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giovedì 20 ottobre 2011

La borsa blu

Giorni frenetici.
Di lavoro, manifestazioni, riunioni con le maestre, lezioni di tango argentino.
E, tra una pioggia e un raffreddore, è arrivato anche il fatidico momento del "cambio di stagione".
Segnato, quest'anno, dall'archiviazione della borsa blu.

Anzi de La Borsa Blu. 
La Borsa Blu è l'appellativo domestico per uno dei pochi accessori utili trai mille che ti piombano in casa con la nascita di un bambino: la borsa-fasciatoio.
Le borse-fasciatoio attualmente sul mercato sono oggetti assolutamente glamour: argento, con le pailettes, o le decorazioni di Hello Kitty (no, al neonato non gliene frega niente di Hello Kitty, naturalmente).

Per chi, come me, è diventata mamma nello scorso decennio, la borsa fasciatoio  assolveva al suo ruolo senza brio: ingombrante, sgraziata, goffa. La mia era proprio così:

E siccome il blu è tornato di moda solo recentemente, dopo anni di oblio, La Borsa Blu stava male con tutto.
Ma guai ad uscire senza! Nei suoi magici scomparti, infatti, trovava posto la soluzione ad ogni contrattempo, un kit di sopravvivenza completo fatto di:
pannolini, telino, cremina, coppette assorbilatte, biberon di acqua, fazzolettini, salviettine umidificate, cerotti, vestiti di ricambio, un pacchetto di pavesini, magari una banana o uno yogurt, una bavaglia, un pettinino, un paio di calzine, un maglioncino leggero, il liquido antibatterico, in narhinel (detto anche l'aspira-caccole, oggetto perversamente gradito a tutte le mamme), un flacone di fisiologica, un cappellino, un set di giochini, qualche libro. Oltre, spesso, a chiavi, portafogli, cellulare, ecc.

Un rapido flashback e rivedo la B.B. appoggiata sul manico del passeggino, nella sala di attesa del pediatra, al parco giochi, in spiaggia (piena di sabbia), in vacanza, al ristorante, a casa di amici,
persino a Gardaland. La Borsa Blu è, per la mamma di un neonato, come la cassetta degli attrezzi dell'idraulico, come il borsone del medico. Non se ne può fare proprio a meno.

E ora, dopo quasi sette anni di onorato servizio, torno a vivere senza Borsa Blu.
E, insieme ad essa, archivio le ore e ore ad allattare.
Le pappine. I pannolini. Carrozzine e passeggini. Il terrore di non essere pronti ed attrezzati all'ora della pappa. I risvegli notturni. I pianti inconsolabili. Le vaccinazioni. Gli oggetti gettati dal seggiolone. I dentini. I gattonamenti. I primi giochi. Le prime parole.
I primi anni della vita dei miei bambini.

Domani Valentina compie 2,5 anni.
Parla, canta, salta corre, va al bagno, dorme tutta la notte, mangia di tutto, ha i suoi cartoni preferiti.
Ha persino una migliore amica.
Non è più una bambina piccola.
Non sono più la mamma di un bambino piccolo.
Non sarò più la mamma di un bambino piccolo.

Evviva.
Già.
Il momento che ho tanto desiderato.
E allora perché questa malinconia?
........


...Perché il treno dei genitori va sempre più veloce...
E quando tiri su il naso per ammirare il paesaggio...
il paesaggio è già cambiato.

domenica 9 gennaio 2011

Fatti e propositi

Lunedì 10.1.11 inizio un corso di pilates.
E allora, direte voi?
E allora questa data segna il mio rientro all'attività fisica dal 31.12.2003,
infausto capodanno in cui l'ultima sciata della mia vita (almeno per ora) è culminata
al pronto soccorso, con la rottura dei legamenti del ginocchio.

Prima di allora, pur non essendo mai stata una sportiva pazzesca,
non ero mai stata ferma: anni di aerobica e palestra, sci, un pò di vela,  
e una discreta vita mondana fatta anche di ballo, moderno e latino americano.

Da quel momento (fatta eccezione per la fisioterapia, il corso pre-parto in acqua e qualche mese di yoga con la Wii) ho usato mio corpo per fare due figli, un trasloco, sollevamento pesi (bambini da 3,3 a 20 kg), le scale e ginnastica coniugale. 

Inutile dire che in questi sei anni mi è mancato tantissimo sentire i miei muscoli,provare fatica fisica (e non solo psicologica!), sentirmi in forma e, soprattutto, dedicare del tempo solo a me stessa.

Fin qui l'unico fatto concreto d'inizio anno.
Poi gli inevitabili (buoni?) propositi.

- Perdere 4 kg entro la primavera.

- Finire il trasloco smantellando gli scatoloni abbandonati da 3 anni nel seminterrato, allestendo, finalmente, la tavernetta-camera degli ospiti.

- Avere per ospite qualche persona cara per inaugurare la camera degli ospiti.

- Iscrivermi ad un costoso ma serio corso di fotografia su cui ho messo gli occhi da tempo, e dotarmi, finalmente, di una reflex digitale.

- Riuscire a recuperare il ritardo accumulato e fare gli album di foto (cartacee!) degli ultimi due anni.

- Trovare il tempo per fare il sito della mia società, in sospeso da due anni.

- Last but not least. Cercare di godermi di più la vita, apprezzando l'oggi senza proiettarmi continuamente nel presente o nel futuro.

Yestarday is history.
Tomorrow is a mistery.
Today is a gift, that's why we call it PRESENT.

lunedì 13 dicembre 2010

Santa Lucia


La letterina, l'attesa,  le scampanellate notturne, i "segnali".
Il cartellone della bontà, le minacce, gli apprezzamenti.
I cataloghi di giocattoli, i giri nei negozi, l'occultamento dei regali.
La paura della vigilia, i biscotti per l'asinello,  i pacchetti colorati.
La complicità assonnata ed euforica tra Santa Lucia e l'Asinello.
La sveglia all'alba, la corsa verso le scale, gli occhi che brillano nel vedere la pista di monete di cioccolata.
L'eccitazione contagiosa, le vocine acute, i pacchetti che vengono sbranati avidamente.
La prova dei giochi, le facce rosse di gioia e sporche di cioccolata, carte e scatole ovunque.
I biscotti mangiucchiati, il latte rovesciato, la terra dell'asinello.
La corsa per arrivare in tempo all'asilo, la casa devastata, il silenzio irreale.

Nel cuore di Santa Lucia emozione, ricordi, gratitudine.
La consapevolezza che la magia non è eterna, e che il resto della vita passa nel ricordo della magia.

Dedicato a chi stamattina scriveva sul suo profilo facebook "Santa Lucia non esiste".

domenica 5 settembre 2010

Settembre, andiamo.

Settembre, andiamo. E' tempo di migrare.



Nei miei ultimi 30 anni di vita, settembre è sempre stato un mese di rinascita, di emozioni. Di migrazioni e di cambiamenti.
Per tutti gli anni della scuola il mio settembre era segnato dalla fine della lunga noia d'agosto e dall'eccitazione dei preparativi per la scuola. Da animale profondamente sociale e da brava scolara, a scuola sono sempre tornata volentieri. Diligentemente sniffavo e ricoprivo i libri nuovi. Sverginavo il mitico diario, un facebook ante-litteram, teatro di dediche e tramini tra compagni. 
Nel periodo dell'università, subito dopo gli esami d'inizio settembre, iniziava una fitta programmazione sociale: amici, morosi, feste, palestra, corsi su corsi, dal disegno al latino americano, dal volontariato ospedaliero all'educazione alimentare. Settembre era segnato dai buoni propositi che sarebbero stati dimenticati entro Halloween: stare a dieta, studiare un pò per volta per evitare le maratone pre-esame, allenarsi di più, spendere di meno. Iniziavano gli anni più intensi ed edonisti della mia gioventù. 
Nel settembre dei miei 24 anni partii per il mio lungo soggiorno-stage in Turchia. Lasciavo a casa l'infanzia, le comodità e una madre disperata a piangere tutte le sue lacrime (con la scusa dei funerali di Lady Diana). 
Nel settembre dell'anno dopo tornai definitivamente dalla Turchia, abbandonando sul Bosforo un fidanzato turco e l'ansia di dover dimostrare qualcosa a mai madre (e al mondo). Giusto in tempo per laurearmi brillantemente e dimostrare a mio padre che fin lì non avevo (solo) cazzeggiato.
Nel settembre successivo tiravo le somme del mio primo anno di lavoro, che, grazie ai buoni guadagni e al molto tempo libero mi aveva permesso di condurre un'esistenza frenetica e sfrenata di cazzeggio gaudente (finalmente privo di sensi di colpa!), fatto di viaggi, amici, associazioni internazionali. Quel mese pensai che mi sarebbe piaciuto avere una storia seria, ma conclusi che non poteva esistere un uomo compatibile con le mie aspirazioni. Senza sapere che, di lì a pochi giorni avrei incontrato quello che sarebbe diventato l'uomo della mia vita.
Tre settembri dopo, promisi solennemente a quell'uomo di amarlo e di essergli fedele per tutta la vita. E lo feci esattamente come avevo giurato di non fare: chiesa, abito bianco, 111 invitati. Ero pazza di felicità e nulla mi pareva abbastanza per celebrare in modo trionfale il nostro amore e quello che mi sembrava un punto di arrivo.
Nel settembre di quattro anni fa, iniziai a vivere il mese del "back to school" da un nuovo punto di vista: quello della mamma. E da allora, ogni primo giorno di scuola è un pò anche il mio. Solo che non sono più l'interprete principale, ma l'attrice non protagonista. Quella che sta dietro le quinte: iscrive, scarrozza, compra, porta, partecipa, saluta, sbircia e poi si lascia alle spalle il cancello della scuola, a volte con il nodo alla gola.
Indimenticabile il groviglio di emozioni dei primi giorni di nido: il mio cucciolo uno "scolaro"! Finalmente ero LIBERA! Avevo 5 lunghissime ore senza mio figlio aggrappato addosso! Potevo tornare a lavorare un numero decente di ore! Yuppi! Ma perché, allora, piangevo lacrime copiose? Perché ogni separazione era straziante e il pensiero di "come stava" non mi abbandonava mai?  

Settembre 2010. Fa ancora caldo ma il calendario è implacabile. Sacchetti, bavagli e salviette sono pronti. 
Domani il mio bambino inizia il suo ultimo anno di scuola materna. 
Un ultimo anno di totale spensieratezza, anche se le difficoltà ci sono a tutte le età, e anche il mio ometto deve affrontare le sue. Sempre più secco e alto, sempre più arguto e assetato di esperienze e di stimoli. "Mamma, non voglio crescere" mi ha detto questa sera, il mio piccolo Peter Pan. Non ho potuto fare a meno di narrargli tutti gli infiniti privilegi di chi è grande, stendendo un pietoso velo su tutte le ben più infinite fregature. "Ma io cosa farò da grande?" mi ha chiesto. "Quello che ti renderà felice", ho risposto, proponendo una rosa di professioni prestigiose, da brava mamma. Il dottore, l'ingegnere, lo scienziato..."Io voglio essere un papà. Un papà che gioca con il suo bambino", mi ha risposto, trasmettendomi tutta la gioia di avere un padre che gli si dedica e che gioca con lui senza risparmiarsi, e tornando magicamente bambino.
Domani la mia bambina inizia il suo primo anno di asilo nido. 
Non sono più (e non sarò mai più) mamma di un bambino neonato. Basta tetta selvaggia, basta infinite giornate a sua disposizione, basta salti mortali per poter lavorare in pace, per poter fare la spesa, per poter stare da sola almeno al cesso. Dopo due lunghissimi mesi di totale dedizione estiva ai figli ho atteso questa svolta come una boccata di ossigeno. Ma, avvicinandosi la data fatidica, è successo un piccolo miracolo. La nana stalker protovelina in una settimana è come sbocciata. Ha acquistato la stazione eretta e ha iniziato a camminare, ora dopo ora sempre più sciolta. Cammina con le mani sollevate, per proteggersi dai continui capitomboli, e con una luce magica negli occhi. Lo sguardo orgoglioso di chi non si capacita di quanto è bravo, di quanto è grande. Cammina sorridendo, si nasconde dietro un muro e poi spunta fuori facendo BUH. Ride giuliva come per dire: Vedi, mamma, come sono brava? Vedi come mi diverto? Mi sembra all'improvviso più felice, più simpatica. Si sono annullati i pianti capricciosi e stizziti, va a letto senza storie, dorme senza interruzione. E, quando si sveglia non piange più, ma chiama "Mamma!" ininterrottamente finché non mi vede comparire e mi saluta con un sorriso a 10 denti. Sembra proprio pronta per spiccare il suo primo, piccolo volo. 
Dannata ambivalenza materna! Perché non posso semplicemente essere felice ed emozionata pregustandomi i cambiamenti dei prossimi giorni?  Perché se da un lato sono sollevata...dall'altro non posso fare a meno di provare inquietudine e un pò di malinconia?
Mi rimbombano in testa gli auguri dello zio Bob, che, quando diventai mamma mi scrisse:
Benvenuti nel treno dei genitori!
ATTENZIONE!  E' un treno VELOCISSIMO; non si ferma quasi mai e da' pochissimo tempo  per guardarsi indietro. Quindi non vi distraete troppo, ma guardate bene dal finestrino il paesaggio che cambia cosi' 
velocemente e senza ripetersi mai.







giovedì 3 giugno 2010

Il mio giovedì

Quando facevo le elementari spesso ci veniva assegnato il tema dal titolo "La mia domenica", il cui svolgimento consisteva, di solito, in un noioso elenco di operazioni svolte, in ordine cronologico.
Tipo:
- 6.30: suona la sveglia (quella cattiva) e mi scaravento in doccia
- 6.38: fine della doccia (comprensiva di depilazione e di shampoo)
-6.40 phon e spazzola per cercare di domare l'improbabile taglio GianniLuigiDavide di 2 settimane fa (che va al più presto rettificato, ma quando? Per fortuna che la ricrescita va di moda...)
- 6.50: make up super fast...
- 7.00: ho ancora il mascara in mano e UEEEE!!! Sirena-figlia. Coccolina, pannolino, pulizia occhi incaccolati da congiuntivite,  pulizia naso pieno di catarro, vestizione figlia tra calci e lamenti della stessa.
- 7.15: sveglia figlio (con figlia attaccata alla tetta in modalità cozza), supervisione alla vestizione del figlio.
- 7.30: preparazione colazione figli. La figlia butta in terra il suo panino (NOOOO non si buttano in terra le cose!! Ma è solo la prima di tante volte in cui dirò la stessa cosa oggi...) perché vuole i cereali come il fratello. Trangugio pezzi di panini smozzicati e avanzi di filiale colazione.
- 7.40: i cereali con il latte sono stati buttati in terra. Reprimo gli istinti omicidi e pulisco.
- 7.45 entrambi i nani, ripulite le facce incaccolate di cereali e le manine collose, vengono deposti sul pavimento e lasciati liberi di gattonare e/o fare autoscontro con le macchinine (producendo decibel vicini alla soglia del dolore, soprattutto con il carrettino di legno trasformato in rimorchio di una delle macchinine).
- 7.50: raccolta di oggetti sparsi tentativo patetico di rassettare il generale casino visto che oggi deve venire Oksana a pulire la casa.
- 7. 58: nana deposta dalla nonna con tutto il suo necessaire
- 8.00: finalmente posso vestirmi a prova di rigurgiti
- 8.05 partenza per l'asilo con il nano grande.
- 8.15 depositato il nano grande sono pronta per fiondarmi al lavoro: faccio la statale per evitare i maledetti lavori in tangenziali, 50 minuti di code, grazie anche ad un incidente, e arrivo in aula, con 5 modici minuti di ritardo.
- fino alle 13: tengo un corso di formazione a banda di giovani apprendisti scazzati e rumorosi,
che mettono a dura prova le mie corde vocali già affaticate dalla faringite da aria condizionata.
- 13.01: fine della ricreazione, è ora di rifiondarsi a casa. Per fortuna al rientro ci metto solo 25 minuti.
- 13.26: estrazione di un piatto di pasta avanzato da ieri, 2' al microonde e poi il suddetto piatto viene aspirapolverato. Glom.
- 13.29: recupero della nana dalla nonna.
fino alle 15.30: coccole, giochi, vocalizzi, librini con la nana. Nel frattempo: due e-mail urgenti di lavoro,
riordino di bucato stirato, riordino di giocattoli vari, telefonata ad amica.
- 15.30 arriva Noemi la baby sitter, e io posso fiondarmi all'asilo a prende il nano.
- 15.45: spesa con il nano (compenso per l'accompagnamento: un barattolo di nutella, una confezione di actimel con le figurine degli azzurri, i gelati e i panini per hotdog).
- 16.45: scaricata la spesa, caricata la lavatrice, scaricata la posta elettronica, data la merenda ai nani.
- fino alle 18.30: lavoro al pc
- 18.30: fine della ricreazione: preparativo della cena tra gli urli della nana famelica, a cui viene propinato, a mo di tampone, un avanzo di pasta riscaldato. Nano neutralizzato al cellulare.
- 18.55: la nana butta il piatto in terra. Il pesce è fritto, la pasta è cotta, il sugo preparato ieri è scaldato, le fragole sono pulite e affettate.
- 18.59: servo la cena a me e al nano, tra le proteste della nana.
- 19.01: nana neutralizzata con ciotola di fragole.
- 19. 06: la nana butta la ciotola (vuota) in terra.
- 19.20 i nani ripuliti vengono lasciati liberi di pascolare in sala, mentre lavo i piatti.
- 19.30: bagno ai nani. Intanto preparo i vestiti per domani, cambio aria alle stanze, preparo i lettini, butto in lavanderia 8 etti di abiti sporchi, mi lavo i denti.
- 19.45: i nani vengono estratti uno per volta, asciugati (con calci e proteste nel caso della nana), impigiamati e/o impannolinati e/o medicati.
- 20: la nana viene coccolata e deposta nel lettino, dove si arrende a Morfeo ( e meno male visto che non dormiva da 7 ore!). Arriva il pater familiae, che  getta la cravatta sul tavolo e si avventa sulla cena fredda.
- 20.30 anche il nanetto va a nanna. Inizia la mia serata.
Ho giusto il tempo di sfogarmi con questo post e poi devo mettermi a lavorare.
Per fortuna il mio giovedì sta per finire.

giovedì 25 febbraio 2010

Non è un paese per mamme

Ore 14.30. Arrivo al paesello in anticipo rispetto all'apertura della scuola materna. La puffa piccola è con me in macchina, piange perché è stanca e non riesce ad addormentarsi.
Di fermarmi a casa non se ne parla. Non farei in tempo a scaricare passeggino, borse, cappotti che sarebbe già ora di re-incartare la piccola e ripartire.
Decido di fare una passeggiata vicino alla scuola. Il selciato della chiesa è perfetto per frullare avanti e indietro il passeggino, il rumore delle ruote sui ciottoli aiuta la piccola insonne a cedere alle lusinghe di Morfeo.
A questo punto ho quasi un'ora per passeggiare amenamente e godere delle numerose opportunità di shopping e di svago offerte dal centro storico del paesello.
Il parco è in pessime condizioni: vicino alle panchine non c'é un prato (o uno dei quei comodi tappetoni verdi che si trovano nei  parchi cittadini) ma solo fango. All'uscita della scuola da mesi quasi nessuna mamma si ferma:  i giochi sono frequentati da ragazzini corpulenti o gruppetti di extracomunitari, spesso badanti dell'est che parlano fitto tra loro, neri o signore velate taciturne.
I negozi sono quasi tutti chiusi. C'è il solito macellaio dall'aria nevrotica, che fuma sull'uscio del negozio e squadra i pochi passanti con un'espressione poco invitante. Non sono mai entrata da lui. Chissà se si lava le mani prima di affettare la bistecca. Ogni tanto passa qualche motorino il cui rombo infastidisce il sonno della piccola.
Potrei entrare in uno dei bar, ma sono sempre traboccanti di compaesani sfaccendati e urlanti e non mi ispirano nemmeno un pò.
Decido di visitare la Bottega del Centro: almeno il passeggino ci passa,  non ci sono barriere architettoniche e sono sempre di una gentilezza squisita. Due acquisti al volo ed è già ora di andare a prendere il puffo grande.
Nell'uscire dall'asilo i soliti saluti frettolosi con le varie mamme.
E ora che si fa? E' una bella giornata. Dopo sette mesi di pomeriggi piovosi non ho alcuna voglia di correre a casa, 
né di spostarmi con la macchina. 


Dove vanno le mamme dei 180 bambini della scuola, o almeno quelle di loro che non sono al lavoro a quest'ora? 


Quando ero piccola, il mio dopo-scuola era prevalentemente ambientato nei giardinetti o nei cortili sotto casa. 
Io giocavo con frotte di coetanei, mia mamma si intratteneva con le altre genitrici, e con alcune di loro aveva costruito delle amicizie solide, quotidiane, e intense come e più di una parentela. Era solo un quartiere residenziale, ma c'era molta più "comunità" che non in paese, o almeno nei due paesi dove ho vissuto. Le botteghe, il supermercato, la pasticceria, i giardinetti, le scuole. La vita di tante famiglie si intrecciava nello spazio di tre isolati. Sapevi sempre dove andare, dove incontrare gente.


Decido di sfruttare i tempi morti per far sfoltire le parrucche ormai ingestibili dei miei bambini.
La parrucchiera è gentile ma sempre un pò freddina. I bambini sono vivaci ma bravi.  
Il grande canta canzoni per distrarre la sorella e chiacchera. Un pò ad alta voce, ma insomma. La piccola 
risponde con gorgheggi e battimani. Nel congedarci la parrucchiera si lascia sfuggire un paio di battute pseudo-simpatiche, tipo. "Ma sono sempre così?", "Ma fino a che ora dura il concerto la sera?" 
Il risultato, per dirla tutta, non è nemmeno un granché. 15 euro -senza ricevuta. 
La prossima volta li taglierò io, così non dovrò preoccuparmi di importunare nessuno.


Proseguiamo il pomeriggio all'insegna della simpatia nella rinomata pasticceria col nome di un fiore, raggiungibile con 5 comodi scalini. Ma d'altra parte quale mamma non adora portare di peso 8 kg di passeggino 8 di neonato e 5 tra borsa e spesa? La mia schiena ringrazia.
Mentre scegliamo le pastine, l'attenzione del mio bimbo viene attratta dagli espositori traboccanti di dolci e pupazzetti.
"Guarda che se mi sporchi ti do lo straccetto per pulire, eh!" minaccia la commessa.
Io non lascio mai che mio figlio si comporti come una cavalletta in giro, e vigilo sempre perché non faccia danni,
rammentandogli in continuazione i fondamenti della buona educazione. Certo, non posso né imbavagliarlo né incerottarlo, né impedirgli di essere spontaneo, curioso, vivace come ogni bambino dovrebbe essere. Ci sediamo al tavolino, e io non mi sento per niente a mio agio. Siediti bene, non urlare, ti stai sporcando tutto, hai le mani piene di crema.  
La prossima volta meglio una merenda in cucina, dove se proprio i bambini sporcano non devo sentirmi in colpa con nessuno. 4,8 Euro. Quasi quasi rimpiango la pasticcera musona in piazza, che dopo  due anni di merende adesso riesce anche ad abbozzare un quarto di sorriso (sempre che non sia un principio di paresi). Almeno è più economica e, poiché non dice nulla, non è simpatica ma non è nemmeno stronza e antipatica come questa qua. 


Che tristezza. Ripenso alla lezione che ho tenuto stamattina. Il cliente non cerca prodotti o servizi, ma vuole stare bene, vivere delle esperienze d'acquisto piacevoli, trattenersi volentieri nel punto vendita.  I commercianti del paesello hanno appena aderito a "Carta Valore", l'iniziativa del comune per premiare i cittadini che scelgono la spesa locale. 
Chissà quando scopriranno che, se proprio deve essere trattato in modo freddo e anonimo il cliente prende e va al centro commerciale, dove almeno troverà ampia scelta, l'area giochi, la nursery, un gelato fantastico, la lavanderia, il ciabattino, il parcheggio gratuito e una galleria dove i bambini possono correre indisturbati e senza commenti acidi.  


Ecco, già li sento i detrattori dei centri commerciali, mio marito in primis: 
"Che schifo, che tristezza". Ditemi voi: che alternativa c'è? 
L'oratorio? Da quando c'è il prete nazista i genitori che lo frequentano vanno più volentieri dal dentista. 
La biblioteca? Posto stupendo ma non attrezzato per i nani. Ci fosse un angolo morbido, un posto dove far merenda...
Il locale attrezzato con gabbia-bimbi? Non si capisce perché, ma apre solo la sera.


Incontrarsi con le altre mamme? Giuro, io ci ho provato e ci sto provando. Con l'unica mezza amica che ho al paesello l'ultimo appuntamento per una merenda è slittato 5 volte a causa dell'alternanza di malanni, ed è poi caduto in prescrizione per sfinimento. Con le amiche madri bresciane le difficoltà logistiche sono tali da rinunciare in partenza.
I miei tentativi di rendez-vous più casual con altre locali portatrici di nani piccoli si scontrano con l'essenza un pò cavernicola del bresciano medio. Si, si vediamoci dai. Ma poi, al momento del dunque, hanno commissioni urgenti da sbrigare, non si fanno nemmeno più sentire e l'invito non lo ricambiano mai. 
Amici amici, amici un casso.  


Il sole inizia a calare. Sto quasi per andare dal siciliano che vende le arance sul camion, uomo inquietante ed assai antipatico, ma almeno esotico. 
Poi decido che per i bambini può essere più divertente il lavaggio dell'auto. Quando ci avviciniamo alle spazzole rotanti Alessandro è eccitatissimo. L'uomo del lavaggio mi indica con gesti confusi come arrivare sul binario e mi apostrofa sgarbatamente: "Ma sei praticaaa?". 
Ci mancava il lava-auto che mi fa sentire inadeguata, penso, mentre l'auto viene trasportata in un vortice di schiuma e di rumore, tra l'entusiasmo dei pupi. 7 Euro, grazie.