Visualizzazione post con etichetta mamme. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta mamme. Mostra tutti i post

martedì 29 aprile 2014

Amori bestiali

Ci siamo lasciati alle spalle anche il compleanno della principessa.
"Una cosa semplice e intima" è diventata una festa al parco con mille bambini urlanti e un gonfiabile ma fa niente.
In fondo c'è tanto da festeggiare nel suo uscire dall'età grumosa dei capricci, delle scenatacce, dell'irrazionalità.
Ed è sbocciata, in effetti.
E' solare, vivace, allegra, furba come una faina. Colora compulsivamente, ritaglia miliardi di farfalline, con la costanza di un monaco certosino,
fa e disfa puzzle, si cimenta con la lettoscrittura (con un paio di anni di anticipo rispetto al fratello), gioca alla Wii, e smanetta con scioltezza su PC, tablet, smartphone. Ma ha anche iniziato a pedalare in bicicletta procurandosi le prime gloriose sbucciature e meritandosi il rito solenne di medicazioni e cerotti.

La osservo intenerita mentre gioca con i suoi pupazzetti.
Mi compiaccio tra me e me che sembri immune al fascino delle winx, delle violette e del troiame assortito che le sue coetanee adorano.
Ma nemmeno principi e principesse o spose e bambolotti sono in cima ai suoi pensieri.
Finalmente una generazione di bambine indipendenti con orizzonti più vari rispetto al "vissero felici e contenti!"
Gioca con gli animali della fattoria, fa le vocine. Si interrompe vedendomi arrivare.
- Mi racconti il tuo gioco?
Sorriso malizioso. 
- Il cavallo si era innamorato della mucca....
..................................................
- Ah. E poi? Cosa accadeva?
- Eh, poi si fposavano.

sabato 17 agosto 2013

Meid-in-Italì

campagna pubblicitaria D&G

Qualche giorno fa, mentre combattevo la dolce noia agostana sfogliando Vanity Fair, sono stata colpita da questa campagna pubblicitaria di D&G, gli stilisti considerati (e autocelebrati) come grandi ambasciatori del made in Italy nel mondo.

(Sì, gli stessi che recentemente hanno chiuso i negozi e imprecato via tweet perché qualcuno ha osato definirli evasori dopo una condanna per frode fiscale.
Perché si sa, i grandi contribuenti, nel nostro paese, anziché vergognarsi o scusarsi, si indignano e rinfacciano sguaiatamente tutte le tasse che hanno pagato e il bene che hanno fatto nel paese. Come se un assassino si offendesse perché quell'unica volta che ha ammazzato conta poco rispetto a tutto il resto della sua vita in cui si è comportato bene).

L'immagine ritrae, in un antico chiostro, donne curatissime, appariscenti e molto addobbate,
intente in una tipica "sceneggiata alla napoletana"...
Me le immagino lagnose, urlanti, eccessive, sguaiate, volgari nonostante i bei vestiti. 
Ma le donne italiane sono così? 
Beh, in effetti, almeno qualche celebre esemplare mi viene in mente, ahimé. 
 

E gli uomini? Eleganti, bamboccioni, comparse di poco spessore. 
"Quale sarà il messaggio che la campagna voleva trasmettere?" mi sono chiesta, senza sapermi dare una risposta. Ma l'immagine mi ha messo a disagio, mi ha fatto un pò vergognare...

Questa mattina su Facebook qualcuno dei miei amici definiva come "divertentissimo" lo spot USA per la FIAT 500L, nel quale l'auto è venduta con un optional particolare: una famiglia di italiani che vive sul sedile posteriore. 


Lo spot USA per la Fiat 500 L
Lo spot USA per la Fiat 500 L

Nello spot della 500 una coppia americana, composta e morigerata, sceglie "the most stylish car we've ever had" e finisce per scorrazzarsi una famiglia di italiani (per l'esattezza napoletani): 
madre, figlio e, parrebbe, di lui fidanzata. 
(Il maschio alfa italico ancora non pervenuto).

I tre sono maniacalmente curati nel look, ma chiassosi, sguaiati, così ignoranti da non sapere che negli USA c'è il dollaro e non l'Euro. 
Ovviamente non parlano una parola di inglese, ma ne vanno praticamente orgogliosi, sono gli americani a doversi adattare ad espresso, fettuccine, partite di calcio e urli. 

L'icona della mamma italica, poi, soffocante e petulante, 
che alleva bamboccioni e poi non vuole che se ne vadano di casa, si preoccupa solo dell'eleganza e non, ad esempio, di una improbabile inversione a U proposta dal navigatore. 
E, come risultato, il figliolo è un perfetto mentecatto fighetto, 
preoccupato delle scarpe che indosserà al matrimonio e spudoratamente fedele al mito del latin lover impenitente. 
"Vorrei accarezzare la tua morbida pelle e portarti sulla spiagga deserta e poi baciarti..." scrive il fedifrago tentatore all'americana così ingenua da cascarci (intanto lui si è già volatilizzato). 

Alla fine gli americani si "italianizzano", ovvero diventano irritanti, volgari, ma, si lascia intendere, finalmente non sono più noiosi.
Già, perché con noi italiani non ci si annoia, mentre tutti gli altri sono noiosi.

Forse sono bacchettona, ma ho trovato lo spot molto deprimente, non divertente.

Al netto di una sceneggiatura davvero scarsa e dei dialoghi insulsi, 
e fingendo di dimenticare che il gioiello del Made in Italy è, in realtà prodotto in Serbia, 
potrei rallegrarmi del fatto che lo stereotipo proposto ci risparmi allusioni a bunga bunga, mafia, pizza e mandolino. 

E, invece, mi rattrista riconoscere, nello stereotipo, molta, troppa realtà.

venerdì 11 novembre 2011

#2eurox10leggi: verso la cittadinanza attiva.

un cappuccino per dimenticare (la crisi)

Domenica mattina. 
Elegante pasticceria cittadina.
Via vai di fighetti metropolitani. Macchinone, vestiti firmati.
Sono seduta al tavolino con due carissime amiche.
Donne capaci, per cui provo grandissimo affetto e stima.
A loro confido che, in questo momento di enorme incertezza e preoccupazione, mi crogiolo nell'essere lì, circondata da lusso e profumi inebrianti: una piccola parentesi di leggerezza e vacuità per distrarmi dal pensiero dominante della mia vita. 
Che non è più solo: "come costruire un futuro per me e per la mia famiglia".
Ma anche: "Come contribuire, nel mio piccolo, a fermare la follia autodistruttiva del nostro paese".

Le mie amiche, però, mi sembrano molto distanti da questa mia urgenza di impegno civile.
Una commenta che "non bisogna farsi fagocitare perché tanto è inutile". 
Una racconta delle molte ore trascorse in un gruppo di lettura con altri giovani uomini e donne, a scannarsi per l'interpretazione di un romanzo. 
Mentre il paese è sull'orlo del tracollo.
Mentre non ci sono più garantiti i diritti fondamentali sanciti dalla nostra costituzione: 
diritto al lavoro, alla salute, alla salubrità dell'ambiente, all'uguaglianza, alla libertà di manifestazione del pensiero, a una giustizia equa.

Non voglio giudicarle.
Io stessa mi sono svegliata dal torpore individualista solo in tempi recenti.
Certo, l'essere diventata genitore proietta il mio senso dell'esistenza più in là della mia mera esistenza,
e sento prepotente l'aspirazione ad un mondo più equo e più sano per i miei figli.
Ma non è solo questo. 
In fondo i miei genitori mi hanno trasmesso un'etica e il senso della responsabilità 
pur avendo sempre disdegnato qualsiasi forma di impegno che andasse al di fuori della sfera privata o familiare. 

Il fatto è che oggi non possiamo più limitarci ad essere responsabili tra le pareti di casa.
Il mio mantra è diventato: 
"Il mondo è quel disastro che vedete, non tanto per i guai combinati dai malfattori, ma per l’inerzia dei giusti che se ne accorgono e stanno li a guardare”.(Albert Einstein).
Chi ha colpa, ad esempio dei recenti disastri ambientali che seminano morte e distruzione? 
"Sono io elettore, il responsabile, quando non vigilo sull’ operato degli eletti, non li stimolo, 
controllo, quando dopo aver espresso il mio voto delego ad altri in toto e mi allontano  dalla cosa pubblica, dalla vita associativa, dal volontariato". Questo l'intenso e accorato intervento di un cittadino e amministratore.

A scuotere quotidianamente il mio egocentrismo è la mia intensa frequentazione del web,
dove ho la possibilità di interagire con persone straordinarie, aprire i miei orizzonti e scoprire ogni momento cose nuove, (e, ahimé, nuove fonti di preoccupazione).
La gente inizia a volersi rimboccare le maniche.
Si moltiplicano le iniziative di cittadinanza attiva: referendum, petizioni, manifestazioni, comitati civici.
La mia taverna sta per trasformarsi in un laboratorio di idee per futuri amministratori locali di buona volontà.

E persino le donne, spesso maestre nell'arte di lamentarsi a vuoto, iniziano a mettere insieme iniziative via via più concrete. Dalle generiche recriminazioni di Se non ora quando alle Giornate di blogging collettivo (sulla scuola, sulle buone pratiche al femminile ...), ci si avvicina sempre più a costruire, proporre, ideare.

Un esempio? #2eurox10leggi, l'iniziativa di un gruppetto di blogger che sta raccogliendo i soldi per pubblicare su un quotidiano la proposta di 10 leggi che diminuiscano la discriminazione e la penalizzazione subite dalle donne nel nostro paese. 
Leggi a favore delle donne, ma anche della società nel suo complesso, visto che, ad esempio,
la questione femminile si intreccia alla annunciata estinzione degli italiani.
Solo una parte decrescente delle donne italiane riesce a lavorare, produrre e creare una famiglia, ma quasi nella metà dei casi una scelta esclude l'altra. Le donne, perno della famiglia e della società sono tagliate fuori dalle gerarchie produttive e decisionali, con pesanti ricadute in termini di benessere collettivo ma anche di natalità, di fiducia, di qualità della vita.

Contribuire ad una richiesta di leggi è già una piccola forma di impegno diretto, significa già uscire dall'apatia, ricominciare non solo a sperare ma anche ad agire.
Volete passare anche voi dalle parole ai fatti?
Potete prendere l'impegno a versare qualche quota, ma, soprattutto, dire la vostra sulle leggi che verranno richieste ai nostri futuri amministratori.
Anche solo interrogarci su che leggi vorremmo per migliorare la nostra vita è un passo.

Un piccolo passo verso i paesi che vengono - con successo- guidati da donne.
La Merkel, la Halonel (Finlandia), Mary McAleese (Irlanda), ma anche Dilma Rousseff (Brasile), Cristina Kirchner (Argentina), Pratiba Patil (India), Ellen Johnson Sirleaf (Liberia) Laura Miranda (Costarica)...fino al Ruanda, primo paese al mondo per numero di parlamentari donne (oltre il 50%) dove una classe dirigente femminile ha   restituito al paese un futuro (per saperne di più).

Impossibile? 
Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. 
E all'improvviso vi sorprenderete a fare l'impossibile.
San Francesco 
E, se ci pensate, ogni giornata della donna media italiana è la dimostrazione che impossible is nothing.


lunedì 12 settembre 2011

E venne IL giorno....

La cassetta della posta piena di offerte speciali per la scuola.
L'abbronzatura a scaglie sul fondo della vasca.
Il nuovo catalogo dell'IKEA.
La lezione prova di zumba nella nuovissima palestra.
More e lamponi a volontà.
Le telefonate di lavoro sempre più frequenti.

Benché il termometro resti saldamente assestato vicino ai 30°C, 
c'erano molti segnali del fatto che le vacanze fossero (finalmente, anche) finite e che "il grande giorno" atteso e temuto fosse arrivato.

Eppure quando stamattina Ale si è infilato il suo zainetto Super Mario nuovo di zecca mi sono stupita...
Ma, come, sei appena nato e vai già a scuola??
Mi sono stupita un pò di meno quando ha iniziato a lamentarsi 
"E' pesanteeee! Me lo porti tu?" (Te lo scordi!).






Abbiamo lasciato la polpetta al nuovo nido tra urli e strepiti (No vojooooooo!) e poi siamo arrivati.
Folla di mamme e papà davanti all'ingresso. Risatine nervose e chiacchericcio.
I bimbi tutti belli leccati e rigidi. (Poverini sono mesi e mesi che persino la panettiera si sente in diritto di stressarli commentando il fatto che andranno a scuola. Eh, a settembre vai a scuola!! Finita la pacchia eh?? Finalmente finisce questo limbo di commenti inutili e allusioni dell'orrore. Da gennaio potranno tutti tormentarli chiedendogli un rendiconto del loro rendimento scolastico, ma per un pò li lasceranno in pace...)

Quando il portone si è aperto, la sua manina ossuta ha stretto la mia e siamo entrati.
E mi sono sentita come sulla salita delle montagne russe: una piccola fitta allo stomaco e la certezza che sarà bello e volte anche un pò brutto. Ma, soprattutto, che sarà dannatamente veloce. E che non si torna indietro.

In un attimo eravamo in palestra.
Il benvenuto delle maestre, una favola drammatizzata per sciogliere la tensione,
e poi la chiamata, uno per uno, per ritirare un disegno e un piccolo omaggio di benvenuto.
I bambini concentrati e seri. I genitori deconcentrati e chiaccheroni 
(anche fastidiosi! ma andassero fuori a far salotto!)

E un attimo dopo l'ho lasciato lì, nell'ultimo banco.
Ho superato il capannello di genitori ansiosi inchiodati all'ingresso dell'aula (Andiamo, ragazzi, adesso fuori dalle scatole!).
E, quando sono uscita, ho finalmente lasciato che lacrimuccia sgorgasse, insieme a questo mix di emozioni.
Orgoglio (Il MIO bambino è uno scolaro! Come siamo teneramente patetiche noi mamme!). 
Trepidazione (Se la caverà? Si, se la caverà benissimo). 
Sollievo (Bye bye prima infanzia!). 
Preoccupazione (Oddio è finita la prima infanzia, e adesso?).

Il pensiero è volato a quel giorno di settembre 1979, quando nel banco mi sono seduta io.
Accolta dal sorriso della maestra Clelia, con i capelli a pagoda e la gonna a pieghe al polpaccio.
Ero io la protagonista del primo giorno di scuola, ma, probabilmente, molto meno emozionata di mia mamma.
Perché solo adesso lo posso capire e apprezzare. 
Dietro un bambino che va a scuola c'è una mamma che ci ritorna.
Con la responsabilità di fare le scelte giuste, 
con la premura di accompagnare senza invadere, con l'impegno di tenere le fila di tutto: libri, quaderni, colloqui, entrate, uscite, merende, amici, riunioni.

Solo un attimo di romantiche commemorazioni, e poi via!!! in pasticceria per un mamma-party!! 
Con alcune amiche abbiamo ceduto all'irresistibile tentazione di sottrarci ai nostri mille impegni e regalarci un'ora di puro cazzeggio femminile e un brindisi alla ritrovata libertà part-time di vivere le NOSTRE vite!.

Fine della libera uscita, è già ora di andarli a riprendere.
Mumble mumble...
Quando ero primina io me la sono cavata alla grande. 
Ce la metterò tutta anche come mamma-primina.
Riuscirò a non cadere dei soliti cliché?

Uscita della scuola.
- Come è andata?? (!!????!!!!?????....???!!!!.....???)
- Bene.
- Mi racconti qualcosa?  (!!????!!!!?????....???!!!!.....???)
- No. Andiamo a mangiare.

Andiamo, andiamo.

sabato 26 febbraio 2011

Allattare che incubo?! Un titolo socialmente pericoloso!

Caro direttore

in copertina del Vanity Fair n°8 campeggia il titolo "Anna Valle, allattare che incubo".
Nell'intervista l'attrice racconta le sue difficoltà nell'allattare, 
ma non emerge nulla sulle (ottime) motivazioni che l'anno spinta ad allattare sua figlia per ben 8 mesi o sul fatto che, forse, l'unico aiuto che ha ricevuto per superare le sue difficoltà è stato il suggerimento di smettere.

Io sono riuscita ad allattare in tutto 3 anni nonostante enormi difficoltà e le indicazioni errate e contraddittorie di puericultrici e pediatri e, 
quando i media lasciano passare il messaggio che "allattare è un incubo" io mi arrabbio molto.

Perché, secondo l'associazione culturale pediatri, solo l'1% dei bambini italiani arriva al sesto mese allattato al seno in modo esclusivo così come prescriverebbe l'OMS.
Perché le mamme vengono scoraggiate in tutti i modi con assurde restrizioni di orario e pressioni sul peso del bambino, e non ricevono incoraggiamento e i giusti consigli per superare le inevitabili difficoltà (allattare è un processo naturale, psicologicamente poco conciliabile con i ritmi della donna moderna).
Perché i convegni di aggiornamento per i quali gli operatori sanitari prendono crediti formativi sono spesso organizzati dalle multinazionali del latte.
Le stesse che violano sistematicamente il Codice Internazionale sulla commercializzazione dei sostituti del latte materno, con operazioni di marketing illecite e una vera e propria corruzione degli operatori sanitari a cui viene offerto di tutto in cambio di più prescrizioni di latte artificiale (Per maggiori info: http://www.ibfanitalia.org/)

L'alimentazione artificiale provoca ogni anno la morte di 1-2 milioni di neonati, per lo più per diarrea 
(mentre le madri si svenano per procurare il latte artificiale che percepiscono come "migliore").
E da noi? I neonati allattati artificialmente alimentano un ricchissimo business tra latte in formula e accessori, non muoiono certo di diarrea, ma secondo l'Associazione Culturale Pediatri, è aumentato dell'800% in dieci anni il ricorso alle cure pediatriche per i piccolissimi. Come dire che, con buona pace dei media ignoranti e della politica, 
alleviamo bambini sempre più fragili ed esposti ad infezioni fin dai primi mesi di vita. Per la gioia del business sanitario e farmaceutico.
E le loro madri? Nel 39% dei casi già private della magia del parto naturale (visto che anche il cesareo è un business, in Italia, in barba ai rischi enormi che comporta), rinunciano ad un'esperienza meravigliosa e incredibilmente salutare per madre e figlio. 
Per sfinimento, per solitudine e, soprattutto per la diffusa ignoranza e la sistematica forzatura di un processo naturale e di per sé perfetto.

Il tema non è glamour e infatti nessuno se ne preoccupa. Ne vogliamo parlare?

Pamen




PS per approfondire: http://www.facebook.com/vanityfairitalia
dove Luisa Mondo di IBFAN Italia porta a Vanity Fair alcune argomentazioni per approfondire il tema in modo più serio!



mercoledì 6 ottobre 2010

La NON comunicazione e le mamme blogger

Quando frequentavo gli autobus cittadini, assistevo, quotidianamente,
a degli esempi fantastici di NON comunicazione.
Vecchietta A: - Buongiorno signora, come sta?
Vecchietta B: - Ah male! Col mio solito mal di schie...
Vecchietta A: - Ah, guardi, non me ne parli!!!! A me hanno trovato TRE erine al disco, e poi ho il POLISTIROLO alto, e poi BLA BLA BLA (seguiva elenco di 25 disavventure tremende, acciacchi, ingiustizie subite dal sistema sanitario nazionale, problemi, negatività assortite).

Schematizzando:
B: io io io
A: io io io
In teoria comunicazione (dal latino cum = con, e munire = legare, costruire e dal latino communico = mettere in comune, far partecipe) non è mera trasmissione di informazioni, ma interrelazione, influenzamento reciproco, partecipazione, dialogo.

Nella prassi quotidiana,  comunicare equivale spesso a estrinsecare le proprie emozioni, esperienze e idee
vomitandole sul prossimo.
In particolare nella comunicazione femminile, la comunicazione assolve alla funzione di alleggerimento 
dei propri fardelli interiori, che vengono ribaltati - sotto forma per lo più di lamento- su qualcun altro: amiche, madri, lettrici di blog, il social network, il marito.
Niente paura per questi soggetti: nella maggior parte dei casi sono addestrati e impermeabili,
e reagiscono rendendo pan per focaccia. Niente dialogo, ma due o più monologhi.
(Quando il soggetto coinvolto nell'esternazione delle lamentele è il marito esistono diverse controindicazioni, ma questo è un altro discorso.)

Le mamme blogger non fanno eccezione.
Salvo qualche sporadico tentativo di coinvolgere il proprio pubblico
con dei pericolosi tentativi di sondaggio ("Voi che ne pensate?", immancabilmente seguiti da una valanga di commenti che finiscono fuori tema dopo il terzo intervento), la maggior parte delle blogger 
(me compresa), esterna dal suo Speaker's corner, senza troppo curarsi di  interagire o interessare l'audience. 
Ma, d'altra parte, l'audience, di solito apprezza la blogger di riferimento soprattutto nella misura in cui si identifica o rispecchia nelle sue avventure e disavventure. Per cui, i commenti, lungi da essere degli interessanti contributi alla discussione, finiscono spesso per essere un coro belante di "Io".
Proprio come i bambini dell'asilo: ("Guarda io che bravo! Guarda io che bua grossa!").

Perché per affermare la nostra esistenza sulla terra dobbiamo assicurarci di godere di sufficienti dosi di altrui attenzione. Abbiamo bisogno di essere ascoltati, capiti, compatiti come dell'aria e dell'acqua.

Ad esempio.
Una mamma sul blog o su un forum racconta che la figlia ha 42 di febbre, tosse, focolai di broncopolmonite e il cagotto per i troppi farmaci. Cosa risponderanno in coro le lettrici?
- Mi dispiace, auguri?
- Un abbraccio solidale?
Macché.
-Ah, guarda, Matteo stamattina febbre a 38.6, con tosse, tosse, tosse: domani dal pediatra di corsa.

martedì 31 agosto 2010

So' ragazzi....

SBOOOONG PAM Aiaaaaaa BUM Fermati, maledetto! Adesso devi arrenderti! 
BENG SBANG POOOOOOPI POPI Corri Federico, ora la sconfiggiamo, tua sorella!
Ma uffaaaaaaa ma loro non mi fanno giocare!! SBANG Aiaaaa Ueeeeehhhh Ma lui mi ha fatto maleeeeee!!! NOOOOOO BANG Lui mi ha tirato i capelli!! No è stata lei che ha iniziato!!! BUUUUUUM Lasciatemi entrare nella casetta!! Mammmaaaaaaaaa!!! 


Esterno giorno.
Tiepido pomeriggio di fine estate.
Sotto il portico di casa mia quattro nani trai 5 e i 7 anni, tra cui il mio primogenito, si stanno ricorrendo,
prendendo a mazzuolate, tirando oggetti e stanno producendo 100 decibel di inquinamento acustico
tra trombette, urla acutissime, sbattimenti di oggetti.

No, i quattro non si odiano. Anzi, chiedono spesso di poter giocare insieme.

A poca distanza, la mia secondogenita, dopo aver spazzolato avanzi di patatine dai piattini di carta,
decide di muovere i suoi tenerissimi e barcollanti primi passi (cammina da pochi giorni)
in mezzo alla guerriglia, tra ruspe che volano e rastrelli usati a 'mo di spada.
Un suo quasi coetaneo identico a JackJack degli Incredibili sta nel prato e si ciuccia palline impolverate
dalla cesta dei giochi.

Nonostante il caos (e i vicini che chiudono le persiane in modo sospetto) è per me un bel momento.
I 4 nani extra sono, infatti, accompagnati dalle loro mamme, con le quali condivido una surreale
ma piacevole conversazione.
Si salta di palo in frasca, tra continue interruzioni e sporadici interventi per
sedare la sommossa. Ci si confronta, si scambiano esperienze, ricette, commenti sui reciproci vestiti,
informazioni sul lavoro, sugli eventi mondani del paese (come, ad esempio, l'imminente inaugurazione del nuovo supermercato, con ricchi premi e cotillon). Qualche pettegolezzo di quelli soft.
Si asciugano moccoli, si mettono cerotti, si raccolgono mutande e patatine, e intanto si organizzano incontri, si pianificano ritorni in piscina, si dibatte di attualità, e si avanzano proposte (te lo presto io quel libro, ti do un pò di omogeneizzati che io non uso più) che poi finiranno dimenticate, tra un urlo e un altro.

Ovviamente l'incontro non ha nulla a che vedere con i piacevolissimi meeting "sole donne"(altrimenti noti come "le cene delle galline"), poiché ha, come obiettivo primario "far giocare insieme i bambini".
Ma l'obiettivo secondario ("scambiare due parole tra di noi e sottrarci alla infinita noia degli infiniti pomeriggi delle infinite estati con i bambini") è pienamente raggiunto.
La solidarietà mammesca funziona.
La condivisione rinfranca. Rallegra. Alleggerisce. Fa viaggiare veloce la lancetta dell'orologio.

Quando le mamme sono anche persone carine come le mie amiche,
i giocattoli tornano magicamente nei cestoni e la merenda viene sparecchiata in un battibaleno.
Quando il cancello si chiude, cala il silenzio,
e mi ritrovo rintronata, ma più felice. Meno sola.
I miei nani continuano a giocare.




"Mi puoi spiegare una cosa" chiedo al mio primogenito.
"Ti trovi bene con i tuoi amici? Sei contento se vengono qua?"
"Certo, mamma!" fa lui, sgranando gli occhioni.
"Ma allora perché vi pestate tutto il tempo e vi fate mille dispetti?"
"Perché siamo dei bambini, mamma!" sospira lui, probabilmente pensando "Mi sembra ovvio.
Ti devo spiegare proprio tutto eh!".

Eh già....chettelochiedoafare!

giovedì 5 agosto 2010

I giochi delle donne

Più o meno tutte le donne che conosco si lamentano perché i loro uomini:
- guardano il calcio
- giocano a calcio
- giocano a calcetto all'oratorio
- giocano a fantacalcio
- guardano la formula1
- giocano al simulatore della formula1
- si sfiancano con la PS/il DS/la WII
(Poi magari qualcuna si lamenta perché vanno al bar, a giocare a carte, a pesca, a caccia, a trans, però io non le conosco. Però mia mamma si lamentava del biliardino, adesso si lamenta dei francobolli. Una delle mie blogger preferite ha il marito che per divertimento legge saggi marxisti, e non mi fate dire niente sui mariti che per sport fanno paracadutismo, vah!).

Gli uomini, poverini, giocano.
Simulano violenza, competizione, sudano, bestemmiano, si sfogano e si divertono.
Una volta mio marito è andato a giocare a nonsocosa con un amico da poco diventato papà.
"Come sta la moglie?" faccio io.
"Non so".
"Come non sai?"
"Ci siamo trovati per giocare, mica per chiacchierare".


Più o meno tutte le donne che conosco hanno il LORO vizietto.
Chiaccherano.
Si scambiano emozioni, idee, suggerimenti, lamentele.

Le donne chiacchererebbero con la commessa, la mamma, la vicina, le amiche.
Per ore.
Ieri sera, ad esempio, mi sono dedicata alla nobile arte della chiacchera
durante uno dei miei sublimi incontri con le mie stupende amiche galline.
Tra risate convulse, sfoghi, pettegolezzi al vetriolo, si sono fatte le 22, poi le 23.
"Ragazze è tardissimo".
Poi tutte lì davanti al mio cancello, le coglionazze, come delle adolescenti,
per altri 10 minuti, 20, mezz'ora lì a salutarci e aggiungere chicche, "le ultimissime poi basta eh!".


Ma la vita odierna è avara di occasioni per le chiacchere.

Con la mamma molti incontri sono un "ragguaglio veloce" alla E.R. mentre si trasporta un qualche nipotino dalla casa dei nonni alla macchina. Una cosa tipo:
"Bambina, 1 anno, è stata dalla nonna mentre la mamma lavorava. Ha mangiato? Ha dormito? UAAAAAAA, La stiamo perdendo, è meglio andare, ti chiamo domani cia-cia-ciaoooo"

Con le commesse bando a ciance. "Mi passi tutti i vestiti in saldo che avete della mia taglia. Veloce, che devo comprimere in mezz'ora lo shopping represso di 3 mesi!".

Con le vicine si può fare Napoli cinque minuti mentre una stende il bucato sul balcone,
ma non è di grande soddisfazione.

Con le amiche vere, porca zozza, abbiamo più puntate arretrate che riprendere Beautiful dopo 7 stagioni di interruzione. E' sempre e comunque un coitus interruptus sul più bello.

Ma la donna moderna, compressa da ritmi sincopati, stanca, stressata, più o meno depressa,
ha un fantastico alleato. 
Internet.
Per fare shopping, decidere le vacanze, farsi i caxxi degli altri su Facebook, per dichiarare a tutto il mondo quanti libri ha letto su Anobi, per cinguettare messaggi criptici su Twitter. 
Ma, soprattutto, per incontrare altre donne e simulare la nobile arte della tessitura di relazioni sociali.
Poi non dite che noi non giochiamo.

Io ho iniziato nel lontano 1997. 
In principio furono le chat IRC, con i colleghi dell'associazione studentesca internazionale.
Si partiva "very focused" e poi si finiva alle 3 di notte a cazzeggiare come fossimo al pub. 

Poi arrivò ICQ, e, in contemporanea, C6 (=ci sei?), la chat della TIM con cui potevi simulare il rimorchio più sfrenato. Bastava dichiararsi donna in un'epoca in cui le donne sul web erano una rarità e WHHHHOOM in men che non si dica, pesci di tutte le razze abboccavano. 
Prevalentemente pescecani e  plancton. E, ovviamente, qualche esperimento di incontro dal vivo si faceva pure. Qualcuno ha trovato l'amore. Io trovavo solo buoni amici con problemi endocrinologici e apprendisti serial stalkers.

L'amore lo trovai ad una festa, e fu affascinato dallo scoprirmi amministratore di mailing list (ma secondo me più dalla mia minigonna). Manco a dirlo, ci scambiammo l'e-mail.
La prima e-mail fu un di lui marpionesco check del tipo "volevo solo verificare che mi avessi dato una casella e-mail esistente".
Il secondo incontro fu letteralmente virtuale: mi chiese di uscire in chat. 
Posso dire che da un inizio così non potevano che nascere due autentici nativi digitali quali sono i nostri figli.

E, di lì a poco, eccomi a ravanare in lungo e in largo un web acerbo e vuoto di contenuti, alla spasmodica ricerca di tutte le dritte per organizzare un matrimonio. 
MSM = matrimonio-sposarsi-matrimonio era diventata la mia fissa. 
Qualcosa di cui non POTEVO parlare con lui. Non più di tanto.
Se avesse saputo che avevo fissato la data delle nozze con la mia migliore amica un anno prima che con lui...non ci sarebbe stato alcun matrimonio.
E poi con chi disquisire di preparativi, di bomboniere, di viaggi di nozze e di tutto il mondo di emozioni, timori, avvenimenti eccitanti di quel periodo?
Ma con le RAGAZZE DEL FORUM, ovvio! 
Un forum di future sposine divenne la mia seconda casa.
A tutte le ore mi collegavo e chiacchieravo virtualmente con quelle che, giorno dopo giorno, erano amiche sempre meno virtuali e sempre più quotidiane, reali, concrete.
Sono passati 10 anni, ma con quasi tutte loro siamo ancora in contatto,  dopo innumerevoli forum meeting alcune sono ancora amiche, chi su facebook, chi nella vita reale. 

Ma, nel frattempo, non chiacchieriamo più di matrimoni, 
e ci siamo disperse nel web, alla ricerca di consigli e poi spalle per condividere le successive esperienze della vita. Chi il divorzio. Chi la singletudine di ritorno. Chi l'infertilità. 
La maggior parte di noi la maternità.
Ed è nel 2004, a test di gravidanza ancora caldo, che mi sono proiettata nell'ormai sfaccettato universo
dei forum di mamme. Forum strutturati, organizzatissimi, con schede profilo, nickname, maschere di ricerca e i post rigorosamente divisi per topic.
Alla ricerca della cicogna, gravidanza, parto, allattamento, le mamme mese per mese, ecc.
Un mondo diverso. Affollatissimo. Caotico. Dove trovi mamme che la pensano come te 
e mamme che si scannano per far valere le loro idee su parto, allattamento etc.
Un luogo di momenti leggeri (pochi), ma, soprattutto, di raccolta di informazioni. Esperienze, consigli, links, documenti. Non c'è tempo per grandi chiaccherate, c'è molta solidarietà, ma la maggior parte delle ore si dibatte, si discute, si cerca di venire a capo del metodo Estivill per la nanna o di capire se è rigurgito o solo riflusso. Sono forum di reciproco sostegno, di informazione. Un distillato di SoS Tata in diretta e interattivo.

2008, seconda gravidanza.  A parte l'intensissima partecipazione al forum Parto Naturale, 
a cui devo l'ispirazione per aver cercato e ottenuto un VBAC, il modo di vivere il web è cambiato.
Ci sono i blog. 
Non più chiaccherare al mercato o alla stazione centrale in mezzo a centinaia di galline in un brusio infermale. Non più o non solo.
Ora ci sono questi speakers'corners. Dove alcune mamme speciali sintetizzano le loro emozioni, le loro esperienze. Mamme normalissime, ma speciali solo perché il loro diario lo pubblicano e lo condividono. Speciali perché si ritagliano nella scrittura creativa un momento per loro.
Il fenomeno del mom-blogging. (Mom-blogging è il mio filone preferito, ma in realtà ci sono blog di cucina, di fumetti, di qualsiasi cosa).
Giri per la rete e, pian piano, ti crei un network di blogger preferite (Si, preferite, perché le donne bloggano molto di più degli uomini! E se mi chiedete perché rileggetevi la prima parte del post). 
E impari a conoscere il loro stile, i caxxi loro, e il loro giro di fans, di cui leggi i commenti e le discussioni. 

Alcune blogger hanno trasformato il loro diario in un supermercato con un'esibizione di brand, sponsor, persino con le slot machines: se ti lanci nei famigerati "Candy" puoi essere estratta per ricevere un premio. (Io non vinco mai una mazza, però). 
Se ti cimenti col raccontare qualche spiritosaggine puoi essere notata dalla marca di pannolini 
e cooptata per qualche iniziativa di marketing.
Un marketing drammaticamente one-to-one, incredibilmente nuovo, sottilmente intrusivo
perché allude e ammicca con le sembianze del consiglio disinteressato dell'amica.
E' il tempo del social networking, del social blogging, del social tutto.

Non  usciamo, non guardiamo la tele, non trombiamo, ma stiamo ore con i culoni sulla sedia a socializzare virtualmente, e a scambiarci una serie esagerata di informazioni, link, video, immagini, pensieri, cazzate, vita.

Ed eccomi qua. Da 4 ore in procinto di farmi una doccia e andare a dormire, sono finita sul sito di una delle mie blogger preferite, dove era in corso una chat tra le partecipanti.
Sì, perché un blog, è un'universo vivo, pieno di dialogo, di dibattito.
Perché il blogger è fondamentalmente narcisista, altrimenti scriverebbe su un file word o sul diario segreto.
Invece il blogger non scrive solo per sé, perché non solo ama scrivere ma anche esternare. Picconare. Stuzzicare. Si compiace della sua spiritosaggine, trae godimento dai consensi, sopporta stoicamente le critiche, perché in fondo così tanta attenzione non te la davano nemmeno i nonni quando recitavi la poesia di Natale. (Come faccio a saperlo? eh....sapeste!).
Ricevi e dai attenzione, stimoli, idee. 
Non è solo chiaccherare. E' simulare la relazione, è vivere una relazione dei nostri tempi.
Comoda. Veloce. Digitale. In remoto. Globale. On Demand. 
Un gioco perfetto per le donne del 2010.

P.S. La chat è stata uno spasso. Un delirio, proprio come una chiaccherata vera tra donne. 
Un parlarsi addosso, ascoltarsi, rincorrersi, passare di palo in frasca. 
Bambini, sesso, il posto più strano, come siete vestite, come cambia la vita dopo, che libro state leggendo. Il tutto veloce, sincopato, nevrotico ma anche empatico (Stai male? mi dispiace! Piange il bambino? Vai, ti capisco!). 
Al centro di tutto una splendida padrona di casa, che ha accolto tutte, ha tenuto le fila del delirio con abilità. E che stasera ha cessato di essere per me un lontano broadcast (il libro, gli aneddoti succosissimi, le fotografie stupende da ammirare da lontano) ma è stata, per un pò, l'amica della porta accanto. 
E con lei le sue amiche, già sparite nella loro Matrix quando stavo appena familiarizzando.
Ma che diamine, c'é il blog, c'é facebook, ci saranno mille occasioni per incontrarsi e chiaccherare, e per poi perdersi di nuovo.
Non è una droga meravigliosa il web?