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lunedì 6 gennaio 2014

Giudizi universali. Digitali.

Nessuno mi può giudicareeeeee, nemmeno tu!
(Caterina Caselli)


Si sa che la gente dà buoni consigli
sentendosi come Gesù nel tempio,
si sa che la gente dà buoni consigli
se non può più dare cattivo esempio.
(Fabrizio de André, Bocca di Rosa)



Chi non ha mai giudicato scagli la prima pietra.
Giudicare è il principale lo sport nazionale, altro che calcio. 
Soprattutto ora che il social judging un tempo confinato al bar ha una cassa di risonanza esagerata (e spesso inutile) nel web.

Eppure, chissà, forse mi sto avvicinando alla saggezza,
perché sempre più spesso mi trovo a pensare che giudicare sia sbagliato.
Nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, si giudica in base ai propri pre-giudizi, ovvero senza avere affatto il quadro della situazione, o le conoscenze per valutare i fatti, oppure senza avere la più pallida idea di che cosa significhi trovarsi in una certa situazione.
Non a caso chi giudica per professione, almeno in teoria, deve emettere la sua sentenza sulla base di prove, riscontri, perizie.
Più volte, negli ultimi giorni, sono stata testimone di giudizi-lapidazione.

Coro di voci nei social
Schumacher se l'è cercata, è stato irresponsabile. (Sottinteso, a volte nemmeno troppo: "gli sta bene").

Amica senza figli
Veramente non capisco perché la mia vicina urla sempre con i figli, perché li ha fatti i figli se le pesano tanto?

Amica senza figli 2

- Si può pulire la casa tutti i giorni, basta organizzarsi, fare una stanza al giorno.
Io: Per me con i figli trai piedi che mi interrompono ogni cinque minuti è molto difficile.
Amica senza figli 2:
- Basta volerlo, come trovi il tempo per aggiornare il tuo blog puoi trovare il tempo per farlo, se lo vuoi davvero.

Conoscente (con figli)
Se fossi stata io quella mamma lì della montagna sono ASSOLUTAMENTE sicura che i bambini non li avrei mollati MAI, piuttosto sarei morta congelata insieme a loro.
(Io invece non lo so, cosa farei. E mi piace pensare che sia andata proprio come immagina Lucy)

Voci sparse nei social/media:
- Che orrore augurare a Bersani di schiattare. (E vabbé, non si può non condividere).
- Che ipocrisia augurare a Bersani di riprendersi. (Perché le altre parti politiche o i suoi compagni di partito che gli hanno fatto le scarpe dovrebbero augurargli di schiattare per essere credibili?)
- Bersani è stato male perché si è stressato troppo/ha mangiato male/ha mangiato un bambino/ha detto di no ai M5S/ha ricevuto un no dai M5S/ha smacchiato il giaguaro/non ha smacchiato il giaguaro.
- Renzi visita Bersani e gli augura di rimettersi (che bravo).
- Crimi twitta la sua solidarietà a Bersani: che scarso tempismo/che banale/che sensibile/che corretto.
Sul tema degli auguri o maledizioni a Bersani sono stati versati fiumi di inchiostro, e digitati migliaia di giudizi digitali tra tweet e post sui social.
Mi permettete di GIUDICARE la faccenda con un "eccheppalletutti?".

Ma a farla da padrone in tema di giudizi universali, non può mancare qualche bravo cristiano di larghe vedute che, con molta umiltà e umanità, si faccia portavoce della Santa Inquisizione per scagliare le sue sentenze (non richieste).
I cardinali ultimamente tacciono, e persino Giovanardi pare sottotono, per non parlare di Francesco, papa che passerà alla storia, tra le altre chicche, per quel meraviglioso "Chi sono io per giudicare?" (e mi perdonino i complottisti della teoria dell'OperazioneDiMarketingVaticano, se, nel dubbio, io ho apprezzato e mi sono compiaciuta delle differenze con il predecessore).

Ma, per fortuna, è arrivata suor Paola Binetti, (quella de "l'omosessualità è una devianza") a precisare che “I figli delle coppie gay sono ragazzi feriti, non è il Mulino Bianco”.

E ora chi glielo dice all'onorevole Binetti, che persino Guido Barilla ha ammesso di aver molto imparare sul tema delle famiglie, ma, soprattutto, che al Mulino Bianco sono cambiati gli inquilini?









sabato 17 agosto 2013

Meid-in-Italì

campagna pubblicitaria D&G

Qualche giorno fa, mentre combattevo la dolce noia agostana sfogliando Vanity Fair, sono stata colpita da questa campagna pubblicitaria di D&G, gli stilisti considerati (e autocelebrati) come grandi ambasciatori del made in Italy nel mondo.

(Sì, gli stessi che recentemente hanno chiuso i negozi e imprecato via tweet perché qualcuno ha osato definirli evasori dopo una condanna per frode fiscale.
Perché si sa, i grandi contribuenti, nel nostro paese, anziché vergognarsi o scusarsi, si indignano e rinfacciano sguaiatamente tutte le tasse che hanno pagato e il bene che hanno fatto nel paese. Come se un assassino si offendesse perché quell'unica volta che ha ammazzato conta poco rispetto a tutto il resto della sua vita in cui si è comportato bene).

L'immagine ritrae, in un antico chiostro, donne curatissime, appariscenti e molto addobbate,
intente in una tipica "sceneggiata alla napoletana"...
Me le immagino lagnose, urlanti, eccessive, sguaiate, volgari nonostante i bei vestiti. 
Ma le donne italiane sono così? 
Beh, in effetti, almeno qualche celebre esemplare mi viene in mente, ahimé. 
 

E gli uomini? Eleganti, bamboccioni, comparse di poco spessore. 
"Quale sarà il messaggio che la campagna voleva trasmettere?" mi sono chiesta, senza sapermi dare una risposta. Ma l'immagine mi ha messo a disagio, mi ha fatto un pò vergognare...

Questa mattina su Facebook qualcuno dei miei amici definiva come "divertentissimo" lo spot USA per la FIAT 500L, nel quale l'auto è venduta con un optional particolare: una famiglia di italiani che vive sul sedile posteriore. 


Lo spot USA per la Fiat 500 L
Lo spot USA per la Fiat 500 L

Nello spot della 500 una coppia americana, composta e morigerata, sceglie "the most stylish car we've ever had" e finisce per scorrazzarsi una famiglia di italiani (per l'esattezza napoletani): 
madre, figlio e, parrebbe, di lui fidanzata. 
(Il maschio alfa italico ancora non pervenuto).

I tre sono maniacalmente curati nel look, ma chiassosi, sguaiati, così ignoranti da non sapere che negli USA c'è il dollaro e non l'Euro. 
Ovviamente non parlano una parola di inglese, ma ne vanno praticamente orgogliosi, sono gli americani a doversi adattare ad espresso, fettuccine, partite di calcio e urli. 

L'icona della mamma italica, poi, soffocante e petulante, 
che alleva bamboccioni e poi non vuole che se ne vadano di casa, si preoccupa solo dell'eleganza e non, ad esempio, di una improbabile inversione a U proposta dal navigatore. 
E, come risultato, il figliolo è un perfetto mentecatto fighetto, 
preoccupato delle scarpe che indosserà al matrimonio e spudoratamente fedele al mito del latin lover impenitente. 
"Vorrei accarezzare la tua morbida pelle e portarti sulla spiagga deserta e poi baciarti..." scrive il fedifrago tentatore all'americana così ingenua da cascarci (intanto lui si è già volatilizzato). 

Alla fine gli americani si "italianizzano", ovvero diventano irritanti, volgari, ma, si lascia intendere, finalmente non sono più noiosi.
Già, perché con noi italiani non ci si annoia, mentre tutti gli altri sono noiosi.

Forse sono bacchettona, ma ho trovato lo spot molto deprimente, non divertente.

Al netto di una sceneggiatura davvero scarsa e dei dialoghi insulsi, 
e fingendo di dimenticare che il gioiello del Made in Italy è, in realtà prodotto in Serbia, 
potrei rallegrarmi del fatto che lo stereotipo proposto ci risparmi allusioni a bunga bunga, mafia, pizza e mandolino. 

E, invece, mi rattrista riconoscere, nello stereotipo, molta, troppa realtà.

lunedì 26 marzo 2012

Quattro etti di marketing ai gusti misti. Con un pizzico di magia.

Cliente - Mi fa un preventivo per un corso di comunicazione con il cliente?
Pamen - Certamente!
Cliente - Mi può fare anche un'abbinata con il corso di marketing?


Caro Cliente.
Vuoi fare un corso per migliorarti e questo ti fa onore.
In otto ore vuoi che io ti spieghi due cosucce da niente, e cioé:
- tutti gli strumenti più efficaci per farsi conoscere
-come ottimizzare il budget
-come conquistare nuovi clienti
- come fidelizzarli
-come recuperare quelli persi
-come far crescere la società
-come migliorare qualità
- come migliorare il servizio
- come migliorare la comunicazione telefonica 
Ma, soprattutto, vuoi scoprire quali sono le nuove "formule di marketing”.

Formule? Qualcosa tipo BIDIBI-BODIBI-BU?


Ora capisco che tu non sai niente di marketing.
Per cui per te è normale aspettarti che io ti trasmetta in otto ore (ma se finiamo mezz'ora prima è anche meglio!)  le competenze accumulate in venti anni di studio.
Ed è ovvio che dopo il corso tutti i tuoi problemi di marketing dovranno essere risolti.
Per magia!

Però ragiona, Cliente bello. 
Chiederesti mai un corso di inglese (in otto ore!) in abbinata con il corso di francese?
Un corso di sicurezza in abbinata con il corso di pronto soccorso?
Un corso di taglio e cucito in abbinata con un corso di cucina?
Un corso di arrampicata in abbinata con un corso di tango argentino?

Lo so che non me la devo prendere. 
In fondo la tua richiesta non è la più assurda che io abbia ricevuto.
Non più del corso di marketing (in 15 ore) per venti persone di venti settori diversi.
O del corso di motivazione per i dipendenti (cioé l'imprenditore sta a casa e io magicamente gli motivo i suoi dipendenti scazzati restituendogli per magia la voglia di lavorare per lui).
O del corso di Time Management per gli addetti al customer service (cioé quei poveracci che passano 
il tempo a rispondere ai clienti, e non possono pianificarsi nemmeno cinque minuti per andare al cesso).

Però scusami, Cliente. 
Sono solo una umile formatrice. 
In miracoli mi sto ancora specializzando. 

martedì 7 febbraio 2012

Condivido ergo sum

La Piramide dei Bisogni di Maslow è veramente antica.
E non tiene conto espressamente di un bisogno fondamentale dell'uomo contemporaneo:
condividere.
Esternare a (social) media unificati.
Informare il mondo dei cavoli propri.
Affermare la propria esistenza e la propria presenza in un luogo.

Apro Twitter per conoscere le news del momento.
Tizio ci informa: I'm at Piazza Unità D'Italia http://4sq.com/bla bla
Sempronia, invece, ci rassicura: I'm at Stazione Milano Centrale (Piazza Duca d'Aosta, 1, Milano) w/ 14 others http://4sq.com/bla bla
Chissà con quanti amici e conoscenti ha avuto tempo di incontrarsi in stazione, avendo saputo 
grazie a FourSquare che anche loro erano lì.
Chissà se correndo a prendere il treno ha sbattuto il naso contro un palo mentre digitava
"Io sono al binario 12 e tu?".
Piripicchia, invece, vuole prenderci per la gola, affermando: I'm at Pasticceria Sommariva (Via Crema 25, Milan). E aggiunge anche l'indirizzo (Via Crema 25, Milan). (Nel caso in cui qualcuno non abbia voglia di correre su http://4sq.com/bla bla). Oppure voleva forse sottolineare che noi tapini siamo al  lavoro e lei invece cazzeggia beata in pasticceria?
Caio ci informa:  I just became the mayor of Caffè' Capriccio on @foursquare! http://4sq.com/bla bla 
Sono soddisfazioni. Diventare il sindaco del tuo bar preferito.
Chissà perché nessuno mai ci informa di essere diventato sindaco di un sexy shop, dell'asilo dei figli,
o del cassonetto della monnezza dell'angolo. Forse perché in questi luoghi non c'è il wifi. Ancora.

No, seriamente: ma perché metà dei tweet sono delle notifiche di geo-localizzazione?
Perché per la gente è così fondamentale far sapere a tutto il mondo dove è?
E pensano davvero che a qualcuno -che non sia la loro famiglia-  possa fregare qualcosa di dove sono e cosa fanno ogni cinque minuti?
O di come si chiamano tutti i membri della loro famiglia ( inclusi, talvolta, cane e gatto)? 


O che marca di preservativi usano?


Siamo tutti bambini in cerca di attenzione e riconoscimenti.
Pronti poi a sbottare quando i nostri figli pretendono la nostra attenzione continua, senza lasciarci tregua.
(soprattutto mentre stiamo cercando di catturare l'attenzione del resto del mondo).


E io non sono da meno, eh! 
Perché non posso proprio tenermi queste osservazioni per me, ma sento l'irresistibile impulso a condividerle dal mio personale Speakers'Corner. 
Subito!



domenica 5 febbraio 2012

Tu vuoi fare o'socialmarcheting....

...ma sei nato in Italy.

Quindi, ricapitolando.
Hai un ristorante, anzi un'osteria.
L'Osteria del X.
E un sito.
E un account Facebook.

Siccome sei furbo, non pubblichi post sulla tua fan page (come da regolamento Facebook),
ma sul tuo profilo personale
(Nome= TuoNome  Cognome= Nome dell'Osteria).
Così puoi chiedere l'amicizia a destra e manca e raggiungere quasi 5000 amici.
Ben più dei 170 "mi piace" onestamente conquistati dalla tua fan page.
Forse non sai che se Facebook ti sgama perdi tutti gli amici e ciao.
Hai fatto comparire venti milioni di annunci pubblicitari nel web negli ultimi 3 mesi.
Pubblichi a tutte le ore foto di cibo variamente saccheggiate dalla rete e spiritosaggini assortite.
Ci hai un pò sfrittellato le palle, ma anche incuriosito.

MA siccome sul tuo sito c'è una Google Map non aggiornata...
ieri sera sono finita al tuo vecchio indirizzo, dove ho trovato il portone sprangato.
E poi sono andata in un altro posto (uno che sulla fan page oggi aveva la foto del suo bellissimo
locale sotto la neve!).

Oggi alla centesima volta che mi comparivano i tuoi post ho pensato bene di avvisarti.
In cambio mi hai velatamente dato della stupida.


Perché, si sa, l'esercente ha sempre ragione.








E quando ti ho risposto per le rime, cosa hai fatto? 
Beh...
siccome la conversazione con i clienti è importante...
siccome essere social vuol dire soprattutto saper ascoltare...
siccome ogni reclamo è un gradito regalo, soprattutto dove ci segnalano dove stiamo perdendo clienti...
siccome è importante rispondere ai complimenti ma soprattutto alle critiche per essere credibili...
e siccome tu queste cose non le sai...

HAI RIMOSSO LA CONVERSAZIONE DAL TUO PROFILO!
E non mi hai più risposto.

E io ti ringrazio, perché mi hai fornito uno spunto bellissimo per i miei corsi di web marketing.
Potrai anche avere il sito, due siti, tre profili facebook.
Potrai anche fare due milioni di annunci pubblicitari.

Ma se non sai ascoltare, il cliente lo perdi.

Tu vuò fa l' americano!
mmericano! mmericanosiente a me, chi t' ho fa fa?
tu vuoi vivere alla moda, ma se bevi whisky and soda po' te sente 'e disturbà.
(Renato Carosone)

martedì 8 novembre 2011

Scusa, Erika.

Appena rientrato da scuola Ale estrae dallo zainetto i frammenti di un biglietto che ha trovato a scuola.
Lo becco tutto chino e concentrato, con la linguina tra le labbra, mentre cerca di comporre il puzzle.
Incuriosita mi avvicino.
Sarà l'ennesima caccia al tesoro tra primini?
Un messaggio nella bottiglia?
Un pizzino mafioso?
Ma niente affatto!! Mi basta captare qualche parola e scorgere il cuore sgangherato per provare un tuffo al cuore: ma è un autentico BIGLIETTINO D'AMORE!!! Quanti secoli sono passati da quando le emozioni della sottoscritta e dei suoi compagni venivano condivise con un bigliettino e non, ad esempio, con un SMS o un tweet?
Lancio un gridolino eccitato e mi scaravento a prendere lo scotch.
Ale mi guarda perplesso, mentre assorta al tavolo ad incollare i pezzi del puzzle adesso ci sono io.
- Ma cosa c'è scritto, mamma?
Eccolo qui, condivido la prova perché altrimenti non mi credereste:



SCUSA ERIKA IO NON VOLGIO OFFENDERTI E CHE SAI COME SON SIAMO FATTI NOI UOMINI MI DISPIACE MI DAI 1° SCIENS (chance? n.d.r.) POSSIBILITA 
TI AMO  TI AMO SI o NO
SCUSA!  
VOGLIO..............PUNTINI PUNTINI




OK. Se vi state rotolando dalle risate, ripigliatevi e aiutatemi a rispondere ai seguenti interrogativi che non mi lasceranno dormire stanotte.

1. Mi ami? Si. No. Annulla.
Ma così alle elementari si AMANO? Io pensavo che si piacessero, avessero delle simpatie.
Un momento! Pensandoci bene anche 31 anni fa nei corridoi della Scuola Elementare Filippo Corridoni usavamo termini come innamorarsi e amare. Che sicuramente non avevamo sentito a casa o da Alberoni, ma guardando Love Boat, Candy e Georgie. Ma se non ho potuto fare a meno di sminuire la portata delle dichiarazioni sentimentali dei seienni del nuovo secolo...questo vuol dire che non sono tanto diversa dalle mamme che ridicolizzavano i nostri Grandi Amori etichettandoli con l'orrido termine simpatie.
Insomma sono terribilmente adulta.
Grazie Erika, per avermi ricordato che i sentimenti dei bambini vanno rispettati e non irrisi.
(Ok, ho appena ammesso di aver riso per mezz'ora, poi mi sono pentita, va bene?).

2. Ma quanto paraculo può essere un giovane UOMO (!) di 8, 9 o 10 anni al massimo che scrive "sai come siamo noi uomini?.  Ha già interiorizzato la madre di tutte le scuse maschili, ovvero "sai, mi comporto da maschio perché sono solo un maschio!".
La cosa drammatica è che ha assolutamente ragione e sempre ce l'avrà. E' solo un uomo.
La cosa fantastica è che lei ha stracciato il bigliettino.
Grazie Erika, perché mi fai sperare in una nuova generazione di donne che non si fanno prendere per il naso.

3. Punti di vista.
La mia prima reazione, come avrete intuito, è stata: Brava Erika, hai fatto coriandoli delle scuse sgrammaticate di questo qua! (Così impara a scrivere "vorrei puntini puntini"! E poi, come minimo, oltre a non essersi scusato di persona, ha pure affidato il pizzino al compagno di banco. Codardo!)
La prima reazione del marito A.M., invece, è stata: "Dobbiamo trovare questo povero bambino e convincerlo a non fare più lo zerbino di questa stronza!".
Stronza? Il  mio giovane mito potrebbe essere una stronza?
Vabbé, lei magari è stronza, ma lui è un semianalfabeta. Tié. 

4. Cosa vuol dire vorrei ......puntini puntini? ????????? ???
Vorrei scambiare la merendina con te?
Vorrei stringerti la mano mentre andiamo a mensa?
Vorrei cancellare tutto e non essermi comportato male?
No...deve essere qualcosa che non si può scrivere.
Una volgare allusione! Un ammiccamento sfacciato! Forse è per questo che lei ha strappato il bigliettino?
Lo so, sono una povera illusa...

5. Sono favorevole alle intercettazioni. Ma non avrei mai creduto che potesse essere così divertente intercettare i bambini delle elementari.
Scusa Erika. 
Perché non ho potuto non trasformare i fatti tuoi in una riflessione pseudo-socio-culturale da condividere con i miei cinque o sei lettori.

lunedì 10 ottobre 2011

Gentile direttore...

finalmente il Giornale di Brescia di ieri 6.10.11 informa che le polveri sottili in provincia hanno registrato un'impennata,  in alcuni casi raddoppiando i valori considerati "di allerta". 
Allerta per la salute.
Sì, perché va ricordato (soprattutto agli ignari cittadini che si rallegrano del supplemento di estate) che
le PM10 uccidono, causando asma, infarti, ictus, tumori polmonari e molte altre patologie.
Che Brescia detiene il record italiano dei morti per tumore.
Che i tumori infantili sono in drammatico aumento in provincia.
Che la Pianura Padana è la quinta zona più inquinata al mondo.
Che l'Unione Europea ha diffidato l'Italia per l'insufficiente contenimento dello smog, aprendo procedure di infrazione che costeranno alle casse pubbliche multe salatissime (per approfondire).

A questo punto, si attenderebbero
da autorità e media suggerimenti e misure
per far fronte all'emergenza:
le combustioni e le emissioni andrebbero contenute ad ogni costo, i cittadini educati a limitare il loro impatto e a proteggersi stando il meno possibile fuori casa.
E invece il Suo giornale si limita ad accennare alle (lievi e irrilevanti) limitazioni al traffico disposte dalla Regione.
E chi ci governa? Si permette il lusso (a spese nostre) di cambiare la legge, rendendo ammissibile l'approvazione di impianti di incenerimento sotto 1MW senza valutazione di impatto ambientale!

Finalmente consapevole di tutte queste cose, mi sono unita al Comitato Civico di Bedizzole. Perché da mamma e da cittadina responsabile preoccupata del nostro futuro,
non posso più vivere nell'indifferenza e nel qualunquismo che stanno portando il nostro pianeta all'autodistruzione.
La provincia, invece di difendere attivamente la nostra salute, sta valutando la costruzione di vari impianti di incenerimento e gassificazione di pollina e di biomasse.
Esistono varie metodologie di smaltimento meno inquinanti e addirittura più efficienti energeticamente, ma il business dei finanziamenti pubblici per le cosiddette "energie rinnovabili" fa gola a molti.
Ad esempio agli allevatori, ben felici di poter aggirare la normativa nitrati e  proseguire la folle corsa verso modelli di allevamento sempre più intensivi e sempre meno sostenibili per l'ambiente.
L'impianto che vorrebbero costruire a Bedizzole oltre a minacciare la salute della popolazione, deturperebbe il paesaggio vicino al lago, brucerebbe pollina che viene per lo più da fuori, e produrrebbe pochissima energia.
(Energia di cui NON abbiamo bisogno visto che la nostra regione ne produce in misura maggiore rispetto ai consumi!).

Il 18 ottobre mi unirò alla
manifestazione di protesta indetta dal Comitato Civico di Bedizzole di fronte alla Provincia.
Perché il profitto non può sempre venire prima della vita delle persone.
Perché prevenire è meglio che curare.
Perché, se proprio vogliamo monetizzare tutto,
la salute pubblica ha un costo immenso.

Ai nostri amministratori e a chi ha il potere di informare la gente chiedo di scegliere:
continuare così oppure se dare prova di responsabilità e lungimiranza?
E, se proprio avete dei dubbi su cosa è giusto fare, fatevi un giretto nelle strapiene oncologie pediatriche.
O pensate a quante persone ammalate conoscete. Non crederete che sia solo una tragica fatalità, vero?

Grazie dell'attenzione.
Pamen, 7 ottobre 2011




Questa lettera non verrà mai pubblicata.
Perché i vecchi media vivono in modo vecchio.
Pubblicano solo quello che non disturba loro o l'establishment.
E, soprattutto, si fanno scivolare addosso l'appello alle loro responsabilità.

Abbiamo ancora bisogno di giornali così? Di politici così?
Il vaso si sta pian piano colmando.


E, prima o dopo, il vento cambierà.


venerdì 7 ottobre 2011

Steve Jobs: un mito contemporaneo





Un imprenditore viene venerato come una divinità.
Il suo brand ispira non solo fiducia ma fede. 
Perché hanno saputo fornire soluzioni, idee, risposte. 
Spesso anticipando le domande.

Uso i prodotti Apple tutti i giorni, e ogni giorno ne benedico la capacità di migliorare la qualità della mia vita e del mio lavoro.

Lavoro con gli imprenditori tutti i giorni, e vorrei tanto che, da Steve Jobs potessero imparare...
- che lavorare per passione produce risultati migliori che lavorare per i soldi,
- che orientarsi ai bisogni dell'interlocutore è la strada per soddisfare i nostri,
- che si può essere fighi e autorevoli anche col maglioncino sfigato invece del vestito firmato, 
- che non c'è leadership senza gioco di squadra,
- che la strada per il successo è lastricata di insuccessi,
- che sulla strada per il successo non deve necessariamente esserci la gnocca (ogni riferimento al nostro presidente del consiglio è puramente voluto),
- che aver fatto qualcosa di meraviglioso è più importante che essere l'uomo più ricco del cimitero.





Non è vero che "non ce l'ha fatta".
Ce l'ha fatta, eccome. 

Thank you, mr. Jobs. 
May your spirit live in all your fans all over the world.




domenica 25 settembre 2011

Ti posso stickerare? Cronaca di un meeting molto mammesco e abbastanza marketing.

24 settembre, Milano. 
Il MomCamp è un raduno nazionale di mamme blogger, ma è anche una festa, una fiera, una scampagnata, un ritrovo pieno di colore e di energie positive. 
Il mio divertimento inizia durante il viaggio, condiviso con Chiara ed Enrica tra mille chiacchiere e qualche gossip.



TETTE & STICKERS
Le Camper Moms arrivano alla spicciolata e subito dopo la registrazione iniziano a scrutare le tette delle altre alla ricerca di nomi noti.
Si perché qui il badge è sostituito da uno sticker identificativo che la quasi totalità delle mamme presenti si è attaccata al petto.
E non fai in tempo a salutare Chiara, la mitica Wonderland di Machedavvero, che ti chiede dolcemente: "Che ti posso stickerare?",
attaccandoti sulla spalla l'adesivo promozionale di Mums up, il nuovissimo sito di recensioni mammesche, la sua nuova avventura imprenditoriale.
Ma Chiara è in buona compagnia: oltre agli sponsor che presentano i loro prodotti, numerose sono le donne che hanno approfittato dell'occasione per promuovere blog, iniziative, corsi, libri. E così, già all'arrivo, le due bellissime shopper omaggio si riempiono di flyer, volantini, adesivi, cartoline, gadget. Menzione speciale meritano i deliziosi segnalibri pubblicitari per ChiaradinomeThe Queen Father!




CARRAMBA!
- Ma sei Stefania!!! Ciaaaaaaooooo!
- Eccovi quaaaa, cercavo la bionda e la mora...
Ad ogni angolo ci sono donne che si riconoscono, si abbracciano, iniziano a parlare e ridere.
Il primo obiettivo della camper-mom, in modo particolare se neofita, è collegare le facce ad un nome. 
Le amicizie in rete non sono affatto "virtuali", semplicemente non sono "fisiche".
Di una blogger che segui o con cui discuti su facebook, puoi conoscere anche dettagli molto intimi, ma non necessariamente sai che 
faccia ha. E questo è un altro aspetto rivoluzionario della rete.
Nel web c'è spazio per tutte: belle e bruttine, giovani e stagionate, magre e robuste. 
Quel che conta sono le idee, il carisma, la voglia di fare, non le misure.
E scusate se è poco in questi tempi di escort, mignottocrazia, e donne sempre più ridotte ad oggetto nelle gerarchie sociali, aziendali e culturali.


MULTIMEDIA E MULTITASKING
Durante gli speech le mamme presenti ascoltano, prendono appunti sull'iPad, chiacchierano, allattano, twittano con le altre a due file di distanza, gestiscono le famiglie a distanza. 
Sì, perché alcune sono cui con figli e mariti, impegnati in uno strepitoso programma di attività sportive e ludiche. Altre, invece, vengono tempestate di chiamate a distanza dai mariti: "La bimba non riesce a fare la cacca e piange da un'ora? Ti faccio portare un clisterino...".  
Conforta sapere che presto sarà pronta SaveTheMom, una app che promette di condividere con i babbi il know how e la pianificazione materne, il vero viatico per la parità. Scherzando con l'ideatrice del progetto e la sua project manager, le bresciane Sara e Milo, butto lì che il pay off perfetto per il prodotto potrebbe essere "basta alibi: i mariti non potranno più dire di non sapere".
Per fortuna che a "Vivere semplice" ci insegna Sabrina, che, con tre figli ed un lavoro ha deciso che scegliere le priorità è meglio che cercare di fare tutto. Sicuramente la seguirò con attenzione sul blog e sulle pagine di Kids.




OLTRE ALLA CACCA C'E' DI PIU'.
Vi ricordate la canzone? "Siamo donne, oltre le gambe c'è di più".
Ora, leggenda vuole che le mamme tra loro parlino solo di cacche e pannolini. 
Ma quando mai? Se escludiamo le comunicazioni di ordine tecnico-logistico con le famiglie, io ho sentito parlare di progetti, di lancio di start up, di piani editoriali, di eventi, di app, di formazione, di piani editoriali. 
Quelle che il Corriere  dipinge un pò come sfigate ex-precarie, padroneggiano le tecnologie dell'informazione e le lingue straniere, twittano alla velocità della luce, dissertano delle differenze tra facebook e google+, hanno idee lucidissime sul mercato e sulla politica.
Le aziende, i media, gli sponsor ancora faticano ad afferrare il fenomeno. 
Per non dire che non hanno capito niente.

Le aziende guidate da vecchi obsoleti che non saprebbero sostenere mezza conversazione con queste giovani donne agguerrite. E però le hanno sbattute fuori dal mondo del lavoro, tenendosi magari degli incapaci con i testicoli, per evitare i costi delle maternità (e senza avere idea di  quanto questo costerà a loro e a noi tutti).
I media che, nel ridicolo tentativo di riaffermare il primato di TV e carta stampata, non perdono occasione per ridicolizzare chi in rete
vive, impara, conosce, lavora, ama, cresce. E non sa più che farsene dei mass media, perché i social media sono molto meglio.
Gli sponsor, che pur avendo fiutato con interesse questo target di opinion leader al femminile, fanno fatica a passare dal monologo al dialogo.
Un esempio? La prima delle presentazioni è proprio a cura dello sponsor, una nuova crema dolce spalmabile. La relatrice è capace, ma sbaglia completamente il taglio: che c'entra la merenda con il futuro delle mamme on-line? E chissenefrega della merenda, oggi?



WEB ADDICTED
E infatti la relatrice successiva, in arte Mammafelice, viene accolta con un'ovazione al suo esordio: "Mi chiamo Barbara, ho 35 anni e da 1,5 ore non mi collego a internet". 
Già, perché la rete da dipendenza.
Molte ammettono di essere drogate di Internet, ma nessuna intende disintossicarsi. Tutte le relatrici descrivono il web come uno strumento di incontro, di acquisizione di competenze, di realizzazione. Emblematica, ad esempio, la storia di Serena, di Genitoricrescono,
ricercatore di fisica disoccupato che, in Svezia, si è reinventata come esperta di web communication.
Certo, alla ventesima relazione, la storia "dopo il parto mi sentivo disperata e il web...bla bla" esce un pò dagli occhi. 
Vero, verissimo, lo abbiamo provato praticamente tutte, però non tutti gli interventi brillavano per idee straordinarie ed originali.
E allora niente di meglio che aspettare la merenda al desk di accoglienza parlando con Francesca, vecchia amicizia AEGEE, adesso esperta di comunicazione e di social media.
Si è fatto tardi, ma come resistere alle crepes ripiene della famosa crema di formaggio cioccolatoso? 


Non c'è malinconia nel salutare le nuove e vecchie amiche: perché ci saranno altre occasioni, e, soprattutto, sappiamo bene che la rete annulla le distanze.
E a volte, paradossalmente, si condivide più quotidianità con chi ti fa compagnia sul monitor che con gli amici "reali", così difficili da sentire e frequentare nei sincopati ritmi attuali.

Ma torno a casa arricchita di mille spunti, sorrisi, idee, indirizzi di siti e blog da scoprire.
In attesa del prossimo MomCamp!



PS A Iolanda va un enorme ringraziamento per essere stata l'anima della festa, e per l'eccellente organizzazione!

mercoledì 6 ottobre 2010

La NON comunicazione e le mamme blogger

Quando frequentavo gli autobus cittadini, assistevo, quotidianamente,
a degli esempi fantastici di NON comunicazione.
Vecchietta A: - Buongiorno signora, come sta?
Vecchietta B: - Ah male! Col mio solito mal di schie...
Vecchietta A: - Ah, guardi, non me ne parli!!!! A me hanno trovato TRE erine al disco, e poi ho il POLISTIROLO alto, e poi BLA BLA BLA (seguiva elenco di 25 disavventure tremende, acciacchi, ingiustizie subite dal sistema sanitario nazionale, problemi, negatività assortite).

Schematizzando:
B: io io io
A: io io io
In teoria comunicazione (dal latino cum = con, e munire = legare, costruire e dal latino communico = mettere in comune, far partecipe) non è mera trasmissione di informazioni, ma interrelazione, influenzamento reciproco, partecipazione, dialogo.

Nella prassi quotidiana,  comunicare equivale spesso a estrinsecare le proprie emozioni, esperienze e idee
vomitandole sul prossimo.
In particolare nella comunicazione femminile, la comunicazione assolve alla funzione di alleggerimento 
dei propri fardelli interiori, che vengono ribaltati - sotto forma per lo più di lamento- su qualcun altro: amiche, madri, lettrici di blog, il social network, il marito.
Niente paura per questi soggetti: nella maggior parte dei casi sono addestrati e impermeabili,
e reagiscono rendendo pan per focaccia. Niente dialogo, ma due o più monologhi.
(Quando il soggetto coinvolto nell'esternazione delle lamentele è il marito esistono diverse controindicazioni, ma questo è un altro discorso.)

Le mamme blogger non fanno eccezione.
Salvo qualche sporadico tentativo di coinvolgere il proprio pubblico
con dei pericolosi tentativi di sondaggio ("Voi che ne pensate?", immancabilmente seguiti da una valanga di commenti che finiscono fuori tema dopo il terzo intervento), la maggior parte delle blogger 
(me compresa), esterna dal suo Speaker's corner, senza troppo curarsi di  interagire o interessare l'audience. 
Ma, d'altra parte, l'audience, di solito apprezza la blogger di riferimento soprattutto nella misura in cui si identifica o rispecchia nelle sue avventure e disavventure. Per cui, i commenti, lungi da essere degli interessanti contributi alla discussione, finiscono spesso per essere un coro belante di "Io".
Proprio come i bambini dell'asilo: ("Guarda io che bravo! Guarda io che bua grossa!").

Perché per affermare la nostra esistenza sulla terra dobbiamo assicurarci di godere di sufficienti dosi di altrui attenzione. Abbiamo bisogno di essere ascoltati, capiti, compatiti come dell'aria e dell'acqua.

Ad esempio.
Una mamma sul blog o su un forum racconta che la figlia ha 42 di febbre, tosse, focolai di broncopolmonite e il cagotto per i troppi farmaci. Cosa risponderanno in coro le lettrici?
- Mi dispiace, auguri?
- Un abbraccio solidale?
Macché.
-Ah, guarda, Matteo stamattina febbre a 38.6, con tosse, tosse, tosse: domani dal pediatra di corsa.