sapete che i clienti hanno oggi molte alternative alla carta stampata...o non sapete che i clienti insoddisfatti hanno tanti strumenti per fare passaparola...

Da: Abbonamenti [mailto:abbonamenti@contieditore.it]
Inviato: martedì 13 aprile 2010 11.19
A: 'pamen'
Oggetto: R: Abbonamento

Buongiorno, l’abbonamento da lei sottoscritto decorrerà a partire dal n.15, in edicola questa settimana. La rivista è già stata spedita. Se non le abbiamo fornito le informazioni circa la decorrenza del suo abbonamento non è stato per maleducazione ma bensì perché non riusciamo, ad ogni attivazione di abbonamento, a comunicare conseguentemente la decorrenza. Non avremmo più il tempo necessario per sbrigare tutto il lavoro e, magari, ciò potrebbe andare a scapito della stessa attivazione degli abbonamenti. Proprio per questo motivo siamo soliti indicare la decorrenza dell’abbonamento al momento del contatto telefonico. Se ciò non è accaduto con lei, ce ne scusiamo.Cordiali saluti

venerdì 12 febbraio 2010

Le imprese bresciane e il marcheting

Mi chiama il marketing manager di una famosa impresa industriale. Deve fare la brochure.
Gli chiedo quali sono i loro obiettivi strategici. Risposta confusa. 
I loro principali mercati? Risposta vaga.
Il fatturato per mercati? E' un dato riservato. Quindi non glielo hanno detto, ammette imbarazzato.
Le esigenze della clientela? Qualità, servizio, prezzo...bla bla...Ma va?
Perché non fate una bella indagine sulla soddisfazione della clientela per capire dove migliorarvi? 
Ma...non so...è già stata fatta.... non serve...
Una bella analisi della concorrenza? Non c'è tempo, non è il momento, prima bisogna fare la brochure.
E rifare invece il sito, che è aggiornabile e non diventa obsoleto in 2 mesi?
No, quello lo abbiamo appena rifatto quindi si tiene così.
Dopo 2 ore di colloquio inconcludente arriva il titolare, risponde a tutte le domande in 5 minuti (il brochure-manager prende appunti) ha già tutte le risposte, e una certezza granitica: la priorità ce l'ha la brochure.
Che messaggi dare? Vedete voi, ma deve essere in cinque lingue e pronta domani.

Della serie: non so dove vado, né perché, ma so come voglio andarci. E ci vado spedito.


Prestigiosa azienda distributiva.
Deve fare la campagna pubblicitaria. Ha messo in gara un pò di agenzie, con un brief che è il trionfo della vaghezza. "Vogliamo rafforzare il brand". Vabbeh...meno male che non chiedono di "vendere di più", è già qualcosa.
ll target? Uomini e donne dai 17 ai 40 anni. Uhm, molto definito, come target. Che tipo di persone sono, che esigenze hanno, perché dovrebbero scegliervi?
"Se sapessi dire io perché dovrebbero scegliermi, credo farei la campagna da sola!".



I negozi sono un disastro comunicativo, dall'insegna alle vetrine al personale. Loro lo sanno benissimo e assicurano che è previsto un cambiamento.  Perché, allora,  non cambiate prima la sostanza e poi la comunicazione? Così rischiate di innalzare eccessivamente le aspettative rispetto ad una shopping experience che sarà deludente e anonima!
Perché dobbiamo far capire che siamo meglio degli altri.

Ma la chicca è questa. Quale è la vostra strategia di marketing, giusto per capire in che direzione deve andare la campagna? Ma la strategia di marketing ce la dovete dire voi! Cosa dobbiamo fare e come per raggiungere gli obiettivi!

Ovviamente la strategia la vogliono regalata, come tutto il resto. 
Con la scusa della gara, si ciuleranno le idee migliori e le realizzeranno probabilmente alla cazzo di cane, in sequenza nasometrica, senza alcuna coerenza logica. Quando si stuferanno dell'agenzia prescelta, faranno un'altra gara e ricominiceranno da capo, senza alcuna continuità.
E se andranno male la colpa sarà 1. del mercato che non li ha capiti. 2. della concorrenza, che li ha copiati e quindi è stata facilitata nel fare meglio. 3. della crisi.


mercoledì 30 dicembre 2009

Retail marketing al paesello

Anche i negozianti del mio paesello stanno comprendendo che il cliente non è un pollo da spennare e un pirla che li disturba, ma colui che li mantiene aperti.
Da quando in parte alla Conad ha aperto la "Bottega del centro", si sono moltiplicate le offerte, e, magicamente, il personale ha iniziato a sorridere!
Ma è nelle nuova Bottega che si respira un'aria nuova: gestito direttamente da una famiglia,
non ha nulla di particolare nell'offerta (se non nel layout gradevole e velocissimo da esplorare). Quello che è davvero nuovo è l'accogliere ogni cliente come uno di casa, coccolandolo e consigliandolo come i piccoli dettaglianti di un tempo. Anche con effetti esilaranti.
"Domani facciamo lo spiedo, signora!", mi fa, sorridendo, il macellaio-proprietario.
"Mi dispiace", rispondo, "Domani vado a Brescia a prendermi il sushi!".
" Però mi sono arrivate delle cassette di arance buonissime da accompagnare al suo SCIUSCI!".