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mercoledì 27 giugno 2012

Italia-Germania.

Non ero ancora nata nel 1970 quando ci fu la partita del secolo.

Però non dimenticherò mai LA partita della mia vita., Italia-Germania 3-1, durante Spagna 1982, 
il mundialito di calcio che da novenne spensierata mi aveva
coinvolto ed emozionato come forse nessun'altra gara nella mia vita.
Io e mio fratello eravamo ospiti dello zio Bob nella nostra prima vacanza senza genitori. 
Le urla, la gioia, il fiume di folla in una Firenze torrida, mio fratello che toccava le tette alle amiche dello zio nella DueCavalli decappottabile verde.
Da allora, pur non amando particolarmente il calcio, ho sempre seguito i campionati internazionali,
perché fanno parte della mia storia, della mia cultura e perché vi associo ricordi bellissimi di partite viste in compagnia nei posti più disparati.


Nel 2006 ancora Italia-Germania. E c'era anche il piccolo Ale a tifare con noi.
Come non ricordare l'arroganza dei crucchi e il gusto incredibile di avergli scippato la finale contro i francesi ?  (E sui francesi si potrebbe aprire un altro capitolo...)















2012. C'è l'Europeo di calcio. 
Sono nauseata da tante cose.
La politica nazionale e internazionale.
Il calcio corrotto.
La strage di cani ucraini.
La ben peggiore questione della prostituzione femminile denunciata da FEMEN (ma ignorata dagli attivisti FB che fanno invece girare decine di foto splatter di randagi trucidati).
Per cui mi suscita una risata a denti stretti questa vignetta:



Ma la semifinale è Italia-Germania, e io non me la perderò.

"E invece non dovresti guardarla"mi redarguisce un'amica su Facebook.
"Il calcio e l'esempio lampante di quanto va male l'Italia e di quanto sono imbecilli gli italiani che per una ventina di calciatori strapagati e nonostante questo anche imbroglioni, ci si inebetisce dimenticandosi di come il nostro paese sta andando a rotoli....e poi lamentiamoci che le cose vanno male che i politici rubano....siamo i primi noi che premiamo uno sport corrotto e che ruba anche i nostri soldi...mi da fastidio il mondo calcio ma ancora di piu' gli italiani che non sono in grado di capire quanto questo entusiasmo di mezza estate sia solo a vantaggio di continuera' a fare i propri porci comodi".

Tutto vero. MA.

Il mondiale del 2010 insegna che i nostri imbroglioni in mutande sono anche capaci di fare ricche figuracce in competizioni internazionali non corrompibili, 

Io non sono inebetita, non mi dimentico che l'Italia va a rotoli e mi impegno attivamente, nel mio piccolo, per cambiare le cose. Una partita non fa di me una qualunquista, dai.

Sono italiana, nel bene e nel male. E tra tutti i difetti italici, non rinnego i miei sentimenti AMBIVALENTI verso la Germania. Io provo una ammirazione e un'antipatia insopprimibili verso i primi della classe, i tedeschi
Ordinati, ricchi, efficienti.  
Razionali, ecologici, determinati.
ANTIPATICI.
Sì, i tedeschi mi sono antipatici.   
Non solo perché erano sempre i primi ad accaparrarsi la colazione, gli ombrelloni e i tornei di freccette nei villaggi vacanze.                                                                                                               
E non certo  perché siamo in scacco della Merkel, antipatica cancelliera-professoressa.                                                                                                                    E dovremmo aver risolto l'atavica ostilità bellica 70 anni dopo l'Olocausto 
(l'infamia dei fascisti e i nostri disgustosi voltafaccia non furono certo da ammirare).
                                     
Ne ho conosciuti di tedeschi, e con molti ho avuto anche un bellissimo rapporto.                            
E quindi non è un pregiudizio: tutti i tedeschi che ho conosciuto manifestavano un malcelato, (condivisibile ma pur sempre ANTIPATICO) spirito di superiorità. 
Soprattutto sulla italiota dabbenaggine. 

Ma, proprio perché sono italiana, e quindi un pò pierina inside,
domani sera mi gusterò Italia-Germania senza vergogna.
In privato, in modo da poter anche essere politicamente scorretta per una volta. 
Magari con una bella birra tedesca, e perché no, con una pizza napoletana. 

Che vinca il migliore, certo.
Ma che gusto se perderà la Germania!

venerdì 18 maggio 2012

La gita scolastica

Tempo di saggi, recite, pizzate, incontri, feste di fine anno. E di gite scolastiche.

Ricordo perfettamente la mia prima gita, in prima elementare.
Trentadue anni fa.
E me ne ricordo un numero sconcertante di dettagli insignificanti.

La maestra Clelia con i capelli a pagoda indossava la gonna a pieghe e
delle decolleté blu traforate con la zeppa.
Io sempre attaccata alle mie amichette, le gemelle Luisa e Giovanna con i pullover rosa confetto fatti a mano dalla loro mamma Palma. E anche la Daniela, con gli occhiali e un pò taciturna.
La mamma accompagnante che parlava sempre e non si faceva mai gli affari suoi.
Le tepa sport azzurre con la striscia bianca, il k-way a polpetta attaccato in vita.
 



I panini che sapevano di mamma, il succo di frutta nel brick.
E, soprattutto, la mia prima macchina fotografica, consegnatami con solennità da mio padre.
Pesante come un vocabolario, con una custodia di cuoio marrone durissimo.
E un rullino kodak a colori, con dodici scatti, da centellinare con cura.
100 ISO ("che va sempre bene con qualunque tempo").
La meta? La certosa di Pavia.

Chissà perché visto che nei successivi 30 anni non l'ho mai nemmeno una volta sentita nominare come meta turistica. E non ci hanno nemmeno ambientato un romanzo polpettone (come alla certosa di Parma). Forse volevano spiegarci che la certosa non è solo un formaggio e cosa sono i certosini.
Comunque c'era un negozio di souvenir pieno zeppo di oggetti inutili, come le certosedipavia sotto la neve e un sacco di statuette meteo con i glitter che diventavano azzurri in caso di bel tempo e rosa in caso di maltempo. Cosa vi ridete, mica potevi consultarti ilmeteo.it dal cellulare!




Forse ne ho comprato uno (di sicuro ne avevo più di uno a casa) , con certezza ho comprato un piccolo libriccino di foto della certosadipavia per farle vedere a casa. Questo vuol dire che avevo i miei soldini (quindi ero pure un passo più autonoma di mio figlio). E comunque tante ore fuori da casa e nemmeno un pò di nostalgia, anzi un sacco di voglia di crescere e diventare indipendente.
Perché guardare il mondo dall'alto di un pullman granturismo ti fa sentire grande, veloce e libera. Anche se hai solo sette anni.

foto scattata dal marito A.M. questa mattina
Ed eccoci qua, 32 anni dopo.

Il pullman parte per una gita piccola piccola, ma per loro tanto speciale.
Gli zainetti sono equipaggiati per una spedizione (anche se vanno solo in una fattoria didattica).
Cappellino (che non metterà), k-way senza polpetta (che non servirà), panini (che aprirà alla ricerca di una figlia di insalata da eliminare), fazzoletti (che non userà perché si pulirà il naso nella manica), la felpa (non rossa perché potrebbe dar fastidio al toro!), scarpe comode (come recitava l'avviso, ma tanto mica marceranno, raccoglieranno fiori e faranno i biscotti).
E una digitale compatta Coolpix di ultima generazione, con cui fare un numero illimitato di scatti.

Ciao ciaoooo! 
Mamme e papà si sbracciano commossi.
Le gite sono "di istruzione" anche per i genitori.
Che imparano a lasciarli volare dal nido, così piccoli ma già così grandi.

giovedì 20 ottobre 2011

La borsa blu

Giorni frenetici.
Di lavoro, manifestazioni, riunioni con le maestre, lezioni di tango argentino.
E, tra una pioggia e un raffreddore, è arrivato anche il fatidico momento del "cambio di stagione".
Segnato, quest'anno, dall'archiviazione della borsa blu.

Anzi de La Borsa Blu. 
La Borsa Blu è l'appellativo domestico per uno dei pochi accessori utili trai mille che ti piombano in casa con la nascita di un bambino: la borsa-fasciatoio.
Le borse-fasciatoio attualmente sul mercato sono oggetti assolutamente glamour: argento, con le pailettes, o le decorazioni di Hello Kitty (no, al neonato non gliene frega niente di Hello Kitty, naturalmente).

Per chi, come me, è diventata mamma nello scorso decennio, la borsa fasciatoio  assolveva al suo ruolo senza brio: ingombrante, sgraziata, goffa. La mia era proprio così:

E siccome il blu è tornato di moda solo recentemente, dopo anni di oblio, La Borsa Blu stava male con tutto.
Ma guai ad uscire senza! Nei suoi magici scomparti, infatti, trovava posto la soluzione ad ogni contrattempo, un kit di sopravvivenza completo fatto di:
pannolini, telino, cremina, coppette assorbilatte, biberon di acqua, fazzolettini, salviettine umidificate, cerotti, vestiti di ricambio, un pacchetto di pavesini, magari una banana o uno yogurt, una bavaglia, un pettinino, un paio di calzine, un maglioncino leggero, il liquido antibatterico, in narhinel (detto anche l'aspira-caccole, oggetto perversamente gradito a tutte le mamme), un flacone di fisiologica, un cappellino, un set di giochini, qualche libro. Oltre, spesso, a chiavi, portafogli, cellulare, ecc.

Un rapido flashback e rivedo la B.B. appoggiata sul manico del passeggino, nella sala di attesa del pediatra, al parco giochi, in spiaggia (piena di sabbia), in vacanza, al ristorante, a casa di amici,
persino a Gardaland. La Borsa Blu è, per la mamma di un neonato, come la cassetta degli attrezzi dell'idraulico, come il borsone del medico. Non se ne può fare proprio a meno.

E ora, dopo quasi sette anni di onorato servizio, torno a vivere senza Borsa Blu.
E, insieme ad essa, archivio le ore e ore ad allattare.
Le pappine. I pannolini. Carrozzine e passeggini. Il terrore di non essere pronti ed attrezzati all'ora della pappa. I risvegli notturni. I pianti inconsolabili. Le vaccinazioni. Gli oggetti gettati dal seggiolone. I dentini. I gattonamenti. I primi giochi. Le prime parole.
I primi anni della vita dei miei bambini.

Domani Valentina compie 2,5 anni.
Parla, canta, salta corre, va al bagno, dorme tutta la notte, mangia di tutto, ha i suoi cartoni preferiti.
Ha persino una migliore amica.
Non è più una bambina piccola.
Non sono più la mamma di un bambino piccolo.
Non sarò più la mamma di un bambino piccolo.

Evviva.
Già.
Il momento che ho tanto desiderato.
E allora perché questa malinconia?
........


...Perché il treno dei genitori va sempre più veloce...
E quando tiri su il naso per ammirare il paesaggio...
il paesaggio è già cambiato.

martedì 23 agosto 2011

Ali e radici.

E' che non riesco a togliermi dalla mente questo momento:

E questa casa, che non c'è più:


E le altre persone che non ci sono più. (Anche se ce ne sono delle nuove).


E quell'ultima passeggiata:

E' per questo che parto per Praga con il nodo alla gola.
Lo stesso nodo alla gola che avevo quando scattavo quest'ultima istantanea dell'aeroporto, al decollo.

Perché sapevo che era l'ultima volta che vedevo mio nonno.

Sono passati quattro anni dall'ultimo saluto, davanti all'hotel Beranek.
Diciassette mesi dalla sua morte.
Ma è un lutto che non aveva ancora avuto la sua celebrazione e che era stato vissuto da ognuno di noi in modo separato, addirittura con l'oceano di mezzo.

Adesso torniamo, insieme, a Praga. Forse la città che amo di più al mondo.
E con noi c'è anche Valentina.
Portiamo il futuro con noi a salutare il passato.
Perché la scusa del viaggio è una cerimonia di saluto a chi non è più qui.
Ma in realtà sarà bello esserci ancora una volta insieme, io, i miei genitori e mio fratello, dopo non so quanti anni (quindici? diciotto?). E, insieme a noi, la mia nuova famiglia.

Vado a seppellire (anche se solo metaforicamente) un pezzo importante della mia infanzia.
Le lunghe estati in un mondo diverso, a cui ripenso ora con struggente nostalgia.
I mille ricordi: le passeggiate, il fiume, la metro. I suoi dolci. Lei.
Lei che non ha una tomba.
Fra poco saranno cenere nel vento e nell'erba, insieme.
Tornano uniti dopo la penosa sopravvivenza terrena di lui a lei. Dieci anni di non vita.

L'amore per i miei nonni era ogni volta da riallacciare.
All'inizio eravamo arrugginiti, un pò spaesati.
Ma poi i bambini e i vecchi si riuniscono nei riti.
La minestra con gli spaghettini, il vestito da sposa della mamma, la banana, i biscottini, i pigiami in regalo.
E ci scioglievamo. Tornavamo a parlare la stessa lingua, a condividere pasti, momenti, esperienze.
I giochi e i libri da riscoprire. Vecernicek. Le gite, le giostre, il pozzo.
In sottofondo i fiumi di racconti in arretrato con cui mia mamma e mia nonna cercavano di colmare la lontananza di tanti mesi.
E poi arrivava quel momento.
Quando le loro mani che si sbracciavano sparivano dietro all'angolo.

(Ecco, se ho avuto un trauma nella mia infanzia è stato quello.
Io non sopporto gli addii. Anche se sono degli arrivederci, io odio gli addii.
Ed è un trauma che ho continuato a sublimare con vari  amori a distanza, in occasione delle rotture affettive di varia natura, persino ogni volta che abbraccio alcuni dei miei più cari amici, che, guarda caso, sono lontani. Per me anche salutare le maestre di asilo dei miei figli l'ultimo giorno di scuola
è rivivere quel trauma.
Ed è un trauma che ho cercato di evitare ai miei figli.).


Ali e radici



la mia anima divisa a metà
Sai che un giorno o l'altro
lo sai che partirò
non mi chieder quando
perchè questo non lo so. (Eros Ramazzotti).


Ali e radici.
Quelle radici mi sono pesate finché ho spiccato il volo. 
E adesso che ho le ali...torno alle mie radici. 

Una cosa è certa. A Praga continuerò a tornare. 
Quel nodo in gola si attenuerà, anche se i ricordi, gli odori, i suoni resteranno vivissimi nella mia mente
Ci saranno altri modi, altre scoperte, altre libertà per godere della sua magia.

E adesso andiamo. 
Ci aspettano nuovi odori, nuovi suoni. E nuovi ricordi. 


lunedì 27 giugno 2011

Anniversario

Ho trascorso cinque anni nella mia prima casa da sposata, un piccolo appartamento che è stato testimone di tanta felicità e da cui siamo usciti in tre.
Ma ne sono trascorsi quasi altrettanti nella mia casa, la prima (e forse l'ultima) che io abbia mai posseduto.


Il 27 giugno 2007 faceva caldo.
Ma io non sentivo caldo né freddo, solo tanta fatica, e un mix incredibile di emozioni.
La stanchezza, fisica e psicologica.
L'arrabbiatura (per gli ultimi difetti, ritardi e intoppi).
Lo smarrimento: i nostri mobili, pezzetti di vita accatastati qua e là.
Il disagio: non trovare nulla, abituarsi a spazi quadruplicati.
La malinconia: cambiare casa è voltare pagina e gli ultimi raid nel vecchio appartamento erano vissuti con un certo nodo alla gola.
Il sollievo: nessuno poteva credere, un mese prima, che saremmo riusciti ad entrare quando da noi deciso, men che meno gli artigiani a cui avevamo fatto una pressione pazzesca perché finissero in tempo i lavori.
E, infine, una incontenibile felicità.
Eccoci qui: sporchi, sudati, distrutti. Ma gonfi di orgoglio ed euforia.

(qui c'era una foto, eliminata per motivi di privacy e di vanità su richiesta del marito A.M.)
  

Abbiamo deciso ogni piastrella, progettato ogni vite, studiato ogni dettaglio,
immaginato ogni particolare.
Abbiamo visto crescere questa casa mattone per mattone, l'abbiamo voluta a nostra immagine e somiglianza.
E, la notte di quattro anni fa ci siamo finalmente addormentati sotto questo tetto.

Oggi abbiamo festeggiato la ricorrenza  dopo un fantastico bagno in piscina,
mangiando nel nostro amatissimo portico.
Quello costantemente solcato dalla mia piccola tribù dai piedi neri.


E mi sono sentita un pò come quattro anni fa.
Stanca, sudata.
E felice.

domenica 3 ottobre 2010

Il cestino da cucito.

Uggioso pomeriggio di ottobre.
A casa ci siamo solo io e la polpetta.
Dopo aver disegnato e fatto merenda, lei si mette a giocare tranquilla,
e io decido di dedicarmi ai lavoretti di cucito che rimando da mesi, per lo più bottoni da attaccare.
 Musica rilassante, atmosfera tranquilla.

All'improvviso mi prende un nodo alla gola.
Il cestino da cucito.
Il cestino da cucito che mi ha regalato mia nonna forse 20 anni fa. Uguale al suo.
In un istante ritorno ragazzina,  e sono di fronte al suo cestino da cucito.
Siamo nel giardino della casa di campagna, sedute al tavolo di legno.
Il suo cestino da cucito trabocca di bottoni colorati, nastri, fili di tutti i colori.
Sta ultimando un bellissimo vestito per la mia Barbie, ispirato all'abito da sposa della principessa Diana.
Con le sue dita nodose e deformate dall'artrite, le unghie corte e tonde.
Mani che non si fermano mai: piegate da enormi borse della spesa, decise nell'orto, sicure in cucina, tenere sulle guance dei nipotini lontani, mio fratello ed  io.


Mi prende un'inaspettata e acuta nostalgia della sua voce, della sua presenza.
Mia nonna è stata forse la persona che mi ha viziato di più nella mia vita, assecondando ogni mia passione.


Ero golosa di dolci. Mia nonna aveva sempre una scorta di cioccolata e trovava sempre il tempo per sfornare una delle sue strepitose torte. La Kolac di ribes, la torta di pane, la torta di ricotta.


Avevo una passione per le spose. Mia nonna non mi diceva mai di no, se chiedevo di sfogliare e ritagliare le vecchie riviste di spose o di indossare l'abito da sposa di mia mamma, avvolta in una nuvola di tulle.


Ero vanitosa. Mia nonna mi comprava piccoli rossetti ed altri vezzi, come le scarpe bianche di tela con l'elastico, 
scarpe che a me sembravano "da ballerina".


Amavo disegnare. Mia nonna mi faceva trovare matite e blocchi ed io mi perdevo per ore nei miei disegni, mentre, alle mie spalle lei e mia mamma cucinavano e intrecciavano infinite chiacchiere femminili.


Ho sempre amato le feste, pur vissute in un costante nomadismo familiare. Mia nonna non mancava mai di celebrarle con piccoli riti e tradizioni. La caccia alle uova pasquali in giardino, la torta a forma di agnello, con un nastrino rosso e un campanello al collo. L'albero di Natale vero, con decorazioni antiche, e scatole piene  di profumatissimi e irresistibili biscottini natalizi di cui mi ingozzavo senza ritegno. Ho mangiato tante di quelle lunette alle mandorle, cerchi di cioccolato con la noce e cuoricini con la marmellata che quei sapori e quei profumi resteranno dentro di me per sempre. E poi regali, pacchettini colorati da scartare, sorprese.


Per un momento vorrei tornare bambina. Senza pensieri né responsabilità.
Vorrei ancora sentirmi così viziata, coccolata, protetta.


Ci sono amori che si possono capire e ricambiare fino in fondo solo nella lunga distanza,
di solito quando è troppo tardi.


Ci sono amori che sopravvivono anche alla morte. Restano assopiti da qualche parte nel tuo cuore,
e poi si riaccendono all'improvviso di fronte ad un cestino del cucito.



















domenica 5 settembre 2010

Settembre, andiamo.

Settembre, andiamo. E' tempo di migrare.



Nei miei ultimi 30 anni di vita, settembre è sempre stato un mese di rinascita, di emozioni. Di migrazioni e di cambiamenti.
Per tutti gli anni della scuola il mio settembre era segnato dalla fine della lunga noia d'agosto e dall'eccitazione dei preparativi per la scuola. Da animale profondamente sociale e da brava scolara, a scuola sono sempre tornata volentieri. Diligentemente sniffavo e ricoprivo i libri nuovi. Sverginavo il mitico diario, un facebook ante-litteram, teatro di dediche e tramini tra compagni. 
Nel periodo dell'università, subito dopo gli esami d'inizio settembre, iniziava una fitta programmazione sociale: amici, morosi, feste, palestra, corsi su corsi, dal disegno al latino americano, dal volontariato ospedaliero all'educazione alimentare. Settembre era segnato dai buoni propositi che sarebbero stati dimenticati entro Halloween: stare a dieta, studiare un pò per volta per evitare le maratone pre-esame, allenarsi di più, spendere di meno. Iniziavano gli anni più intensi ed edonisti della mia gioventù. 
Nel settembre dei miei 24 anni partii per il mio lungo soggiorno-stage in Turchia. Lasciavo a casa l'infanzia, le comodità e una madre disperata a piangere tutte le sue lacrime (con la scusa dei funerali di Lady Diana). 
Nel settembre dell'anno dopo tornai definitivamente dalla Turchia, abbandonando sul Bosforo un fidanzato turco e l'ansia di dover dimostrare qualcosa a mai madre (e al mondo). Giusto in tempo per laurearmi brillantemente e dimostrare a mio padre che fin lì non avevo (solo) cazzeggiato.
Nel settembre successivo tiravo le somme del mio primo anno di lavoro, che, grazie ai buoni guadagni e al molto tempo libero mi aveva permesso di condurre un'esistenza frenetica e sfrenata di cazzeggio gaudente (finalmente privo di sensi di colpa!), fatto di viaggi, amici, associazioni internazionali. Quel mese pensai che mi sarebbe piaciuto avere una storia seria, ma conclusi che non poteva esistere un uomo compatibile con le mie aspirazioni. Senza sapere che, di lì a pochi giorni avrei incontrato quello che sarebbe diventato l'uomo della mia vita.
Tre settembri dopo, promisi solennemente a quell'uomo di amarlo e di essergli fedele per tutta la vita. E lo feci esattamente come avevo giurato di non fare: chiesa, abito bianco, 111 invitati. Ero pazza di felicità e nulla mi pareva abbastanza per celebrare in modo trionfale il nostro amore e quello che mi sembrava un punto di arrivo.
Nel settembre di quattro anni fa, iniziai a vivere il mese del "back to school" da un nuovo punto di vista: quello della mamma. E da allora, ogni primo giorno di scuola è un pò anche il mio. Solo che non sono più l'interprete principale, ma l'attrice non protagonista. Quella che sta dietro le quinte: iscrive, scarrozza, compra, porta, partecipa, saluta, sbircia e poi si lascia alle spalle il cancello della scuola, a volte con il nodo alla gola.
Indimenticabile il groviglio di emozioni dei primi giorni di nido: il mio cucciolo uno "scolaro"! Finalmente ero LIBERA! Avevo 5 lunghissime ore senza mio figlio aggrappato addosso! Potevo tornare a lavorare un numero decente di ore! Yuppi! Ma perché, allora, piangevo lacrime copiose? Perché ogni separazione era straziante e il pensiero di "come stava" non mi abbandonava mai?  

Settembre 2010. Fa ancora caldo ma il calendario è implacabile. Sacchetti, bavagli e salviette sono pronti. 
Domani il mio bambino inizia il suo ultimo anno di scuola materna. 
Un ultimo anno di totale spensieratezza, anche se le difficoltà ci sono a tutte le età, e anche il mio ometto deve affrontare le sue. Sempre più secco e alto, sempre più arguto e assetato di esperienze e di stimoli. "Mamma, non voglio crescere" mi ha detto questa sera, il mio piccolo Peter Pan. Non ho potuto fare a meno di narrargli tutti gli infiniti privilegi di chi è grande, stendendo un pietoso velo su tutte le ben più infinite fregature. "Ma io cosa farò da grande?" mi ha chiesto. "Quello che ti renderà felice", ho risposto, proponendo una rosa di professioni prestigiose, da brava mamma. Il dottore, l'ingegnere, lo scienziato..."Io voglio essere un papà. Un papà che gioca con il suo bambino", mi ha risposto, trasmettendomi tutta la gioia di avere un padre che gli si dedica e che gioca con lui senza risparmiarsi, e tornando magicamente bambino.
Domani la mia bambina inizia il suo primo anno di asilo nido. 
Non sono più (e non sarò mai più) mamma di un bambino neonato. Basta tetta selvaggia, basta infinite giornate a sua disposizione, basta salti mortali per poter lavorare in pace, per poter fare la spesa, per poter stare da sola almeno al cesso. Dopo due lunghissimi mesi di totale dedizione estiva ai figli ho atteso questa svolta come una boccata di ossigeno. Ma, avvicinandosi la data fatidica, è successo un piccolo miracolo. La nana stalker protovelina in una settimana è come sbocciata. Ha acquistato la stazione eretta e ha iniziato a camminare, ora dopo ora sempre più sciolta. Cammina con le mani sollevate, per proteggersi dai continui capitomboli, e con una luce magica negli occhi. Lo sguardo orgoglioso di chi non si capacita di quanto è bravo, di quanto è grande. Cammina sorridendo, si nasconde dietro un muro e poi spunta fuori facendo BUH. Ride giuliva come per dire: Vedi, mamma, come sono brava? Vedi come mi diverto? Mi sembra all'improvviso più felice, più simpatica. Si sono annullati i pianti capricciosi e stizziti, va a letto senza storie, dorme senza interruzione. E, quando si sveglia non piange più, ma chiama "Mamma!" ininterrottamente finché non mi vede comparire e mi saluta con un sorriso a 10 denti. Sembra proprio pronta per spiccare il suo primo, piccolo volo. 
Dannata ambivalenza materna! Perché non posso semplicemente essere felice ed emozionata pregustandomi i cambiamenti dei prossimi giorni?  Perché se da un lato sono sollevata...dall'altro non posso fare a meno di provare inquietudine e un pò di malinconia?
Mi rimbombano in testa gli auguri dello zio Bob, che, quando diventai mamma mi scrisse:
Benvenuti nel treno dei genitori!
ATTENZIONE!  E' un treno VELOCISSIMO; non si ferma quasi mai e da' pochissimo tempo  per guardarsi indietro. Quindi non vi distraete troppo, ma guardate bene dal finestrino il paesaggio che cambia cosi' 
velocemente e senza ripetersi mai.







domenica 22 agosto 2010

Zè la panna cotta, il budino al zoccolato...

- Zè la panna cotta, il budino al zoccolato, crème caramel ol zelato.
 - Ah, grazie. Io salto.

La natura umana è proprio bizzarra.
Sei in vacanza nella splendida cornice delle Dolomiti di Brenta. Dopo una bella mattina a spasso per i
monti hai trovato la tavola apparecchiata.
Hai potuto dedicarti solo a contenere i danni prodotti dai tuoi nani a tavola perché non hai dovuto né
cucinare né servire al tavolo: c'è chi l'ha fatto per te.
E anziché godere a pieno dell'immensa goduria vacanziera...sospiri perché ogni due bocconi
uno ti va di traverso a causa dei nani, e riesci a lamentarti persino perché ogni giorno ci sono gli
stessi dolci!!
 Poi torni nell'afa e nel piattume e non resta che rivivere, in ordine sparso,  le istantanee di una bella vacanza.

-
The weather man che poi sarei io. Non so perché, ma quando divulgo io le previsioni del tempo
fallisco sempre miseramente. Stavolta le previsioni erano così funeste che ero pronta a cancellare la
vacanza o a munire l'intera famiglia di stivali, giacconi, tute da palombaro. Sono partita equipaggiata
per piogge monsoniche, ma fortunatamente l'ombrello è quasi sempre rimasto chiuso.

-
500 fotografie, 40 video, un unico tema. I monti e i verdi prati? Macché!
 I nani al parco, i nani mangiano, i nani nel lettone, i nani guardano Pooh sul mio portatile, i nani in
 funivia, i nani nel bosco, i nani al minigolf, i nani nel prato, i nani spingono il passeggino, i nani
 soffiano la candela ("bravaaaa!"), i nani al baby club, i nani col cane. Genitori e nonni?
 Attori non protagonisti e a volte comparse di una vacanza -tanto per cambiare- centrata sui bambini.

 -
La bellezza. In Trentino la natura regala scenari mozzafiato, ma l'uomo ci mette di suo.
 Dai fitti frutteti ai rifugi, dagli hotel agli impianti sportivi: tutto è curato, pulito, organizzato, ben
 presentato. Ogni davanzale è abbellito da fiori colorati, ogni finestra decorata con tendine in stile,
 ogni stanza arredata con cura, con armonia, con amore per i dettagli.

 -
I cimiteri. In Trentino anche i cimiteri sono belli e pittoreschi, soprattutto quelli accanto a deliziose chiesette affrescate e appoggiate con eleganza su dirupi scoscesi, come a segnalare il sottile confine
 tra l'oggi siamo qua e il domani chissà. "Se sapessi di poter essere sepolta in un cimitero così bello" ha annunciato la nonna D. "accetterei anche di rinunciare alla mia volontà di essere cremata".
 "Puoi sempre farti spargere in un posto così" ho puntualizzato io.
 "
Se vuoi ti spargiamo subito!" ha proposto il nonno P. guardando sorridendo la chiesina sul burrone.


 -
La cameriera Martina, detta Mortina per la "a" chiusa come una "o", e soprattutto per l'aspetto da
 scheletrino. "Da che paese viene, signorina?" le ha chiesto la nonna D. con sguardo complice della serie "solidarietà tra noi ragazze dell'Est". "Da Mezzolombordo" è stata la laconica risposta.

 -
La tecnologia. Tra noi e i nonni disponevamo di due fotocamere digitali, due cellulari, due smartphone, una console DS, tre notebook, e, fondamentale, TRE navigatori satellitari. Di quelli che alla curva a gomito ti sussurrano "Vai dritto!", e che a mezz'ora dall'arrivo, sotto un diluvio da non leggere quasi i cartelli, impazziscono e ti lasciano in preda alle vecchie, care discussioni tra pilota e navigatore: Ti dico che è di qui! Secondo me no! Chiediamo!! A chi caxxo chiediamo ora? Porca paletta, avessimo almeno una mappa...
 - Niente sesso, siamo genitori.  In vacanza con me c'erano i bambini, i miei genitori e il padre dei miei figli.
 Non ho praticamente mai incontrato mio marito. Dopo tre giorni "tutti insieme appassionatamente" ho elaborato il piano perfetto per concederci un momento di relax coniugale. Durante il sonnellino della nana, abbiamo narcotizzato il nano davanti al DS e trasferito la patria potestà nelle mani dei nonni. Ci siamo poi recati nel tanto decantato centro benessere locale, pregustandoci qualche ora di sane sudate con luci soffuse e musica new age, come antidoto alla baby dance e alle chiacchiere del pupo e della nonna logorroici.
Il programma è crollato miseramente quando il Marito Pudico ha rifiutato di accettare il Regime di Nudo Totale Integrale imposto dalla spa. Programmi romantici alternativi: nessuno.  Il resto del pomeriggio è trascorso tra minigolf, gonfiabili, e altalena, insomma il massimo del  romanticismo di coppia.

 
- I primi - per per ora ultimi- passi. La polpetta ha scelto il corridoio tappetoso dell'hotel per muovere i suoi primi passi in autonomia...Quattro, cinque passi per poi fermarsi a battersi le mani tra gridolini entusiasti... La cosa si è ripetuta tante volte, per circa mezzora. Ma il giorno dopo, esortata a ripetere la performance, ha scosso la testa e si è dedicata al suo nuovo passatempo: spingere il passeggino.
To be continued (forse).