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martedì 11 novembre 2014

Cara figlia adottiva pelosa



Cara figlia adottiva pelosa.
Non so ancora come ti chiamerai.
Lo decideranno i tuoi fratellini umani quando ti conosceranno.

Loro nemmeno sanno che arriverai.
Sarà una sorpresa, fra pochi giorni. 
Da mesi mi pressano per averti.
Recentemente avevano deciso di aggirare il diniego genitoriale inoltrando la richiesta a Santa Lucia, che, si sa, è di più ampie vedute.

E, siccome raramente li ho visti desiderare tanto intensamente qualcosa,
abbiamo deciso che poteva essere una buona opportunità.

Per regalarci la gioia di un cucciolo. Per responsabilizzare i bambini, che dovranno rispettarti e contribuire alle tue cure.

Non so molto di te.
So che sei stata trovata in un cespuglio sotto la pioggia.
So che sei spaventata e timida ma dolce e affettuosa.

E così ho superato la mia reticenza ad accollarmi un altro impegno, un'altra creatura con dei bisogni da soddisfare.
Per di più un gatto, io che non ho mai amato i gatti, che non li conosco.
E ho già tanti argomenti su Facebook, mica mi mancavano le foto del gattino da condividere :-)

Ci organizzeremo, impareremo a prenderci cura di te.
Siamo un pò caotici e rumorosi e  forse all'inizio ti faremo rimpiangere la quiete del gattile.
Ma poi starai bene, con noi, ne sono sicura.


A presto, allora.

domenica 20 aprile 2014

Stagion lieta è cotesta.

Un'altra primavera.
Un'altra campagna elettorale. (Questa volta la candidata in famiglia sono io).
Un'altra stagione di impegni fittissimi, di stress.
Un anno più vecchia e il tempo che vola.
Ho appena rimesso via l'albero di Natale ed è già Pasqua.

Anche per una miscredente come me Pasqua è un rito di benvenuto alla primavera, alla rinascita della natura e della vita.
E delle vite a cui ho dato vita.


Nella loro eccitazione mattiniera e rumorosa rivivo l'emozione delle mie caccie alle uova da bambina, e mi tornano alla mente i sorrisi dei miei genitori, le lacrime dei miei nonni.
Non riuscivo mai a capire perché i nonni piangessero mentre noi eravamo così felici, ma non avevo mai troppo tempo per soffermarmi su quel dettaglio, troppi giochi e troppe sorprese mi attendevano.

E adesso che sono nel secondo tempo della mia vita, li guardo correre quà e là a celebrare questo piccolo rito giocoso, li spio, li inseguo con la macchina fotografica, cercando di carpire ogni grido, ogni sorriso. 

Ora quelle lacrime furtive e agrodolci le capisco, perché sono il mio stesso nodo in gola.
Contemplo il presente, mi godo l'attimo, grata per la loro salute e spensieratezza, il dono in assoluto più prezioso.
Ma, allo stesso tempo, non posso fare a meno di pensare che per lui è la decima primavera, per lei la sesta.
Per quanto tempo ancora si sveglieranno eccitati all'alba impazienti di consumare questo piccolo rito?
Per quanto ancora la sopresa di un uovo di cioccolato, o la corsa matta a frugare ogni angolo della casa per accaparrarsi anche l'ultimo, minuscolo pulcino di zucchero
potrà suscitare un acuto di meraviglia? 

Saprò smettere di nascondere coniglietti di cioccolato avvolti nella stagnola prima che un'annoiata commiserazione si dipinga sui loro volti?
O forse avrò la fortuna di crescere quei pochi adolescenti che non si vergognano di restare un pò bambini prima di correre alla conquista del loro mondo?
Chi vivrà vedrà.


(...)
Garzoncello scherzoso,
cotesta età fiorita
è come un giorno d'allegrezza pieno,
giorno chiaro, sereno,
che precorre alla festa di tua vita.
Godi, fanciullo mio; stato soave,
stagion lieta è cotesta.
Altro dirti non vo'; ma la tua festa
ch'anco tardi a venir non ti sia grave. 

(Giacomo Leopardi)

Buona Pasqua! 


martedì 25 settembre 2012

Il cancro?

Il cancro una volta era una cosa rara.
Non ne morivano giovani o bambini se non in casi eccezionali.
Invece oggi il 50% della popolazione italiana può aspettarsi di ammalarsi di cancro, prima o dopo.
CINQUANTA PER CENTO.
In alcune zone (come quella dove vivo io) il tasso di mortalità per cancro supera il 35%.
E fin qui le statistiche.
E starete sbadigliando e magari anche toccando ferro, perché lo so che sono pesante.
Adesso guardate questa foto.



Lei è Moizza.
Ci siamo conosciute in rete condividendo l'interesse per l'allattamento materno, tanto difficile in Italia (qui la sua storia).
E' morta domenica, di cancro. 
Aveva 38 anni. Suo figlio ne ha 7 come il mio.

Oggi apro Facebook e trovo il primo annuncio così.


In breve si avvicina ottobre, il mese della prevenzione del tumore al seno e fioccano le proposte di giochini stupidini al femminile: scrivi sul profilo il colore del reggiseno o la data di nascita mascherata, per "farne parlare".
Mi parte un embolo. 
Poi scatta il post su Facebook.

Posso permettermi di rammentarvi che i giochini non vi salveranno la pelle mentre una diagnosi precoce forse sì? Allora invece di scrivere sciocchezze, tenete d'occhio http://www.nastrorosa.it/ e informate le vostre amiche che a ottobre potranno farsi una ecografia o mammografia gratis. Oppure cercate la sede AIRC più vicina e chiedete già di prenotarla. 
(E i telegiornali farebbero bene a dare notizie di utilità pubblica, invece di amplificare le bimbominkiate).

Ma non mi basta ancora.
Ho bisogno di scriverne.

Perché dopo Moizza ce ne saranno tanti altri.
Perché ne conosco tanti, troppi.
Perché nella mia famiglia è già passato, il cancro, e passerà ancora, è statisticamente certo.
Perché l'oncoematologia pediatrica dell'Ospedale Civile di Brescia è piena: +8% di cancri infantili 
(la media europea è +1% all'anno).
Cazzo, l'idea di un solo bambino con il cancro mi fa uscire di senno.

E perché QUALCOSA SI PUO' E SI DEVE FARE.
Non parlo solo della diagnosi precoce, ma di prevenzione.
Certo, l'alimentazione.
Il fumo.
L'alcol.
Lo stress.
Lo stile di vita.

Scrive il mio amico Luca.
"Io penso che la sensibilizzazione vada fatta verso il basso e non verso l'alto, nel senso che non dobbiamo convincere la politica che gli inceneritori fanno male, dobbiamo convincere la gente a cambiare le proprie abitudini."

Allora come mai il cancro viene anche ai neonati, o all'amica S. che è una salutista che non fuma, fa meditazione e va in vacanza a fare trekking in Tibet?
La risposta è scritta qui: "Ambiente e Tumori." una monografia in cui alcuni medici e oncologi spiegano come l'inquinamento uccide.  
Senza se e senza ma.

E cosa produce inquinamento? 
Il traffico, gli allevamenti intensivi e i pesticidi,  certo, ma soprattutto i grandi impianti industriali.
Che danno lavoro (sempre meno), ma, soprattutto, sempre più ricchezza a pochi, sotto forma di contributi pubblici (ma finiscono pure quelli!), mazzette, ecc.
E siccome i dati sono stati occultati, mascherati, nascosti, ci prendono per i fondelli,
dicendo, ad esempio, che "non ci sono nessi tra l'inceneritore più grande d'Europa e l'aumento di tumori."

Due mesi fa sono riuscita a vedere lo sconvolgente e rarissimo documentario "Sporchi da morire", che ha messo insieme tutte le prove scientifiche mondiali dei danni mostruosi degli inceneritori.


E avrei urlato dalla rabbia.
Perché c'è stato un tempo in cui ero quasi orgogliosa dell'inceneritore più grande d'Europa.
Per anni ci hanno fatto vedere Napoli invasa di 'monnezza dicendo"mica vorrete finire come Napoli?"
Ci hanno raccontato che gli inceneritori sono "energie rinnovabili" e li hanno chiamati "termovalorizzatori".
Ci hanno detto che erano super efficienti e che non interferivano con la raccolta differenziata e il riuso dei materiali. (E invece dalle nostre parti la differenziata è sotto ai limiti fissati dalla legge, e parte di quanto raccolto finisce comunque nel mostro, per alimentare il business).
Ed erano tutti d'accordo, con i grandi oncologi come Veronesi a tranquillizzarci.
(Tranquillo lui, perché la sua Fondazione è finanziata dai più grandi inquinanti d'Italia! Bella credibilità, eh caro Umberto?).
Nel frattempo quello che si è scoperto sulle nanoparticelle ha ribaltato tutto.
Ma lo hanno messo a tacere, come hanno fatto con l'Eternit per oltre cinquant'anni, 
prima di ammettere che, sì, migliaia di morti potevano essere evitati.
Eh, scusate, ma noi dovevamo guadagnare.

Ed eccolo qui, Renzi. 
Il pupillo d'Italia.
Il nuovo che avanza. 
Un neo-comunista berlusconiano.
Che difende l'indifendibile e spara a zero sull'autorevole oncologa Gentilini.
L'UE ha parlato chiaro: divieto i bruciare rifiuti che possono essere trattati in altro modo .
Ma il rottamatore d'Italia difende gli inceneritori, perché ovviamente a Firenze ne hanno uno 
e chissà quanti bei fiorellini sputa fuori, chissà quanti problemi risolve.


Lo so che non tutto si risolverà spegnendo gli inceneritori.
E la questione è complessa.
Bisogna ripensare l'intero sistema, dagli imballaggi agli stili di consumo.
Sugli stili di consumo un pò siamo responsabili noi.
Però abbiamo eletto per proteggerci e rappresentarci dei politici
e questi politici hanno scelto di LUCRARE su tutto ciò che ci fa morire.

L'Ilva che ha, ad esempio, generosamente sponsorizzato le loro campagne elettorali (non gli bastavano le milionate indebitamente sottratte alle casse dello Stato?).
La percentuale che lo Stato si prende su alcol, fumo e petrolio.
Gli organismi di controllo (Arpa, ASL...) politicizzati e sottoposti al controllo di chi devono controllare.
Nessun incentivo all'agricoltura biologica che rispetta il terreno e non devasta.
Invece via libera a pesticidi e OGM, via libera alla cementificazione massiccia, anzi, anche lì mangiamoci un pò.

Io pretendo che la politica non guadagni sulla mia morte. 
Io pretendo che l'impresa sia libera solo se non nuoce alla salute (art.41 Costituzione).
Io pretendo che chi ho votato difenda la vita dei miei figli, non i suoi privilegi assurdi.

Adesso che ho capito tante cose non mi tirerò indietro.
Mangio biologico, uso la macchina meno possibile, produco pochi rifiuti.

E, da oggi in poi, cercherò di fare prevenzione del cancro anche dalla cabina elettorale. 




Per saperne di più:
  • L'impressionate studio sul tema rifiuti zero portato avanti dai cittadini volontari del Movimento 5  Stelle di Brescia, a cui sono orgogliosa di fornire il mio modesto aiuto. 
  • Il lavoro straordinario di altri volontari, gli attivisti della Rete Antinocività Bresciana,  la prima rete tra comitati di cittadini attiva a difesa dell'ambiente e della salute. Uomini e donne che anziché fare politica da Facebook si fanno un mazzo così per cambiare le cose. E a volte ci riescono. 

POST SCRIPTUM
1. Grazie a MaryG per il suo commento che condivido in pieno: la politica siamo anche noi e tutte le nostre scelte!

2. Un altro commento ha accusato il post di essere politicizzato

Quindi il SUV di Grillo (dato che lì va a parare l'articolo, fornendo il link al movimento 5 stelle) sputa fiorellini ed emana brezza alpina. Mi dispiace la chiusura, che rende politicizzato l'articolo e perché, per l'appunto, indica un movimento che ha a capo un grande inquinatore.

Il mio post parlava di responsabilità pubbliche in materia ambientale, quindi, sì, era politicizzato.
Nei due movimenti che ho citato ci sono persone di tutti i tipi, con macchine di tutti i tipi, persone magari non perfette ma che si stanno sbattendo come dannati per migliorare la situazione.  
Non so cosa c'entri Beppe Grillo, non mi interessa che macchina ha, visto che 
1.non l'ha comprata con i miei soldi 
2. può anche aver detto immense castronerie ed essere incoerente (e, soprattutto, essere trai più grandi inquinatori al mondo, come è noto :-) !) ma non è eletto né candidato. 






domenica 2 settembre 2012

Lavoro minorile.

E' stata a prendere le uova delle galline con il nonno.
E' tornata poi mi ha annunciato, garrula, che usciva di nuovo perché la nonna la aspettava.
Ed è sparita con un secchiello in mano.
Poi ha travasato pesciolini di gomma da un catino all'altro, ripercorrendo, con pathos, la straziante separazione tra il pesciolino Nemo e il suo papà.
- Nemoooo!! Papà, aiuto...Lesisti figliolo...Papàààààà...
Poi è sparita di nuovo, per andare a guardare un cartone (Sì, ANCORA Nemo).
Infine è tornata e ha annunciato che doveva andare "in camela sua".

L'ho seguita in silenzio, e l'ho spiata mentre, risoluta, rovesciava il cestino dei pupazzetti, sempre parlando ad alta voce.
- Ma dove si è cassato? Eccolo qua! Amisi, amisi, ecco Elfi, adesso dobbiamo zocare tutti insieme...
All'improvviso si è interrotta, ha girato di scatto la testa e mi ha detto:
- Sao mammina!
- Ciao, vieni qui a darmi un bacio?
- Eh, no- ha scosso la testa, seria. - Adesso non posso ploplio, ho da fale.
Ho fatto una faccia delusa.
- Dai, mamma. Non fale così. Lo sai che io devo semple zocale. E' il mio lavolo!
Occheiiiii. Adesso veno e ti do un basino. Pelò poi non mi INTELLOMPELE più, va bene?

Valentina, 3 anni.
Ha la sua camera, i suoi giochi, il SUO LAVORO (!), la sua vita.
Ha persino ricevuto una cartolina dal mare dalla sua amichetta Matilde, cosa per cui si è vantata un sacco.
E' socievole e solare, ma esattamente come il resto della sua famiglia,
adora immergersi nei suoi progetti ed essere lasciata in pace.
Tanto che, dopo anni di stalking ai danni del fratello, capita che sia lui ad essere allontanato da lei, qualche volta (Lassami in pase, adesso! Vattene alla tua cameletta!).



C'è stato un tempo in cui ho sofferto della sua eccessiva dipendenza psicofisica da me.
Questo tempo è passato.
Adesso è fiorita, uscita trionfalmente dalla prima infanzia.
E io mi godo ogni progresso, e gongolo nel riappropriarmi, pian piano, dei miei spazi vitali.

P.S.1
Meno una settimana all'inizio della scuola. 
Gli altri anni a quest'ora avevo iniziato il conto alla rovescia e messo in freddo lo champagne da stappare. E invece a 'sto giro quasi (quasi, eh!) un pò mi dispiace...
Intanto siamo passati da 38 a 12 gradi in due giorni.
Sulla festa grillina si è abbattuto un nubifragio di tre giorni, ma è stata un'esperienza bellissima, che mi ha lasciato un sacco di energia positiva...Vedremo di impiegarla al meglio!!

P.S.2 Questo è il mio post numero 200!

giovedì 14 giugno 2012

Yes, we can!

Tredici mesi di lotta, culminati con una grande delusione.
Il tempo di piangersi un pò addosso e poi, via, ripartenza.
In due settimane abbiamo organizzato tre manifestazioni, coinvolgendo migliaia di cittadini, giornali, amministrazioni. Giovani e vecchi, bambini e ragazzi.
Tutti uniti, per una volta. Non dal tifo calcistico, ma dalla consapevolezza: non si può continuare ad ammalarci così, ad accettare continue nuove fonti di pericolo e di inquinamento, magari finanziate con i nostri soldi, magari frutto di lucro per pochi imprenditori e politici.
Se questo paese è allo sbando dove sono i cittadini?
Eccoci!!

13 giugno 2012. Ultima conferenza di servizi. 
Una manifestazione vivace e rumorosa più che mai, ma pacifica, piena di bambini, di musica, di gente.
Piena di speranza nonostante la tensione e le intimidazioni e le minacce. 
(Eh, sì, noi "rivoluzionari reazionari" siamo stati filmati uno ad uno dalla Digos, e c'è stata qualche tensione con poliziotti in borghese...Per non parlare dell'aggressività rabbiosa degli imprenditori proponenti...)




E, alla fine, arriva la notizia, ormai quasi insperata.
La Provincia ha rifiutato l’autorizzazione al gassificatore di pollina!
Ho pianto in preda ad una gioia dirompente. 
Un delirio di telefonate, abbracci, emozioni condivise.
(E, come spesso capita nella vita, ti guardi in parte e vedi che a trepidare con te c'è magari un estraneo e non quelli che, in teoria, dovrebbero essere tra le persone a te più vicine. Pazienza. Non si smette mai di crescere). 

13 giugno 2012. Non dimenticherò mai questa data.

Grazie ai miei colleghi del direttivo. 
Non è stata una passeggiata, abbiamo fatto tanti errori e ci siamo parecchio sbeccati tra di noi, ma fino alla fine sulle antipatie  e le ripicche dell'asilo ha prevalso la collaborazione.

Grazie a chiunque si è informato, si è preoccupato, ha firmato, è venuto alle riunioni o alle manifestazioni, grazie a chi ha fotocopiato, volantinato o parlato con la gente, grazie per chi non ha smesso di dare il suo contributo, anche se piccolo. 

Grazie a chi ha esposto una bandiera (a proposito, le bandiere costavano 10 euro eh!), 
grazie a chi ha dato la sua offerta (il Comitato non prendeva finanziamenti europei, giuro. Tutto di tasca nostra). 

Grazie anche a chi non veniva ma da Facebook ci dava le istruzioni: "Dovete fare così, avreste dovuto fare cosà. Dobbiamo fare casino!! Ah io non posso venire, però". 
Perché l'interessamento è una prima forma di partecipazione. 
(Se poi un centesimo di tutti i cittadini attivi di Facebook muovessero il sedere e facessero qualcosa il mondo sarebbe un posto migliore, ma un passo alla volta, OK!). 

La mobilitazione popolare è stata la grande ragione dietro al NO. 

Questa vittoria è dedicata a chi crede "che non serve a nulla".
A chi aveva il documento in macchina e non aveva tempo per firmare. 
E anche a E. che ci ha scritto: 
"Bravi Bravi Bravi a tutti! Io sono un individualista cinico di natura e sono contento oggi di vergognarmi del mio modo di essere! 
Sarà difficile spiegarlo a mio figlio ma deve capire, si deve riabituare ai valori che molti di noi hanno perso compreso suo padre, deve capire quanto conti la condivisione di un obiettivo per un bene comune, quanto bene possa dare sia al singolo che alla collettività un risultato di questo genere ottenuto con un lavoro di grande unione di intenti, deve capire che la partecipazione è la più grande delle libertà e l'unica forza da poter dare alle proprie idee!
Un forte abbraccio a tutti da uno che non ci credeva..."

A chi fuori dai banchetti ci diceva "no, grazie" con la faccia "non compro nulla". 
A chi pensa che la politica debbano farla gli altri, e che lo Stato siano gli altri e che il cancro tanto a loro non verrà. 
A chi crede che tutto possa essere sacrificato ai soldi. E, infine, dedico questa vittoria a tutti quelli che, nelle loro famiglie, hanno già pagato un tributo pesante all'inquinamento, attraverso la malattia. 
Signor Imprenditore Proponente del Progetto, non se la prenda tanto, si concentri sulla sua salute e si rallegri perché la malattia (che, a quanto pare ha anche lei) può essere risparmiata magari a qualche bambino. 

13 giugno 2012. Non si  può tornare indietro.
Bisogna andare avanti, cioé dobbiamo tornare indietro. 
A uno sviluppo solo se compatibile e rispettoso. 
A meno benessere ma più condiviso.
A meno sviluppo, meno rifiuti, meno industrializzazione, meno consumismo selvaggio, meno globalizzazione scriteriata, meno strapotere della finanza e delle multinazionali, meno auto, meno ciminiere, meno finanziamenti faraonici per opere assurde...

Nel mio piccolo da qualche giorno ho aggiunto un piccolo tassello alla mia famiglia sostenibile:
un composter in giardino. Siamo riusciti a liberarlo dal sequestro ludico dei nanetti e ora potremo compostiare un terzo dei nostri rifiuti domestici. 


Se a qualcuno serve un pò di humus per l'orticello si accettano prenotazioni!

lunedì 28 maggio 2012

Vamos a bailar.

Tangueri. O Tanghéri. A me questa parola ricorda "bischeri". E anche al mio amico Enrico, che, prima del saggio, mi ha scritto: "In bocca al lupo tangheri! Ops, sara' per caso offensivo...?"
Invece i ballerini di tango si autodefiniscono proprio così.

Tutto è incominciato la scorsa estate, quando è arrivata la pubblicità di una nuova scuola di ballo, proprio dietro casa.
- Hei, marito A.M., ci iscriviamo ad un corso di tango argentin...
- SIII!!!
Avevamo solo una vaga idea di che cosa si trattasse. Un ballo sensuale, ok. Ma, poi, soprattutto, un momento tutto per noi, senza figli, senza impegni, senza operatività.
Puro svago, in un periodo tanto denso di pensieri e responsabilità. Ok. Aggiudicato.

Settembre. La prima lezione. 
Mi presento con le ballerine.
Io vivo staccata perché non solo i tacchi sono incompatibili con le mie ginocchia scassate  e con la mia vita, e niente mi ha mai sufficientemente motivato a soffrire barcollando su due stecchini.
Non sono mai stata abbastanza masochista né desiderosa di sedurre. 
E bisogna essere comodi per ballare, no? No.
Il tango è seduzione, languore. E dolore.
Quindi la dama balla su stiletti da minimo 8 cm.
La prima camminata dallo spogliatoio alla classe dondolando incerta sulle mie nuovissime scarpe da ballo è per me una conquista.
Nei primi passi siamo impacciati e rigidi, e ben presto apprendo la regola numero uno del tango: l'uomo guida, la donna segue.
Ardua impresa per me, spacamaroni perfezionista e control freak, da sempre abituata a prendere (e tenere) l'iniziativa.
Lasciarmi guidare, delegare il controllo, assecondare il mio compagno: capite perché per me il tango argentino rappresenta un vero e proprio choc culturale?
I maestri sono simpatici (non abbiamo la più pallida idea che si tratti dei campioni del mondo in carica!),
il gruppo un pò un'armata brancaleone di gente che sembra non avere niente in comune.
Ci piacerà questa cosa del tango? Bah, vedremo. Al massimo dopo il primo trimestre molleremo e ciao.


Ottobre. La prima milonga. 
Dopo una manciata di lezioni, il Venerabile Maestro Riccardo ci invita ad una serata in Milonga. Vale a dire una sala da ballo adibita per il tango. Ci serve per capire come funziona, per annusare lo spirito e, magari iniziare a solcare la pista.
Arriviamo timidi, con le scarpette da ballo nel sacchettino e col vestito carino. Carino?
Ci sembrava un dress code abbastanza "fancy" e invece ci rendiamo conto di essere assolutamente sottotono di fronte al panorama umano che ci si para davanti. Un trionfo di glitter, cristalli swarovski, piume, calze a rete. Vegliarde truccate come trans con spacco inguinale. Sciantose panterate che volteggiano su tacchi vertiginosi. Nonni impomatati con baffetto e frac di ordinanza. O almeno una giacchettina di pailettes. Roba che il gay pride è una mesta cerimonia in confronto.
Un flash-back mi riporta a quando, da bambina restavo incantata davanti alle esibizioni di piccoli ballerini di liscio trasmesse da una televisione locale. I miei coetanei, danzavano seri e compunti come adultini, con costumi vistosissimi e scarpette argentate. Da un lato li trovavo terribilmente kitch e un pò ridicoli, dall'altro li ammiravo per la loro bravura.
Tornando alla Milonga, la cosa più strabiliante è l'agilità e la scioltezza con cui i vecchietti si dimenano: espressione concentrata e passionale, affondi, casquet, girandole e saltelli.
Ci rendiamo conto che i veri vecchietti siamo noi, e che questa gente si sta divertendo da morire, e trasuda passione e carica vitale.
Restiamo in pista con il nostro passo base sfigato giusto il tempo di farci falciare dall'impazzita giostra dei cavalli scalpitanti.
Se non sei veloce a toglierti di mezzo vieni infilzato da stiletti, sgomitato e scalciato dalla foga dei milonguéri esperti ed esaltati.
Eppure l'esperienza non ci demotiva. Anzi, per la nostra vecchiaia, ci sembra una prospettiva più interessante del circolo di bridge. 
E poi, che diamine, non saranno mica tutti ultrasessantenni!
In ogni caso, di questo passo, ci metteremo vent'anni a raggiungere il loro livello,
quindi siamo perfettamente in tempo. Avanti tutta!

Novembre. Il primo abbraccio.
E giunge il momento di accorciare le distanze. 
Siamo maturi perché il ballerino cinga la dama in un abbraccio passionale. 
Seno contro petto, guancia contro guancia, una intimità fisica inaspettatamente imbarazzante persino per due sposi di lunga data.  Come si fa a ballare in modalità "gemelli siamesi"? Eppure dopo un pò ci rilassiamo e riusciamo a muoverci all'unisono un solo battito cardiaco. Wow! Che sensazione!
Mi lascio finalmente andare, e inizio a godermi la musica e il movimento lento e sensuale.
La carica erotica di questo ballo inizia a contagiarci.

Dicembre. Sedotti. 
Dopo le lezioni ci gustiamo decine di video, ammirando l'eleganza e la passionalità dei veri ballerini
e persino performance poco tecniche e molto sexy come quella di Richard Gere e Jennifer Lopez nel film Shall we Dance.
Marzo. La classe non è acqua. 
Con l'armata brancaleone male assortita dei nostri compagni di classe iniziamo a divertirci un sacco.
Dopo le vacanze di Natale i meno motivati hanno mollato: il gruppo è ora consolidato.
Durante le lezioni sono scherzi e battute. Finalmente ci ricordiamo i loro nomi.
Si esce a cena insieme e poi si va a ballare. 
In una di queste sortite mi storto una caviglia sul pavimento sconnesso di una milonga improvvisata. L'inconveniente mi tiene ferma varie settimane. 
Il mio rientro coincide con una bella serata di gruppo, in cui ci conosciamo meglio.
Scopro anche che Riccardo, il nostro maestro, balla dall'infanzia ed era uno dei bambini della famosa scuola di ballo Lady Lidia che si esibivano in tv e che io rimanevo incantata a guardare.

Aprile. Il conto alla rovescia.
Fino ad ora abbiamo scherzato. Ma a fine maggio ci sarà il saggio!
Le lezioni cessano di essere rilassate e un pò goliardiche. Abbiamo pochi incontri per
imparare una sequenza complessa che balleremo all'unisono sul palcoscenico di un vero teatro.
Proviamo e riproviamo, registriamo video da studiare a casa, ascoltiamo il brano fino allo sfinimento.
Ci incontriamo per ripassare, emozionati come studenti alla vigilia degli esami.
Il marito A.M. mi scrive messaggini tragicomici per ricordarmi i passi:
"Passettini in avanti, due giri indietro, ti giro, saltino, parata, ocho, giro passetti, ocho indietro, parada sandwitch, ti sollevo, vado indietro di due e torno avanti di due, ocho indietro, ocho con giro destra, il tuo giro con calcetti in mezzo, ti giro, ti porto alla mia sinistra, tu fai il fiocchetto, inciampiamo, crolliamo sotto il palco, pubblico applaude, arriva la barella".

Maggio. Il debutto. 
A tre settimane dalla grande data dobbiamo ancora imparare metà delle figure, balliamo in modo asincrono e scombinato e riteniamo assai elevata la probabilità di figuracce, tanto che Riccardo ci convoca per una lezione straordinaria.
Alla vigilia finalmente abbiamo imparato la sequenza ma ad ogni prova facciamo un nuovo errore, persino sui passi più facili.
Il tacco continua a incastrarsi nella coda del costume di scena, che viene tagliata a più riprese.

27 maggio. Il grande giorno è arrivato e siamo carichi come molle. 
Trucco, parrucco, pedicure delle grandi occasioni. Gli ultimi scherzi fuori dal teatro. 

Il mio talismano? Le prime vere scarpe da tango, colpo di fulmine tra decine di modelli provati nel negozio specializzato. Tacco 9, mica pizza e fichi!


Dietro le quinte è un brulicare di voci eccitate, un formicaio variopinto e nervoso che si cambia forcine, rossetti, consigli.
Un nugolo di ballerinette rosa, i ragazzini dell'hip hop, le signore del liscio, le tettone della danza del ventre, i cubanos rumba & rum.

Nei camerini c'è chi balbetta, chi si mette a piangere, chi si accorge che la camicia che ha preso dall'armadio non è nera ma blu. 
Ai giovani di oggi verrebbe in mente Amici. Io che ero giovane negli anni '80 risento l'indimenticabile sigla di Fame- Saranno Famosi.

"Voi volete successo, fama...ma queste cose costano. Ed e' esattamente qui che si inizia a pagare: col sudore".

Noi non avremo né successo né fama, perché siamo solo dilettanti allo sbaraglio, in compenso la prova del palcoscenico fa sudare tutti, persino i maestri. 
Siamo i terzi in scaletta. Dietro il sipario ci teniamo per mano e respiriamo profondamente. 
Pronti? Via! A luci spente sgattaioliamo sul palco e ci mettiamo in posa. PUF! Le luci di scena ci abbagliano. 
Le prime note ci rimbombano nelle orecchie e, all'improvviso, l'adrenalina lascia spazio all'euforia. 
Mi gusto ogni passo, riesco persino a sorridere. Noto con disappunto che qualche coppia è disallineata. Oh mierda, ho sbagliato il saltino! Ah, ok, ho recuperato subito il ritmo. Ta-tam. 
L'ultimo affondo e, con uno scatto, ci guardiamo negli occhi. 
Uno scroscio di applausi...Impossibile trattenere un gran sorriso di pura gioia!

Non ci resta che raggiungere il buio della sala e goderci l'esibizione degli altri allievi e dei nostri maestri, restando a bocca aperta per l'ammirazione. Campioni mica per niente! 

Non ci sono dubbi: l'avventura continua!

lunedì 21 maggio 2012

Prega per noi peccatori

Avrei potuto aspettarmi qualsiasi domanda. Sul sesso, sull'origine del mondo, sui massimi sistemi.
Ma non: "Mamma preghiamo insieme questa sera?".
E io credevo che spedirlo a catechismo con il suo papà fosse un'idea geniale. 
Sono rimasta senza parole.

Poi mi sono ricordata che da bambina mi piaceva pregare. 
Mi rassicurava e mi faceva sentire a posto con la coscienza. 
Non solo perché quel poco di catechismo e di chiesa cattolica che avevo frequentato mi avevano inculcato le prime forme di senso di colpa. Il fatto è che pregare era un pò come scrivere la lettera di S.Lucia: emozionante. Sarei stata ascoltata? Avrebbe funzionato?
Ma ero di sicuro troppo pudica e troppo adultina per chiedere ai miei genitori di pregare insieme. Mia mamma mi avrebbe probabilmente riso in faccia, mio papà forse si sarebbe prestato, ma con imbarazzo.
(D'altra parte i miei non mi hanno mai fatto pesare i mille accompagnamenti notturni dell'adolescenza tanto quanto la loro presenza al ritiro di preparazione alla mia Comunione.
Sacramento che avevo deciso di voler ricevere per mia iniziativa. Mia mamma la chiamava la mia "crisi mistica").    

Cosa ho risposto a mio figlio? Mi sono prestata.
Mi sono anche trattenuta dal commentare che pregare con la clessidra dei tre minuti attivata mi sembra proprio una gran cagata. "Cos'é, una gara di scioglilingua?" ho pensato. Ma lui ci teneva, un pò come dopo il corso di igiene orale ci teneva a spazzolarsi i denti per almeno due minuti. Di clessidra, ovviamente. 



Ha insistito per iniziare con l'Ave Maria. Prega per noi peccatori...

- Ma tu lo sai cosa sono i peccatori?
- Sì, quelli che fanno i peccati.
- E lo sai quali sono i tuoi peccati?
- Beh, ad esempio quando salto sul divano o non mi metto le ciabatte.
Oh povero piccolo chissà chi gli avrà inculcato QUESTI sensi di colpa!?! Hihihihi!

Poi l'ho convinto che una preghiera con parole nostre sarebbe stata ugualmente apprezzata ai piani alti. 
Lui ha voluto chiedere salute per tutta la famiglia (la mia mamma, il mio papà, la mia sorellina e i miei nonni). Ha chiesto esattamente quello che io desidero di più al mondo.
Poi è toccato a me. 
Mi sono balenati in mente i genitori di Brindisi, per la nipotina undicenne di A. che è in coma per un aneurisma, e le sei vittime del terremoto di stanotte. Ma poi ho chiesto che la preghiera di Ale venisse esaudita, e ho chiesto scusa per tutte le volte in cui smadonno dico parolacce e per quando ho poca pazienza con i miei bambini.
Pensate che mio figlio si sia addormentato soddisfatto?
Ovviamente no. Prima mi ha dovuto infilzare con LA domanda delle domande. 
No, "non come nascono i bambini?" (tema già affrontato con successo).
Nemmeno "tu credi in Dio?" (bisogna essere sinceri con i bambini e lo sarei stata).
Oh, no. 
Mi ha chiesto: "Ma Dio esiste?"

Quando parli in pubblico e dal pubblico qualcuno ti fa una domanda stronza bisogna sorridere con finta naturalezza, ringraziare per la domanda, e, velocemente, pensare a come aggirare l'ostacolo.
Ma quando un figlio fa una domanda come "Ma Dio esiste" a una madre che è più atea che agnostica?

Con il poco di lucidità rimasta dopo un week end di ozio e di vizi, ho pensato velocemente che non mi aveva chiesto cosa credevo io. Mi stava chiedendo una verità calata dall'alto.
- Beh, Dio esiste per tutti quelli che ci credono.
E lui, prontissimo: 
- Io credo in Dio, e anche in Gesù e anche in Santa Lucia! E ci crederò per sempre!!
BINGO! La risposta era quella giusta!

Bene, ora penserete che, a questo punto, il settenne soddisfatto dalla sua nuova certezza
mi abbia lasciato andare in pace a studiare il saggio di tango con suo padre?.
Ma nemmeno per sogno. Ha rincarato la dose dei domandoni.

- Mamma ma tu quando hai smesso di credere in Santa Lucia?
- Beh, sai, dei bambini a scuola dicevano che non esiste, e io mi sono fidata di loro e ho smesso di crederci. 
- E poi cosa è successo?
- Non è più venuta.
- Ma ora ci credi?
Grazie per la domanda, figlio! 
(Dopo cosa caz caspita mi chiederai, in che posizione sei stato concepito?)
- Ora ho visto che viene per voi bambini, quindi non ho più alcun dubbio.
- Però non è più venuta per te?
- Per me è troppo tardi perché non sono più bambina.
- Meno male che io sono ancora bambino.

Già, amore mio. Meno male. E ora buona notte, però, eh!

venerdì 18 maggio 2012

La gita scolastica

Tempo di saggi, recite, pizzate, incontri, feste di fine anno. E di gite scolastiche.

Ricordo perfettamente la mia prima gita, in prima elementare.
Trentadue anni fa.
E me ne ricordo un numero sconcertante di dettagli insignificanti.

La maestra Clelia con i capelli a pagoda indossava la gonna a pieghe e
delle decolleté blu traforate con la zeppa.
Io sempre attaccata alle mie amichette, le gemelle Luisa e Giovanna con i pullover rosa confetto fatti a mano dalla loro mamma Palma. E anche la Daniela, con gli occhiali e un pò taciturna.
La mamma accompagnante che parlava sempre e non si faceva mai gli affari suoi.
Le tepa sport azzurre con la striscia bianca, il k-way a polpetta attaccato in vita.
 



I panini che sapevano di mamma, il succo di frutta nel brick.
E, soprattutto, la mia prima macchina fotografica, consegnatami con solennità da mio padre.
Pesante come un vocabolario, con una custodia di cuoio marrone durissimo.
E un rullino kodak a colori, con dodici scatti, da centellinare con cura.
100 ISO ("che va sempre bene con qualunque tempo").
La meta? La certosa di Pavia.

Chissà perché visto che nei successivi 30 anni non l'ho mai nemmeno una volta sentita nominare come meta turistica. E non ci hanno nemmeno ambientato un romanzo polpettone (come alla certosa di Parma). Forse volevano spiegarci che la certosa non è solo un formaggio e cosa sono i certosini.
Comunque c'era un negozio di souvenir pieno zeppo di oggetti inutili, come le certosedipavia sotto la neve e un sacco di statuette meteo con i glitter che diventavano azzurri in caso di bel tempo e rosa in caso di maltempo. Cosa vi ridete, mica potevi consultarti ilmeteo.it dal cellulare!




Forse ne ho comprato uno (di sicuro ne avevo più di uno a casa) , con certezza ho comprato un piccolo libriccino di foto della certosadipavia per farle vedere a casa. Questo vuol dire che avevo i miei soldini (quindi ero pure un passo più autonoma di mio figlio). E comunque tante ore fuori da casa e nemmeno un pò di nostalgia, anzi un sacco di voglia di crescere e diventare indipendente.
Perché guardare il mondo dall'alto di un pullman granturismo ti fa sentire grande, veloce e libera. Anche se hai solo sette anni.

foto scattata dal marito A.M. questa mattina
Ed eccoci qua, 32 anni dopo.

Il pullman parte per una gita piccola piccola, ma per loro tanto speciale.
Gli zainetti sono equipaggiati per una spedizione (anche se vanno solo in una fattoria didattica).
Cappellino (che non metterà), k-way senza polpetta (che non servirà), panini (che aprirà alla ricerca di una figlia di insalata da eliminare), fazzoletti (che non userà perché si pulirà il naso nella manica), la felpa (non rossa perché potrebbe dar fastidio al toro!), scarpe comode (come recitava l'avviso, ma tanto mica marceranno, raccoglieranno fiori e faranno i biscotti).
E una digitale compatta Coolpix di ultima generazione, con cui fare un numero illimitato di scatti.

Ciao ciaoooo! 
Mamme e papà si sbracciano commossi.
Le gite sono "di istruzione" anche per i genitori.
Che imparano a lasciarli volare dal nido, così piccoli ma già così grandi.

domenica 29 aprile 2012

Le lacrime della sposa



Ieri si è sposato Carlo, amico storico e testimone di nozze del marito A.M.
E' stato un matrimonio semplicemente perfetto, una festa indimenticabile.
La giornata stupenda.
Un fantastico ricevimento su una nave antica.
Le coste più suggestive del Lago di Garda, sovrastato dal Monte Baldo innevato.
Ma, soprattutto, è stato un matrimonio pieno di emozioni.
La tensione della mamma.
Il nervosismo del papà, che si tormentava un herpes sotto il cerotto.
L'eccitazione buffa dei bambini, reporter improvvisati alle prese con una Polaroid vintage.
L'allegria degli amici, per un giorno spensierati come in gioventù (soprattutto se, come noi, 
privi di figli a cui badare,  grazie al generoso aiuto di qualche nonno).
E la gioia commossa della sposa.
E la sposa mi ha fatto un regalo. 
Le sue lacrime di gioia mi hanno distolto dal cinismo quotidiano, riportandomi all'inizio della mia vita matrimoniale, 10 anni fa.
La favola.
La felicità.
L'entusiasmo dell'inizio.
Sapevo che il matrimonio non è tutto rose e fiori, ma confidavo che l'amore e la volontà avrebbero tenuta viva la magia.

Ma tenere viva la magia è davvero difficile. E non parlo solo di me.
"La maggior parte delle coppie dei nostri amici si sta separando" ha detto uno degli invitati, ieri.
Anche trai miei conoscenti non vedo molta magia.

C'è quella che dopo la chemioterapia torna dai genitori per non dover fare da serva ad un marito che non ricorda più la promessa "nella buona e nella cattiva sorte".
C'è quella che sotto gli occhiali da sole nasconde un livido, e io spero tanto che abbia solo preso uno spigolo ma non ci giurerei.
C'è quella che dopo aver tenuto in piedi da sola il matrimonio per tanti anni ha tirato i remi in barca e ora viene accusata da tutti per aver voluto tagliare i rami ormai secchi.

E nemmeno le principesse Disney se la passano bene, in barba a tutti i miti con cui ci hanno cresciuto.


Però ci sono anche L. e P. che dopo una vita e un'impresa insieme camminano ancora tenendosi per mano e si apprestano ad aprire insieme un'altra impresa.
E M. ed E. che, in barba alla crisi, alla casa piccola e alle difficoltà, hanno appena suggellato i loro voti coniugali dando vita alla terza creatura.
E come dimenticare T. e V. che ancora non hanno coronato il loro sogno ma che hanno affrontato il dolore più uniti e complici che mai.
La magia è come un orto, perché dia i suoi frutti va coltivata.
Prima di tutto dentro di sé e poi in coppia, attraverso la condivisione non solo di impegni, responsabilità e scadenze, ma anche di tempo, spazio, esperienze, emozioni.

Gli sposini stanno partendo per tre settimane in Nuova Zelanda.
E gli sposini di 10 anni fa?
Hanno deciso di festeggiare il decennale tornando a concedersi tempo e leggerezza.
Il musical a Milano, la mostra di Klimt a Venezia, la giornata relax alla spa, il saggio di tango argentino da preparare, un weekend speciale in un hotel 5*...Riusciranno i nostri eroi a riaccendere la magia?

lunedì 23 aprile 2012

Ieri ho compiato tre anni.

Cosa rimane della festa quando anche l'ultimo ospite se ne è andato?
Un tappeto di briciole.
Una distesa di avanzi.
Una valanga di piatti e bicchieri di carta pieni e vuoti.
Palloncini e festoni sbilenchi alle pareti.
Bottiglie di spritz pronto e di spumante da finire a canna.
Due metri cubi di carte, fiocchi, imballaggi.
Due ombrelli che qualcuno ha dimenticato.
Una tavolata piena di regali.
Due bambini che barcollano di stanchezza ma non possono smettere di provare tutti i nuovi giochi.
E, nel cuore, tanti bei ricordi e tanto affetto. 



Quando io ero piccola le festicciole erano intime, per lo più familiari,
solo eccezionalmente allargate agli amici.
Ai miei bambini e ai loro coetanei vengono tributati festeggiamenti che, se paragonate alle
spartane celebrazioni degli anni '70, paiono il giubileo della regina Elisabetta.
Talvolta il rituale torta e candeline viene replicato ad uso e consumo di tutti i pubblici di riferimento del festeggiato: all'asilo o a scuola, a casa, dai nonni, con gli amici, per un totale di una settimana di festine, torte, regali e fiumi di cocacoladeibimbi

Dopo essermi opposta alla Santa Lucia a tappe ("Vieni, oltre che da nonne e zie è arrivata Santa Lucia per te anche dalla vicina, andiamo a vedere cosa ti ha portato!" "Mamma lasciami giocare, non poteva portarmeli tutti insieme in un solo posto i regali?"),
ho cercato di concentrare anche la celebrazione dei compleanni.
Niente più locali a pagamento o pagliacci improbabili, torte con costose foto o cialde personalizzate con i personaggi, niente gonfiabili scalmana-bimbi.
Una cosa semplice, a misura di treenni.

E questa volta c'erano proprio tutti a festeggiare Valentina.
Le sue amichette del cuore, i nostri amici più cari, tutti e quattro i nonni, gli zii, persino la morosa di mio fratello. E, per la prima volta, lei si è goduto tutto: ospiti, regali, la corona da reginetta,
le candelone azzurre.
"Ieri ho compiato tle anni all'afilo, mentle oggi li ho compiati alla cafa mia", ha sentenziato.
E' stato bello, intimo, caldo.
Un grandissimo sbattimento prima e dopo, ma poi mi basta rivedere le foto e ripensare alla sua felicità per concludere che ne è valsa la pena.
Questa vita è un delirio, una corsa ad ostacoli, a volte una guerra continua.
Però siamo vivi e sani, e siccome entrambi i fatti sono un miracolo,
bisogna proprio fermarsi a brindare!
E c'è forse modo migliore di festeggiare che avere vicino tutte le persone a noi più care?

venerdì 20 aprile 2012

La principessa azzurra.

Valentina.
Tina.
Tella (questo lo hai inventato tu).
Polpetta (questo l'ho inventato io, guardandoti le cosce). 
O anche Maria Polpetta, principessa di Bolognina.

Domani è il tuo terzo compleanno.
Che cosa ti regaleremo?
La casa dei MiniPony (sic)?
Rapunzel da pettinare?
Oppure dieci sedute dall'esorcista? 





O, forse, soffiando le tre candeline uscirai magicamente dai terrible two e non ci regalerai più le tue epiche sceneggiate in cui ti contorci sul pavimento con la bava alla bocca?
C'è da dire che quando Satanasso poi esce da te dopo i tuoi leggendari capricci, tu torni da noi angelicata e, a volte, ci annunci, soave: "Adeffo ho finito e fono bona!".

Nemmeno tre anni e sai già cosa vuoi. O meglio, sai benissimo cosa NON vuoi.
Se prepariamo le decorazioni di Pasqua tu proponi di fare l'albero di Natale.
Se il latte è freddo lo chiedi caldo. Ma appena l'ho scaldato lo rifiuti perché lo volevi freddo.
Se in settimana bianca ti annuncio che andiamo in un bellissimo parco giochi sulla neve tu ci informi che vuoi andare solo in parchi giochi SENZA neve.
Se per caso per colazione c'è la torta tu preferisci una fetta di frittata alle cipolle fredda della sera prima.
Se il dottore nonché sindaco ti offre una caramella tu rifiuti sdegnata e gli dici che è brutto.
Se il tuo amico Alessandro ti invita a casa sua gli rispondi seccatissima: "Non fi veno a cafa tua, io vado a cafa mia! Laffami in pase!".
E se devono venire ospiti da noi, ti accerti che non sarà per sempre: "Ma poi fe ne va a cafa sua?"

La pipì? Accetti di farla solo se tuo fratello finge di competere con te per chi arriva prima al water. Chissà quando mangerai la foglia e capirai che quando Ale esclama "Azzidenti!" strizzandomi l'occhiolino non sta sentenziando la tua vittoria, ma solo che tu sei ancora una tontolina intortabile e lui il primogenito complice.
Intanto hai già capito che con tre moine tuo papà diventa creta nelle tue mani, piccola seduttrice in erba.  E io non te l'ho certo insegnato io, come si fa, "Gattina for dummies" non è trai miei manuali di riferimento.

Però forse un pò di sense of humor te l'ho trasmesso. Altrimenti non mi spiegherei come, a nemmeno tre anni, tu possa uscirmi con delle battute irresistibili. Come quando, intorno al bidet, parlavamo di pulizia della patatina. Tu hai la patatina mentre mamma ha la patatona. Ma che la tua fosse la Pata-Tina e la mia la Pata-tlifia (=Pata-trizia) davvero mi ha fatto rotolare dalle risate.

Non ho avuto bisogno di insegnarti che benché femmina, non devi sentirti relegata ad un mondo di rosa e di pailettes.
Lo sai benissimo. E quindi colori gli album tutti di marrone, decori di nero le uova di Pasqua e sulla tua torta vuoi solo candeline ATHURRE, perché azzurro è il tuo colore preferito.

E in effetti hai dedotto dai cartoni Disney che catturare un principe azzurro  è un must della felicità muliebre.  
Nel frattempo, però, avresti anche deciso di sposarti una femmina, da grande. 
E, nell'attesa, ti sei auto-definita una PRINSIPEFFA ATHURRA.


Per ogni paio di scarpine nuove mi fai le feste, ma poi adori infilarti gli stivalacci di gomma con i disegnini del calcio di tuo fratello.
Maschiaccio? Solo per alcune cose. Poi diventi materna e dolce quando nutri i trenini o dormi con un peluche sotto la maglietta... Per non parlare di quando mi rubi le tollane e i pennelli da trucco.

Quando nasce un bambino nasce anche una mamma. Il 21 aprile del 2009 io sono ri-nata per la seconda volta, riscattando le ingenuità dei miei primi quattro anni di maternità e forse di tutta una vita.
Ho iniziato a combattere per farti nascere secondo natura e continuo a combattere. Per allattare, per evitarvi i farmaci, per l'acqua pubblica, per farvi respirare aria decente, per la parità. Se già prima ero rompiscatole di mio adesso sono diventata una scassapalle attivista.

Il fatto è che mi piacerebbe lasciarvi un mondo anche solo un pochino meno schifoso. Soprattutto a te che sei femmina, e che per raggiungere i tuoi obiettivi nella vita dovrai sfoderare il doppio della grinta.
E sono abbastanza sicura che ci riuscirai.

Quando ho scoperto che nella mia pancia nuotava una femmina ho pianto lacrime copiose di gioia.
Ed in effetti tu sei una gioia, e noi siamo tutti pazzi di te. 
Sei l'ultima arrivata, eravamo già una famiglia, ma mai come ora che ci sei tu.
I tuoi primi anni non sono stati proprio una passeggiata, ma adesso arriva il bello.
Mi fai arrabbiare. 
Mi fai ridere di cuore. 
Mi sfinisci. 
Mi stupisci.
Puoi essere allegra o musona. 
Solare o lunare. 
Pazzerella o maestrina. 
Affettuosa o implacabile.

Ma comunque sei una benedizione, un dono, una ventata di amore e di futuro per i tuoi famigliari, per chi ti conosce e ti vuole bene.

Felice compleanno, Valentina. 
con smisurato amore
la tua mamma (e il tuo papà)

martedì 10 gennaio 2012

Chi aspetterà

M. è giovane, bella, impegnata in mille attività, artista e ambientalista.
Qualche mese fa ha accolto, inattesa, la vita.
Poi la vita si è presa gioco di lei.
Aveva già il pancione ma ha dovuto dare alla luce una creatura senza vita.

Ma dal dolore e dal sangue possono nascere creatività, poesia, persino speranza.

M. mi ha reso partecipe delle sue emozioni e di una sua struggente poesia,
tanto bella che merita di essere condivisa.
E a lei fa piacere che lo sia.
Per ricordarci quanto sottile è il confine tra amore, vita e morte.

CHI ASPETTERA'

Chi aspetterà
il mio ventre vuoto,
sparso nel nulla,
di nuovo a lasciar spazio
al mio lamento solo,
ad abbracciarlo
tenendolo caldo,
lontano dai rumori,
saccheggiato dal tempo
che non muta e mai ferma
la lancetta della vita,
sempre in movimento.
Fra le lenzuola,
nuove saranno le carezze,
con baci risucchio d'amore
mentre lacrime vagheranno
disperse,
in gocce vapore
nelle stanze del pianto
a riemergere dall'affogamento
in un bagno d'ospedale fermo,
a guaire di paura e vedere la morte,
scendere fra le cosce in sangue,
dichiarando d'amare
e baciando l'esistere..

sabato 24 dicembre 2011

Chi ha più bisogno di auguri??

Ci facciamo un mazzo così e affrontiamo ogni giorno mille difficoltà.
Vediamo i soldi faticosamente guadagnati risucchiati dalle bollette, 
dalle pompe di benzina, da uno stato vorace e irresponsabile.
Ci impegniamo per difendere la nostra terra, ma poi ci sentiamo come Don Chisciotte contro i mulini a vento.
Siamo preoccupati per il futuro, per i nostri figli, per i nostri genitori.
Ma è Natale, e finalmente possiamo rallentare.
Stare insieme.
Goderci le famiglie.
Stiamo tutti (abbastanza) bene.
Abbiamo un lavoro (e pure un lavoro che amiamo).
Abbiamo un tetto, cibo, amore e sufficiente armonia familiare (su cui possiamo e dobbiamo lavorare).

Ecco perché a Gesù Bambino posso chiedere solo di non toglierci la salute.
Per tutto il resto ce la caveremo.
I miei pensieri affettuosi, le mie preghiere (laiche) e i miei auspici vanno a tante altre persone intorno a me, persone che conosco tanto o poco, persone che, nelle ultime settimane mi hanno emozionato o fatto pensare.

E quindi tanti auguri di cuore soprattutto...
  • A L. che ha perso la mamma ma ha guadagnato due gemelli nuovi di zecca, un trasloco e una nuova vita. 
  • A N. che ancora cerca e che è piena di rabbia e di dolore, ma trova comunque la forza di sperare.
  • a I./S. che si è sentita dire da un giudice annoiato che non era degna di diventare genitore.
  • A Nonno Vigile, che dirige il traffico con naso gelato salvando la pelle dei bambini davanti a scuola, ricevendo in cambio non un grazie ma gestacci dalla mamma frettolosa e stronza dall'alto del suo SUV.
  • A L. e P. che hanno avuto il coraggio di iniziare un nuovo progetto imprenditoriale nel momento di maggiore crisi per il loro settore.
  • A P. che si è ripresa se stessa ma le è crollato un matrimonio addosso.
  • A G., madre e imprenditrice coraggiosa e sfortunata, che ha voluto offrirmi un delizioso pranzetto nel suo ristorante per ringraziarmi di quattro sciocchezze che faccio per lei.
  • Alle maestre dei miei figli, che fanno un mestiere prezioso e faticoso con una passione (la loro) che si trasforma in felicità (dei bambini).
  • A L. che, pur alle prese con la malattia bastarda del figlio e tante difficoltà familiari... non smette mai di trasmettere energia ed entusiasmo intorno a sé.
  • A B. che un anno fa coccolava il suo pancione e ora veglia la sua bellissima e sfortunata piccola in un reparto di rianimazione pediatrica.
  • A M. che aveva già il pancione e invece dovrà dare alla luce una creatura senza vita.
  • A M. che non ha più il suo papà, dopo un lunghissimo calvario.
  • A T. che dovrà presto affrontare la chemioterapia e un intervento al cuore del suo papà .
  • A M. che è finalmente in attesa di un bimbo, dopo una lunga e penosa attesa.
  • A N. che è tornato in Italia con la moglie, è appena diventato papà di uno splendido bimbo e cerca un lavoro per dare un futuro alla sua famiglia.
A tutti voi che probabilmente non avete avuto il tempo di preoccuparvi di quanto è aumentato il panettone...auguro forza, serenità e anche un pò di fortuna...
Con affetto,  Patrizia 


martedì 20 dicembre 2011

Adesso è Natale.

Prima di avere figli nutrivo diverse certezze granitiche.
La più sbagliata tra le mie antiche opinioni è che le recite scolastiche fossero una cosa triste e penosa, in cui i piccoli si trasformano in barboncini ammaestrati per compiacere i grandi, e i grandi simulano di divertirsi per compiacere i piccoli.

Come sempre le cose puoi davvero capirle solo quando le vivi sulla tua pelle.
Oddio, magari un pò penose lo sono, e i coretti stonati e stridenti mettono a dura prova l'udito...Mica sono tutti belli e perfetti come i bambini della pubblicità: 



No, ora che ci penso lo sono molto di più.
Perché i bambini, nella loro innocenza e inconsapevolezza sono veri, puri, sorprendenti, tanto più incontaminati quando più sono piccoli, 
perché poi iniziano ad imitare i comportamenti degli adulti e a corrompersi.

Pomeriggio di fine dicembre. Asilo Nido del Paesello.
Inizio a commuovermi già nell'entrare nella sala gremita di genitori e nonni dalle gote arrossate e dagli occhi lucidi. 
Si abbassano le luci, e nell'aria risuonano i cori di voci angeliche. 
Sono gli stessi coretti che per tanti anni ho adorato e che nell'epoca delle disillusioni mi danno quasi fastidio. 
Eppure mi prende un groppo alla gola. La musica risveglia emozioni lontane, 
e ancora di più le immagini di una natività interpretata da piccolissimi attori concentrati e attoniti, con gli occhi sbarrati come i personaggi di un presepio Thun.



E la magia negli occhi della mia bambina riccioluta...


E la sua sagometta inconfondibile nei giochi di ombre... 




Nella penombra si percepiscono solo risatine e nasi che "tirano su",
e la grande suspance si rompe in un applauso festoso quando 
si alza il sipario e luci si accendono su 36 piccoli visetti stupefatti, che ci mettono un pò prima di capire cosa succede e correre a farsi abbracciare dai propri cari.


Ci sono dei momenti così magici, così unici, che ti ripagano di tutta la fatica,
ti fanno scoppiare il cuore di amore.
Momenti tanto più preziosi perché irripetibili, fuggevoli.

Le recite sono già solo ricordi per il primogenito, catapultato nel mondo della scuola pubblica (dove la mancanza di fondi è una cantilena che fornisce molti alibi).

Mentre uscivo dalla scuola ancora gongolante ho pensato che se Natale ha ancora un senso questo senso è proprio l'amore per i più piccoli...