giovedì 25 febbraio 2010

Non è un paese per mamme

Ore 14.30. Arrivo al paesello in anticipo rispetto all'apertura della scuola materna. La puffa piccola è con me in macchina, piange perché è stanca e non riesce ad addormentarsi.
Di fermarmi a casa non se ne parla. Non farei in tempo a scaricare passeggino, borse, cappotti che sarebbe già ora di re-incartare la piccola e ripartire.
Decido di fare una passeggiata vicino alla scuola. Il selciato della chiesa è perfetto per frullare avanti e indietro il passeggino, il rumore delle ruote sui ciottoli aiuta la piccola insonne a cedere alle lusinghe di Morfeo.
A questo punto ho quasi un'ora per passeggiare amenamente e godere delle numerose opportunità di shopping e di svago offerte dal centro storico del paesello.
Il parco è in pessime condizioni: vicino alle panchine non c'é un prato (o uno dei quei comodi tappetoni verdi che si trovano nei  parchi cittadini) ma solo fango. All'uscita della scuola da mesi quasi nessuna mamma si ferma:  i giochi sono frequentati da ragazzini corpulenti o gruppetti di extracomunitari, spesso badanti dell'est che parlano fitto tra loro, neri o signore velate taciturne.
I negozi sono quasi tutti chiusi. C'è il solito macellaio dall'aria nevrotica, che fuma sull'uscio del negozio e squadra i pochi passanti con un'espressione poco invitante. Non sono mai entrata da lui. Chissà se si lava le mani prima di affettare la bistecca. Ogni tanto passa qualche motorino il cui rombo infastidisce il sonno della piccola.
Potrei entrare in uno dei bar, ma sono sempre traboccanti di compaesani sfaccendati e urlanti e non mi ispirano nemmeno un pò.
Decido di visitare la Bottega del Centro: almeno il passeggino ci passa,  non ci sono barriere architettoniche e sono sempre di una gentilezza squisita. Due acquisti al volo ed è già ora di andare a prendere il puffo grande.
Nell'uscire dall'asilo i soliti saluti frettolosi con le varie mamme.
E ora che si fa? E' una bella giornata. Dopo sette mesi di pomeriggi piovosi non ho alcuna voglia di correre a casa, 
né di spostarmi con la macchina. 


Dove vanno le mamme dei 180 bambini della scuola, o almeno quelle di loro che non sono al lavoro a quest'ora? 


Quando ero piccola, il mio dopo-scuola era prevalentemente ambientato nei giardinetti o nei cortili sotto casa. 
Io giocavo con frotte di coetanei, mia mamma si intratteneva con le altre genitrici, e con alcune di loro aveva costruito delle amicizie solide, quotidiane, e intense come e più di una parentela. Era solo un quartiere residenziale, ma c'era molta più "comunità" che non in paese, o almeno nei due paesi dove ho vissuto. Le botteghe, il supermercato, la pasticceria, i giardinetti, le scuole. La vita di tante famiglie si intrecciava nello spazio di tre isolati. Sapevi sempre dove andare, dove incontrare gente.


Decido di sfruttare i tempi morti per far sfoltire le parrucche ormai ingestibili dei miei bambini.
La parrucchiera è gentile ma sempre un pò freddina. I bambini sono vivaci ma bravi.  
Il grande canta canzoni per distrarre la sorella e chiacchera. Un pò ad alta voce, ma insomma. La piccola 
risponde con gorgheggi e battimani. Nel congedarci la parrucchiera si lascia sfuggire un paio di battute pseudo-simpatiche, tipo. "Ma sono sempre così?", "Ma fino a che ora dura il concerto la sera?" 
Il risultato, per dirla tutta, non è nemmeno un granché. 15 euro -senza ricevuta. 
La prossima volta li taglierò io, così non dovrò preoccuparmi di importunare nessuno.


Proseguiamo il pomeriggio all'insegna della simpatia nella rinomata pasticceria col nome di un fiore, raggiungibile con 5 comodi scalini. Ma d'altra parte quale mamma non adora portare di peso 8 kg di passeggino 8 di neonato e 5 tra borsa e spesa? La mia schiena ringrazia.
Mentre scegliamo le pastine, l'attenzione del mio bimbo viene attratta dagli espositori traboccanti di dolci e pupazzetti.
"Guarda che se mi sporchi ti do lo straccetto per pulire, eh!" minaccia la commessa.
Io non lascio mai che mio figlio si comporti come una cavalletta in giro, e vigilo sempre perché non faccia danni,
rammentandogli in continuazione i fondamenti della buona educazione. Certo, non posso né imbavagliarlo né incerottarlo, né impedirgli di essere spontaneo, curioso, vivace come ogni bambino dovrebbe essere. Ci sediamo al tavolino, e io non mi sento per niente a mio agio. Siediti bene, non urlare, ti stai sporcando tutto, hai le mani piene di crema.  
La prossima volta meglio una merenda in cucina, dove se proprio i bambini sporcano non devo sentirmi in colpa con nessuno. 4,8 Euro. Quasi quasi rimpiango la pasticcera musona in piazza, che dopo  due anni di merende adesso riesce anche ad abbozzare un quarto di sorriso (sempre che non sia un principio di paresi). Almeno è più economica e, poiché non dice nulla, non è simpatica ma non è nemmeno stronza e antipatica come questa qua. 


Che tristezza. Ripenso alla lezione che ho tenuto stamattina. Il cliente non cerca prodotti o servizi, ma vuole stare bene, vivere delle esperienze d'acquisto piacevoli, trattenersi volentieri nel punto vendita.  I commercianti del paesello hanno appena aderito a "Carta Valore", l'iniziativa del comune per premiare i cittadini che scelgono la spesa locale. 
Chissà quando scopriranno che, se proprio deve essere trattato in modo freddo e anonimo il cliente prende e va al centro commerciale, dove almeno troverà ampia scelta, l'area giochi, la nursery, un gelato fantastico, la lavanderia, il ciabattino, il parcheggio gratuito e una galleria dove i bambini possono correre indisturbati e senza commenti acidi.  


Ecco, già li sento i detrattori dei centri commerciali, mio marito in primis: 
"Che schifo, che tristezza". Ditemi voi: che alternativa c'è? 
L'oratorio? Da quando c'è il prete nazista i genitori che lo frequentano vanno più volentieri dal dentista. 
La biblioteca? Posto stupendo ma non attrezzato per i nani. Ci fosse un angolo morbido, un posto dove far merenda...
Il locale attrezzato con gabbia-bimbi? Non si capisce perché, ma apre solo la sera.


Incontrarsi con le altre mamme? Giuro, io ci ho provato e ci sto provando. Con l'unica mezza amica che ho al paesello l'ultimo appuntamento per una merenda è slittato 5 volte a causa dell'alternanza di malanni, ed è poi caduto in prescrizione per sfinimento. Con le amiche madri bresciane le difficoltà logistiche sono tali da rinunciare in partenza.
I miei tentativi di rendez-vous più casual con altre locali portatrici di nani piccoli si scontrano con l'essenza un pò cavernicola del bresciano medio. Si, si vediamoci dai. Ma poi, al momento del dunque, hanno commissioni urgenti da sbrigare, non si fanno nemmeno più sentire e l'invito non lo ricambiano mai. 
Amici amici, amici un casso.  


Il sole inizia a calare. Sto quasi per andare dal siciliano che vende le arance sul camion, uomo inquietante ed assai antipatico, ma almeno esotico. 
Poi decido che per i bambini può essere più divertente il lavaggio dell'auto. Quando ci avviciniamo alle spazzole rotanti Alessandro è eccitatissimo. L'uomo del lavaggio mi indica con gesti confusi come arrivare sul binario e mi apostrofa sgarbatamente: "Ma sei praticaaa?". 
Ci mancava il lava-auto che mi fa sentire inadeguata, penso, mentre l'auto viene trasportata in un vortice di schiuma e di rumore, tra l'entusiasmo dei pupi. 7 Euro, grazie.





1 commento:

Bedizzolese ha detto...

Brescicoli, Patrizia, brescicoli inside.