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sabato 17 agosto 2013

Meid-in-Italì

campagna pubblicitaria D&G

Qualche giorno fa, mentre combattevo la dolce noia agostana sfogliando Vanity Fair, sono stata colpita da questa campagna pubblicitaria di D&G, gli stilisti considerati (e autocelebrati) come grandi ambasciatori del made in Italy nel mondo.

(Sì, gli stessi che recentemente hanno chiuso i negozi e imprecato via tweet perché qualcuno ha osato definirli evasori dopo una condanna per frode fiscale.
Perché si sa, i grandi contribuenti, nel nostro paese, anziché vergognarsi o scusarsi, si indignano e rinfacciano sguaiatamente tutte le tasse che hanno pagato e il bene che hanno fatto nel paese. Come se un assassino si offendesse perché quell'unica volta che ha ammazzato conta poco rispetto a tutto il resto della sua vita in cui si è comportato bene).

L'immagine ritrae, in un antico chiostro, donne curatissime, appariscenti e molto addobbate,
intente in una tipica "sceneggiata alla napoletana"...
Me le immagino lagnose, urlanti, eccessive, sguaiate, volgari nonostante i bei vestiti. 
Ma le donne italiane sono così? 
Beh, in effetti, almeno qualche celebre esemplare mi viene in mente, ahimé. 
 

E gli uomini? Eleganti, bamboccioni, comparse di poco spessore. 
"Quale sarà il messaggio che la campagna voleva trasmettere?" mi sono chiesta, senza sapermi dare una risposta. Ma l'immagine mi ha messo a disagio, mi ha fatto un pò vergognare...

Questa mattina su Facebook qualcuno dei miei amici definiva come "divertentissimo" lo spot USA per la FIAT 500L, nel quale l'auto è venduta con un optional particolare: una famiglia di italiani che vive sul sedile posteriore. 


Lo spot USA per la Fiat 500 L
Lo spot USA per la Fiat 500 L

Nello spot della 500 una coppia americana, composta e morigerata, sceglie "the most stylish car we've ever had" e finisce per scorrazzarsi una famiglia di italiani (per l'esattezza napoletani): 
madre, figlio e, parrebbe, di lui fidanzata. 
(Il maschio alfa italico ancora non pervenuto).

I tre sono maniacalmente curati nel look, ma chiassosi, sguaiati, così ignoranti da non sapere che negli USA c'è il dollaro e non l'Euro. 
Ovviamente non parlano una parola di inglese, ma ne vanno praticamente orgogliosi, sono gli americani a doversi adattare ad espresso, fettuccine, partite di calcio e urli. 

L'icona della mamma italica, poi, soffocante e petulante, 
che alleva bamboccioni e poi non vuole che se ne vadano di casa, si preoccupa solo dell'eleganza e non, ad esempio, di una improbabile inversione a U proposta dal navigatore. 
E, come risultato, il figliolo è un perfetto mentecatto fighetto, 
preoccupato delle scarpe che indosserà al matrimonio e spudoratamente fedele al mito del latin lover impenitente. 
"Vorrei accarezzare la tua morbida pelle e portarti sulla spiagga deserta e poi baciarti..." scrive il fedifrago tentatore all'americana così ingenua da cascarci (intanto lui si è già volatilizzato). 

Alla fine gli americani si "italianizzano", ovvero diventano irritanti, volgari, ma, si lascia intendere, finalmente non sono più noiosi.
Già, perché con noi italiani non ci si annoia, mentre tutti gli altri sono noiosi.

Forse sono bacchettona, ma ho trovato lo spot molto deprimente, non divertente.

Al netto di una sceneggiatura davvero scarsa e dei dialoghi insulsi, 
e fingendo di dimenticare che il gioiello del Made in Italy è, in realtà prodotto in Serbia, 
potrei rallegrarmi del fatto che lo stereotipo proposto ci risparmi allusioni a bunga bunga, mafia, pizza e mandolino. 

E, invece, mi rattrista riconoscere, nello stereotipo, molta, troppa realtà.

domenica 3 febbraio 2013

My little pony

Io non ho pregiudizi.
Io non ho pregiudizi.
Io non ho pregiudizi.
Io sono aperta di vedute.

Ecco, a dire il vero, ho solo qualche PICCOLISSIMA preclusione verso alcune proposte televisive per bambini.
Come gli orridi e lobotomizzati Teletubbies, prodotto confezionato per rimbambire i toddlers e prepararli a un futuro di teledipendenti.
Come l'orsetto bulimico e pigro Winnie the Pooh e i suoi amici diversamente intelligenti del bosco dei 100 acri.
Come il violento Ben10 e la sua sfilza di mostri da combattere.

Ma come potrei non essere tollerante nei confronti dei cartoni? 
In fondo, sono cresciuta a pane e eroine transgender della rivoluzione francese. 
Le mie prime pulsioni erotiche sono state per Capitan Harlock, e ho pianto fiumi di lacrime per le tragiche vicende di orfanelle assortite: da Heidi a Candy, passando per Annadaicapellirossi.

Quindi ho sopportato stoicamente Thomas il Trenino e i suoi incidenti.
Quei rompipalle saccenti dei Little Einstein.
Le angoscianti avventure di Conan (serie vintage preferita a suo tempo dal marito A.M. e proposta ad Ale a soli 4 anni, e da lui soprannominata "Conad" come la catena dei supermercati).
La saga infinita di Harry Potter.
Persino i guerrieri Ninjago della Lego.

Ma c'è un cartone che proprio non posso tollerare.
Un cartone la cui scala cromatica va dal rosa pallido al viola.
Protagoniste: un branco di intriganti e starnazzanti pony femmine dotate di fluenti capigliature fucsia e pervinca, dedite all'arte dell'intrallazzo, del pettegolezzo e di violenze psicologiche assortite.
Un prodotto perverso, costruito per vendere una collezione infinita di stupidi personaggi dai nomi improbabili come "RainbowDash" (Rembolasc, per Valentina) o "Princess Celestia" (Prinseseleftia). Già non concepisco la ghettizzazione dei giocattoli rosa, figuriamoci se posso accettare un intero cartone pink. 


Titolo: MyLittlePony (già "Mio mini pony")
Sottotitolo: L'amicizia è magica.
Descrizione: è una serie animata dedicata ad una linea di pony colorati giocattolo indirizzati ad un target di bambini molto piccoli e prodotti dalla Hasbro.

Da Wikipedia: Trama


La serie segue le avventure di un unicorno di nome Twilight Sparkle, allieva prediletta di Princess Celestia, sovrana di Equestria. Twilight, temendo l'avverarsi di un'antica profezia, cerca di avvertire la principessa, ma quest'ultima, preoccupata piuttosto per la poca socialità e l'eccessiva reclusione dimostrate dall'allieva, ignora la minaccia e invia Twilight e il suo draghetto assistente Spike alla cittadina di Ponyville con il compito di stringere nuove amicizie; qui, Twilight conoscerà i pony di terra Applejack e Pinkie Pie, i pegasi Fluttershy e Rainbow Dash e l'unicorno Rarity. Durante la ricerca degli Elementi dell'armonia, gli unici artefatti in grado di contrastare il profetizzato ritorno della malvagia Nightmare Moon, Twilight scopre il valore dell'amicizia e decide di restare a Ponyville per approfondire questo sentimento.

Rendo l'idea?
Un Beautiful in salsa equestre!

Come dicevo, sono una persona tollerante, aperta, e che cerca di alleggerirsi dei propri pregiudizi.
In teoria.
In pratica devo ripetere il mantra:
Io. Non. Ho. Pregiudizi.

Non importa.
Se.
MyLittleCazzodiPony.
E'.
Il.
Nuovo.
Cartone.
Preferito.....
....

...di Alessandro.

giovedì 1 dicembre 2011

Come t'ammazzo il mito. Tata Lucia e la Nutella.

La mia -pur felice- infanzia è stata caratterizzata da alcuni limiti talebani imposti con fermezza -per Il Mio Bene- dalla mia mamma (sì, la stessa che ora vizia spudoratamente i nipoti).
Le scarpine alla bebé di vernice? Scivoleresti con la suola di cuoio.
Le espadrillas? Non sostengono la caviglia.
I pattini? Pericolosi.
La danza classica? Sei troppo grassa, al massimo atletica o ginnastica artistica.
Il ghiacciolo? Non nutre.
La bambola Candy Candy originale? Il tarocco va benissimo.
Kinderbrioss, Girellamotta e Nutella? Porcherie.

Non ho sviluppato particolari turbe in seguito a questi divieti, se non per il fatto che, da  adulta ho spesso
reagito allo stress compensando il ventennio di golosità repressa.
Ovvero accrescendo il fatturato della Ferrero. E l'indotto.
Avete presente, no?

Da ragazza ho pianto dal ridere con il libello Nutella- Nutellae (e quelle risate probabilmente rappresentavano anche lo sfogo per essermi fatta per cinque anni il mazzo per imparare il latino senza la ben che minima utilità pratica nella mia vita. Se escludiamo il pronunciare MEDIA e non MIDIA).
Ho organizzato qualche Nutella Party.

Da giovane docente universitaria ho alleggerito le noiose lezioni di marketing raccontando agli studenti la storia della Nutella, più che un prodotto un mito. Mi sono autoassolta poiché si trattava di "energia per fare e per pensare", e ho sempre concordato con il celebre claim: "Che mondo sarebbe senza Nutella?".

In alcuni seminari di marketing avanzato ho raccontato come la campagna di Greenpeace
ha spinto la Ferrero ad aderire alla moratoria sull'espansione delle coltivazioni di palma da olio che distruggono le foreste del Sud-Est asiatico, sviluppando dei sistemi di tracciabilità per il disgustoso e anti-ecologico ingrediente. (Sì, disgustoso, come tutti gli ingredienti della Nutella. Ne sono convinta da quando compro, di tanto in tanto, la Delizia di nocciole dell'azienda agricola sotto casa. Ingredienti: nocciole 90%, zucchero di canna, stop. Grammi 170 per nemmeno 4 euro).
Ma tutto ciò non mi ha impedito di considerare la Nutella come la regina delle tentazioni.

L'anno scorso mi sono fatta abbindolare dalla bufala mediatica dell'abolizione della Nutella,
un caso ben più interessante di distorsione delle informazioni da parte del produttore-lobbysta.
Chi mi frequenta teme le mie filippiche sul marketing non etico delle multinazionali,
ma con la Ferrero non potevo non essere indulgente.
Per cui mi sono sicuramente iscritta almeno a quattro gruppi Facebook contro l'abolizione della Nutella.

Salvo poi desiderarne l'effettiva scomparsa dal mercato quando il mio dolce primogenito mi ha rinfacciato il saccheggio bulimico del suo barattolo, lanciandomi la fatwa delle coscione cellulitiche


Ma  la Nutella non è stata abolita.
Anzi. Due volte a settimana mi ammicca seduttiva dagli scaffali del supermercato,
ultimamente in quella geniale forma mignon da 30 g che allude alla più masochista delle perversioni: affondare il cucchiaino e svuotare il barattolino in una sola mossa. Due in uno. 
Alla modica cifra di 60€ al kg.

Ma oggi la mia vita è cambiata.
Dopo aver visto questo.


Eh no.
NON ESISTE.
La Tata Lucia che consiglia di mangiare la Nutella??
E' un bestemmia!
Sarebbe come...
...la mamma che ti suggerisca di provare una canna...
...il papà che ti incoraggi a trombare di nascosto col morosino...
...il funzionario RAI che ti proponga di eludere il canone.
...il professore che lasci copiare impunemente (frustrando ogni creatività nei bigliettini).
...il marito che ti proponga di flirtrare con...che ne so...il maestro di basket di tuo figlio.

La castrazione di ogni tentazione.
La dimostrazione dell'efficacia dell'antiabolizionismo.
La fine di un mito.


Che gusto c'è a sottrarsi clandestinamente alla famiglia del Mulino Bianco se mentre affondi il cucchiaino
non pensi a 9 settimane e 1/2 ma alla Tata Lucia che mette tutti intorno a un tavolo a mangiare la Nutella?
Ma che due maroni!!
La Nutella mi diventa sexy come un omogeneizzato Plasmon.
Stuzzicante come il brodo Liebig.
Goduriosa come gli All Bran (che faranno pure superare la prova costume ma fanno proprio...cagare. Ecco, l'ho detto).

Questa campagna (insieme all'albero di Natale traboccante di fottute sorpresine natalizie UNA-SU-TRE, che a conti fatti, oltre a fare schifo, costano come un set di decorazioni in vetro soffiato e Swarovsky decorate a mano) mi ha decisamente e tardivamente persuaso a ...boicottare la Ferrero.

Mi restano solo due consolazioni.
un nuovo caso di marketing da manuale per intrattenere i partecipanti ai miei corsi,
e...
il vino novello.
Salute!!

lunedì 28 novembre 2011

la letterina a santa lucia

- Allora Ale, hai deciso cosa chiedere a Santa Lucia?
- Si...no...boh. Adesso devo giocare...
Ma se nemmeno tu sai cosa desideri, perché mai dovrei saperlo io dovrebbe saperlo Santa Lucia al tuo posto?
La nonna:
- Ma come???Voi da piccoli avevate delle liste infinite (e la povera santa non ci arrivava con il budget...)
Già...
La fondamentale differenza tra me e i miei figli?
Io sono cresciuta guardando televisione e tanta, tantissima pubblicità.
E desideravo un sacco di cose.
I miei desideri venivano esauditi fino ad un certo punto, 
lasciandomi felice e comunque sempre piena di altri desideri. 
Desideri materiali. Perché, per fortuna, non mi mancava ciò che davvero conta e serve.
Loro non vedono pubblicità, quindi non subiscono l'imposizione subliminale di  desiderare a comando.
E quindi giocano con quello che hanno.
E non è che abbiano pochissima roba, eh...ma hanno poco e niente rispetto a molti loro compagni, (che hanno magari case piccolissime ma camerette traboccanti come bazar cinesi).
Non posso che essere contenta se non sono già schiavi dell'illusione di poter comprare la felicità.
Ma mi rode un tarlo. Che vita è senza desiderio?


E, soprattutto, è giusto voler alimentare in loro il desiderio di altre cose?
Come amici, viaggi, lavori stimolanti,aria pulita, un mondo giusto, una laurea, conoscere tre lingue?
Sarò in grado di accettare che i loro desideri siano diversi da quello che io desidero per loro?


Santa Lucia, visto che loro sono troppo impegnati a giocare ti scriverò io una letterina. Ma per me.

mercoledì 2 novembre 2011

Ogni giorno è una festa. Per Ingvar.

C'è la crisi.
Si fa una fatica boia a guadagnare quattro soldi che poi, in men che non si dica, spariscono in bollette, mutuo, agenzia delle entrate e commercialista.
Ci aspettano tempi duri.
Il default, gli indignatos, re Silvio che lascia naufragare il Titanic, la guerra civile: cosa accadrà di preciso? Non si sa, ma c'è poco da stare allegri.

Risparmiare è come guadagnare, ripete il marito A.M, saggio e anticonsumista per dono genetico.
E tu?
Sei terribilmente fiera di non esserti comprata nemmeno un paio di calzature nuove per la stagione (ehm ehm, le scarpe da tango NON fanno testo, vero? rientrano nella categoria di shopping "attrezzatura sportiva", mica scarpe!).

Per Halloween quest'anno avrai speso al massimo 15 eurini di addobbi nuovi,
(beh escluso uno strepitoso pipistrello gigante di peluche che NON si poteva lasciare lì).

E' iniziato il conto alla rovescia per Natale e hai pensato: che palle, di già?
Forse l'austerity ti è entrata nelle vene, finalmente. (Forse).

Forse hai fatta finalmente tua la MATURA consapevolezza che consumare di più non farà di te una persona più felice.
Che un cesto di prodotti bio del GAS con confezione povera ti offrirà il brivido del regalo intelligente, green e eco-compatibile.
Che anche per quest'anno potrai benissimo resistere alla tentazione di sostituire l'alberello di Natale da battaglia con un esagerato abete da 240 cm (per il quale dovresti comprare una batteria extra large di addobbi inutili).
Ma certo! Risparmieremo sulle cagate e metteremo finalmente da parte per la macchina, la cameretta della piccola e altre cose davvero importanti.
E la SantaLucia? Saggia e morigerata.
BabboNatale? potremmo anche lasciarlo al Polo, bloccato da una tempesta di neve, il vecchiaccio bulimico...Eccheccavolo, il cambiamento deve partire dalle piccole cose!! (E poi chissà quanta CO2 producono le renne volanti).

Poi apri la cassetta della posta e trovi LUI.




Puntuale come il ciclo quando parti per il mare, è arrivato il maledetto cataloghino di Natale dell'IKEA. 
Essenziale, dalla grafica mai stucchevole ma carica di un  subdolo potere di persuasione subliminale.
Già la copertina (titolo: Ogni giorno è una festa! Oh yeah...), scatena in me irresistibili voglie di shopping compulsivo.
Basta sfogliarlo e ti immagini già lì, romanticamente stravaccata davanti ad una finestra di 4 metri per 2 da cui si intravede una foresta ammantata di ghiaccio. 
Già avvolta dal tepore del morbido plaid IDGRAN FLINGA, circondata dalla fiammella  delle candele FENOMEN e dai bellissimi candelieri RONAS (con pallino sulla A) di cui, lo sai, non potrai più fare a meno. Ed è nella tazza OMBYTLIG che sorseggi una tisana speziata, già senti il profumo di cannella e noce moscata che riscalda l'ambiente.
E non potrai più vivere senza lo stampino per biscotti a forma di renna. D'altra parte il set SNODRIVA da 6 stampi non ti manderà in rovina (4,03 €), ma garantirà ai tuoi bambini l'atmosfera del Vero Natale Scandinavo. 

Ed eccoti lì, agenda alla mano a pianificare la prossima spedizione.
Perché ti sei ricordata che da tempo immemore DOVEVI PROPRIO andarci.
Per le cornici. Gli scatoloni. La panchetta per le scarpe. La cappelliera appendiabiti.
E, perché no, per una porzione di salmone all'aneto o una piattata di immonde, irresistibili polpette svedesi con il puré e la salsa di mirtilli rossi. 

Non mi resta che rileggermi, a scopo di antidoto, un post esilarante che descrive mirabilmente tutto il fascino PERVERSO di una spedizione all'IKEA.

Ma so benissimo che l'antidoto sarà INUTILE. 
La MIA missione sarà senza figli o mariti che stressano, e avverrà nel fantastico silenzio di una grigia mattina feriale. 
Una buona amica o, meglio, la mia mamma (compare di mille shopping expeditions) 
saranno la migliore compagnia.
Non dovrò pazientare NEMMENO un secondo per il mio piatto di polpette.
Magari estrarrò PURE la mia Family Card per strafogarmi di caffé americano a scrocco.
E avrò persino il tempo di fermarmi al bistrot svedese a comprare i biscotti allo zenzero
che fanno schifo a tutti, in famiglia, quindi finiranno tutti sul mio culone.
Ma vuoi mettere la magia.



* Ingvar Kamprad, per chi non lo sapesse, è il maledetto stramiliardario fondatore dell'Ichea.



sabato 26 febbraio 2011

Allattare che incubo?! Un titolo socialmente pericoloso!

Caro direttore

in copertina del Vanity Fair n°8 campeggia il titolo "Anna Valle, allattare che incubo".
Nell'intervista l'attrice racconta le sue difficoltà nell'allattare, 
ma non emerge nulla sulle (ottime) motivazioni che l'anno spinta ad allattare sua figlia per ben 8 mesi o sul fatto che, forse, l'unico aiuto che ha ricevuto per superare le sue difficoltà è stato il suggerimento di smettere.

Io sono riuscita ad allattare in tutto 3 anni nonostante enormi difficoltà e le indicazioni errate e contraddittorie di puericultrici e pediatri e, 
quando i media lasciano passare il messaggio che "allattare è un incubo" io mi arrabbio molto.

Perché, secondo l'associazione culturale pediatri, solo l'1% dei bambini italiani arriva al sesto mese allattato al seno in modo esclusivo così come prescriverebbe l'OMS.
Perché le mamme vengono scoraggiate in tutti i modi con assurde restrizioni di orario e pressioni sul peso del bambino, e non ricevono incoraggiamento e i giusti consigli per superare le inevitabili difficoltà (allattare è un processo naturale, psicologicamente poco conciliabile con i ritmi della donna moderna).
Perché i convegni di aggiornamento per i quali gli operatori sanitari prendono crediti formativi sono spesso organizzati dalle multinazionali del latte.
Le stesse che violano sistematicamente il Codice Internazionale sulla commercializzazione dei sostituti del latte materno, con operazioni di marketing illecite e una vera e propria corruzione degli operatori sanitari a cui viene offerto di tutto in cambio di più prescrizioni di latte artificiale (Per maggiori info: http://www.ibfanitalia.org/)

L'alimentazione artificiale provoca ogni anno la morte di 1-2 milioni di neonati, per lo più per diarrea 
(mentre le madri si svenano per procurare il latte artificiale che percepiscono come "migliore").
E da noi? I neonati allattati artificialmente alimentano un ricchissimo business tra latte in formula e accessori, non muoiono certo di diarrea, ma secondo l'Associazione Culturale Pediatri, è aumentato dell'800% in dieci anni il ricorso alle cure pediatriche per i piccolissimi. Come dire che, con buona pace dei media ignoranti e della politica, 
alleviamo bambini sempre più fragili ed esposti ad infezioni fin dai primi mesi di vita. Per la gioia del business sanitario e farmaceutico.
E le loro madri? Nel 39% dei casi già private della magia del parto naturale (visto che anche il cesareo è un business, in Italia, in barba ai rischi enormi che comporta), rinunciano ad un'esperienza meravigliosa e incredibilmente salutare per madre e figlio. 
Per sfinimento, per solitudine e, soprattutto per la diffusa ignoranza e la sistematica forzatura di un processo naturale e di per sé perfetto.

Il tema non è glamour e infatti nessuno se ne preoccupa. Ne vogliamo parlare?

Pamen




PS per approfondire: http://www.facebook.com/vanityfairitalia
dove Luisa Mondo di IBFAN Italia porta a Vanity Fair alcune argomentazioni per approfondire il tema in modo più serio!



giovedì 23 dicembre 2010

Tu scendi dalle scale...

Una volta gli amici ti mandavano gli auguri via e-mail, sms o via Facebook.
Adesso vanno di moda i Tag-auguri.
In sostanza l'augurante ti tagga insieme a 200 amici (suoi), e di questi 200 almeno 100 pensano bene di rispondere a tutti.
Così ti ritrovi la casella di posta intasata di notifiche, con le risposte dei 100 amici, mai visti né sentiti nominare.
"Grazie, anche a voi!!" "Un bacio anche a zia Carlotta!". "Che stupenda fotografia!!!"
Due palle di Natale così!!

Ma perché le persone non possono un pò mettersi nei panni degli altri?
E non è l'unico interrogativo di questi frenetici giorni prenatalizi.

Perché ogni anno giuro di fare "solo pensierini" e acquisti saggi e morigerati e finisco per spendere l'equivalente di una settimana in Mar Rosso per due?

Perché tra le leccornie dei cesti di Natale ci sono i PACCHERI, ovvero il formato di pasta più cattivo e scomodo che c'è?

Perché dopo il 20 dicembre si scatena una guerriglia urbana in qualsiasi luogo deputato ad attività commerciali?

Perché il salmone in tranci che fino a una settimana fa era ovunque a 9,90 € al KG adesso non lo porti a casa a meno di 15?

Perché dovremmo essere più buoni? E invece siamo tutti un pò soli? O troppo poco soli?

Perché ogni anno giuro che non mi farò commissionare regali contro terzi  (pensaci tu che lo/li conosci meglio/che hai più occhio, poi ti do i soldi!!) e poi finisco per lavorare la notte per recuperare le ore perse a fare lo shopping altrui???

Perché proprio quando i bambini dovrebbero essere angelicati e ammutoliti dal timore di ritorsioni...saltano e urlano come invasati e ti mettono a soqquadro la casa?

Perché quando mangi il pandoro si scatena fortissimo il desiderio di strapparlo a morsi e finirsi il culetto puciato nel latte, senza riguardo alcuno al fatto che una fetta apporta l'equivalente calorico di mezzo cenone?

Perché tutti gli anni si giura di non esagerare e invece si comincia a strafocarsi di dolci di Halloween per poi proseguire - senza soluzione di continuità- con Natale, Carnevale e Pasqua?

Perché si idealizza sempre il passato e il futuro?

Perché a Natale si fanno i bilanci della propria vita? Non si potrebbe farli a Ferragosto?

Perché le scuole a Natale chiudono per 20 giorni?


Perché a Natale ci vestiamo di rosso?

Perché anche gli asili - come gli ospedali- non istituiscono un servizio di pronto soccorso aperto 24/24?

Perché tutti gli alberghi a cui ho mai chiesto un preventivo mi mandano la loro cazzo di newsletter e nessuno un buono sconto per un soggiorno da loro?

Perché gli ultimi pacchetti e gli ultimi biglietti che restano da fare sono sempre quelli che non avresti voluto fare?

Perché fai dei regali che non avresti voluto fare?

Perché siamo atei, miscredenti, nichilisti, menefreghisti, ma poi restiamo invischiati ogni anno in questa orgia collettiva dei buoni sentimenti che si chiama Natale?

Sia chiaro che io ho sempre adorato in modo viscerale e patetico il Natale, pur avendolo sempre vissuto in modo controverso per storia familiare .
Ma proprio come la magia non si può ripetere, dopo 55 giorni che ci scassano i maroni con Jingle Bells e consigli per gli acquisti (complusivi)...
mi è un pò scesa la catena.

Vabbeh. Vado a farmi un bel bagno e a dipingermi le unghie (di rosso, ovvio). 
Buon Tatale!




PS ieri questo blog ha compiuto 1 anno!!!


PS2 Perché se alla vigilia di Natale vai a cercare un panettone trovi LA FIERA DEL BIANCO?