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domenica 22 luglio 2012

Di rientri dalle ferie geneticamente immodificabili.

Il rientro dalle ferie visto da lui: Toglie le bici da porta pacchi.
Estrae i bagagli dall'auto (e li pianta lì).
Si gingilla mezz'ora nell'arduo dilemma: tagliare il prato o no? (Appena decide che ce la può fare inizia a piovere). 
Si fa un bel bagno rilassante. 
Scavalca una valigia per non inciampare.
Si prepara e si beve un bel caffè.
Sceglie un paio di film per il bambino.
Appena la figlia si sveglia la parcheggia dalla nonna.
Mette nel suo cassetto un paio di mutande e quattro calzini puliti.
Scarica tutte le fotografie delle vacanze sul PC.
Apre la corrispondenza e abbandona le buste sventrate sul tavolo. 
Aiuta a portare su la spesa e poi si dilegua.
Trascorre quarantacinque minuti a costruire una torre con i legnetti Kapla insieme al primogenito
Inizia guardare "Cast Away" in inglese con il figlio, con traduzione simultanea (tanto ci sono dieci minuti di dialoghi in tutto il film) spiegazione dei passaggi difficili.
Viene a cena canticchiando felice: è bello essere nuovamente a casa!!


Il rientro dalle ferie visto da lei:
Apre i bagagli ed effettua una raccolta differenziata dei rifiuti vestiti: da smerdare lavaggio intensivo, mediamente puzzolenti  lavaggio delicato, passabili da riporre nell'armadio (anzi in quattro diversi armadi in quattro diverse stanze).
Fa partire la prima lavatrice e constata che restano ancora 4 metri cubi di biancheria di lavare e stirare: occhio e croce ne avrà per dieci giorni, e potrà fare una lavatrice per ogni colore dell'arcobaleno senza paura di non raggiungere il pieno carico. Che casalinga fortunata, potrà anche risparmiare sui foglietti acchiappa-colore!
Svuota borse, borsine, borsette e ripone 275 oggetti nei loro posti.
Fa il bagno alla figlia.
Mette a dormire la figlia.
Interrompe tre volte una doccia furtiva per accorrere ai capricci della suddetta figlia. 
Si infila il primo straccio che trova, arriva all'ipermercato e procura una tonnellata di spesa (e riesce anche a comprarsi una gonna ai saldi).
Mette a posto una tonnellata di spesa (nel frattempo, per unire l'utile al dilettevole, telefonata fiume con la mamma e aggiornamento gossip). 
Stende la prima lavatrice e fa partire la seconda. 
Approfittando di un attimo di pace in casa accende il PC, fa capolino su Facebook, processa 450 email e risponde alle più urgenti.
Inizia mentalmente a comporre l'incastro di emergenza: eh, sì, perché nelle prossime due settimane
dovrà lavorare tantissimo per chiudere due progetti, ma questo non la solleverà dal management domestico, inclusi gli extra post- rientro e le due tenere creature in vacanza ancora per uhm...cinquanta giorni? 
Aiuta la piccola a tirare fuori i suoi giocattoli, e un minuto di distrazione è fatale per constatare che TUTTI i giocattoli sono stati gioiosamente disposti sul pavimento.
Stende la seconda lavatrice (non prima di aver tolto i primi panni già asciutti), constata che il carico di roba da lavare è giù aumentato. Smadonnna e carica la terza lavatrice. 
Ripensa languidamente ai lunghi bagni in mare e ai lussi della vacanza, come le ore di lettura solitaria in pineta, in cui ha divorato quattro romanzi, cinque riviste e due racconti. 
Ripone i panni già asciutti.
Va a vedere la torre Kapla del primogenito complimentandosi vivamente per la bellissima opera.
Prepara la cena sana, dieteticamente bilanciata e differenziata in due menù (menù 1: "in crescita e schizzinosi" e menù 2 "ciccioni e neo-salutisti").
Scarica la terza lavatrice e constata che non sa dove stendere la quarta, ma la fa partire lo stesso. 
Apparecchia, pensando che stasera dovrà iniziare a lavorare. 
Serve la cena pensando che è già stanca e che non vede l'ora di non sa bene cosa, dato che la prossima vacanza è una meta troppo lontana.
Inizia a sparecchiare e ricorda che, secondo il dott. Grey, autore di "Gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere" le donne devono condividere le proprie frustrazioni  emozioni per produrre ossitocina e ridurre lo stress. 
Scrive il suo post di getto producendo un sacco di ossitocina nonostante la piccola sulle ginocchia che guarda "Pingu" sullo stesso monitor e, in contemporanea, si toglie le mutande e spaciuga con un burro cacao trovato in giro (precoci segnali di multitasking compulsivo).

E, infine, maledice il suo patrimonio genetico che la rende schiava (di senso del dovere, responsabilità e abilità multiple e contemporanee) e invidia la semplicità strutturale del suo compagno, geneticamente predisposto ad affrontare, con molta calma, un solo problema alla volta. 
O anche nessuno.

lunedì 28 maggio 2012

Vamos a bailar.

Tangueri. O Tanghéri. A me questa parola ricorda "bischeri". E anche al mio amico Enrico, che, prima del saggio, mi ha scritto: "In bocca al lupo tangheri! Ops, sara' per caso offensivo...?"
Invece i ballerini di tango si autodefiniscono proprio così.

Tutto è incominciato la scorsa estate, quando è arrivata la pubblicità di una nuova scuola di ballo, proprio dietro casa.
- Hei, marito A.M., ci iscriviamo ad un corso di tango argentin...
- SIII!!!
Avevamo solo una vaga idea di che cosa si trattasse. Un ballo sensuale, ok. Ma, poi, soprattutto, un momento tutto per noi, senza figli, senza impegni, senza operatività.
Puro svago, in un periodo tanto denso di pensieri e responsabilità. Ok. Aggiudicato.

Settembre. La prima lezione. 
Mi presento con le ballerine.
Io vivo staccata perché non solo i tacchi sono incompatibili con le mie ginocchia scassate  e con la mia vita, e niente mi ha mai sufficientemente motivato a soffrire barcollando su due stecchini.
Non sono mai stata abbastanza masochista né desiderosa di sedurre. 
E bisogna essere comodi per ballare, no? No.
Il tango è seduzione, languore. E dolore.
Quindi la dama balla su stiletti da minimo 8 cm.
La prima camminata dallo spogliatoio alla classe dondolando incerta sulle mie nuovissime scarpe da ballo è per me una conquista.
Nei primi passi siamo impacciati e rigidi, e ben presto apprendo la regola numero uno del tango: l'uomo guida, la donna segue.
Ardua impresa per me, spacamaroni perfezionista e control freak, da sempre abituata a prendere (e tenere) l'iniziativa.
Lasciarmi guidare, delegare il controllo, assecondare il mio compagno: capite perché per me il tango argentino rappresenta un vero e proprio choc culturale?
I maestri sono simpatici (non abbiamo la più pallida idea che si tratti dei campioni del mondo in carica!),
il gruppo un pò un'armata brancaleone di gente che sembra non avere niente in comune.
Ci piacerà questa cosa del tango? Bah, vedremo. Al massimo dopo il primo trimestre molleremo e ciao.


Ottobre. La prima milonga. 
Dopo una manciata di lezioni, il Venerabile Maestro Riccardo ci invita ad una serata in Milonga. Vale a dire una sala da ballo adibita per il tango. Ci serve per capire come funziona, per annusare lo spirito e, magari iniziare a solcare la pista.
Arriviamo timidi, con le scarpette da ballo nel sacchettino e col vestito carino. Carino?
Ci sembrava un dress code abbastanza "fancy" e invece ci rendiamo conto di essere assolutamente sottotono di fronte al panorama umano che ci si para davanti. Un trionfo di glitter, cristalli swarovski, piume, calze a rete. Vegliarde truccate come trans con spacco inguinale. Sciantose panterate che volteggiano su tacchi vertiginosi. Nonni impomatati con baffetto e frac di ordinanza. O almeno una giacchettina di pailettes. Roba che il gay pride è una mesta cerimonia in confronto.
Un flash-back mi riporta a quando, da bambina restavo incantata davanti alle esibizioni di piccoli ballerini di liscio trasmesse da una televisione locale. I miei coetanei, danzavano seri e compunti come adultini, con costumi vistosissimi e scarpette argentate. Da un lato li trovavo terribilmente kitch e un pò ridicoli, dall'altro li ammiravo per la loro bravura.
Tornando alla Milonga, la cosa più strabiliante è l'agilità e la scioltezza con cui i vecchietti si dimenano: espressione concentrata e passionale, affondi, casquet, girandole e saltelli.
Ci rendiamo conto che i veri vecchietti siamo noi, e che questa gente si sta divertendo da morire, e trasuda passione e carica vitale.
Restiamo in pista con il nostro passo base sfigato giusto il tempo di farci falciare dall'impazzita giostra dei cavalli scalpitanti.
Se non sei veloce a toglierti di mezzo vieni infilzato da stiletti, sgomitato e scalciato dalla foga dei milonguéri esperti ed esaltati.
Eppure l'esperienza non ci demotiva. Anzi, per la nostra vecchiaia, ci sembra una prospettiva più interessante del circolo di bridge. 
E poi, che diamine, non saranno mica tutti ultrasessantenni!
In ogni caso, di questo passo, ci metteremo vent'anni a raggiungere il loro livello,
quindi siamo perfettamente in tempo. Avanti tutta!

Novembre. Il primo abbraccio.
E giunge il momento di accorciare le distanze. 
Siamo maturi perché il ballerino cinga la dama in un abbraccio passionale. 
Seno contro petto, guancia contro guancia, una intimità fisica inaspettatamente imbarazzante persino per due sposi di lunga data.  Come si fa a ballare in modalità "gemelli siamesi"? Eppure dopo un pò ci rilassiamo e riusciamo a muoverci all'unisono un solo battito cardiaco. Wow! Che sensazione!
Mi lascio finalmente andare, e inizio a godermi la musica e il movimento lento e sensuale.
La carica erotica di questo ballo inizia a contagiarci.

Dicembre. Sedotti. 
Dopo le lezioni ci gustiamo decine di video, ammirando l'eleganza e la passionalità dei veri ballerini
e persino performance poco tecniche e molto sexy come quella di Richard Gere e Jennifer Lopez nel film Shall we Dance.
Marzo. La classe non è acqua. 
Con l'armata brancaleone male assortita dei nostri compagni di classe iniziamo a divertirci un sacco.
Dopo le vacanze di Natale i meno motivati hanno mollato: il gruppo è ora consolidato.
Durante le lezioni sono scherzi e battute. Finalmente ci ricordiamo i loro nomi.
Si esce a cena insieme e poi si va a ballare. 
In una di queste sortite mi storto una caviglia sul pavimento sconnesso di una milonga improvvisata. L'inconveniente mi tiene ferma varie settimane. 
Il mio rientro coincide con una bella serata di gruppo, in cui ci conosciamo meglio.
Scopro anche che Riccardo, il nostro maestro, balla dall'infanzia ed era uno dei bambini della famosa scuola di ballo Lady Lidia che si esibivano in tv e che io rimanevo incantata a guardare.

Aprile. Il conto alla rovescia.
Fino ad ora abbiamo scherzato. Ma a fine maggio ci sarà il saggio!
Le lezioni cessano di essere rilassate e un pò goliardiche. Abbiamo pochi incontri per
imparare una sequenza complessa che balleremo all'unisono sul palcoscenico di un vero teatro.
Proviamo e riproviamo, registriamo video da studiare a casa, ascoltiamo il brano fino allo sfinimento.
Ci incontriamo per ripassare, emozionati come studenti alla vigilia degli esami.
Il marito A.M. mi scrive messaggini tragicomici per ricordarmi i passi:
"Passettini in avanti, due giri indietro, ti giro, saltino, parata, ocho, giro passetti, ocho indietro, parada sandwitch, ti sollevo, vado indietro di due e torno avanti di due, ocho indietro, ocho con giro destra, il tuo giro con calcetti in mezzo, ti giro, ti porto alla mia sinistra, tu fai il fiocchetto, inciampiamo, crolliamo sotto il palco, pubblico applaude, arriva la barella".

Maggio. Il debutto. 
A tre settimane dalla grande data dobbiamo ancora imparare metà delle figure, balliamo in modo asincrono e scombinato e riteniamo assai elevata la probabilità di figuracce, tanto che Riccardo ci convoca per una lezione straordinaria.
Alla vigilia finalmente abbiamo imparato la sequenza ma ad ogni prova facciamo un nuovo errore, persino sui passi più facili.
Il tacco continua a incastrarsi nella coda del costume di scena, che viene tagliata a più riprese.

27 maggio. Il grande giorno è arrivato e siamo carichi come molle. 
Trucco, parrucco, pedicure delle grandi occasioni. Gli ultimi scherzi fuori dal teatro. 

Il mio talismano? Le prime vere scarpe da tango, colpo di fulmine tra decine di modelli provati nel negozio specializzato. Tacco 9, mica pizza e fichi!


Dietro le quinte è un brulicare di voci eccitate, un formicaio variopinto e nervoso che si cambia forcine, rossetti, consigli.
Un nugolo di ballerinette rosa, i ragazzini dell'hip hop, le signore del liscio, le tettone della danza del ventre, i cubanos rumba & rum.

Nei camerini c'è chi balbetta, chi si mette a piangere, chi si accorge che la camicia che ha preso dall'armadio non è nera ma blu. 
Ai giovani di oggi verrebbe in mente Amici. Io che ero giovane negli anni '80 risento l'indimenticabile sigla di Fame- Saranno Famosi.

"Voi volete successo, fama...ma queste cose costano. Ed e' esattamente qui che si inizia a pagare: col sudore".

Noi non avremo né successo né fama, perché siamo solo dilettanti allo sbaraglio, in compenso la prova del palcoscenico fa sudare tutti, persino i maestri. 
Siamo i terzi in scaletta. Dietro il sipario ci teniamo per mano e respiriamo profondamente. 
Pronti? Via! A luci spente sgattaioliamo sul palco e ci mettiamo in posa. PUF! Le luci di scena ci abbagliano. 
Le prime note ci rimbombano nelle orecchie e, all'improvviso, l'adrenalina lascia spazio all'euforia. 
Mi gusto ogni passo, riesco persino a sorridere. Noto con disappunto che qualche coppia è disallineata. Oh mierda, ho sbagliato il saltino! Ah, ok, ho recuperato subito il ritmo. Ta-tam. 
L'ultimo affondo e, con uno scatto, ci guardiamo negli occhi. 
Uno scroscio di applausi...Impossibile trattenere un gran sorriso di pura gioia!

Non ci resta che raggiungere il buio della sala e goderci l'esibizione degli altri allievi e dei nostri maestri, restando a bocca aperta per l'ammirazione. Campioni mica per niente! 

Non ci sono dubbi: l'avventura continua!

martedì 23 novembre 2010

OUT OF BLOG. Prima puntata: Il benessere è un concetto relativo.

ANTEFATTO
Venerdì mattina. 
Tutto pronto per il primo weekend romantico da TRE anni a questa parte. 
Già rimandato una volta per il mio colpo della strega. Poi c'è stata la febbre della piccola. Poi la mia laringite con antibiotico. 
Questa volta che può succedere peggio del diluvio universale annunciato dalle previsioni?
Beh, per esempio che il figlio grande si svegli lamentando che dal bellissimo tetto fatto "a regola d'arte"...cada la goccia. Sì, piove in casa. Una casa di 3 anni. 
Cosa c'è di meglio, per iniziare il week end che attendere impazienti il sopralluogo del muratore?

SABATO MATTINA
Il mitico muratore di fiducia ha sistemato il tetto in tempo.
Siamo per strada. Io e lui. L'uomo della mia vita.
Nei seggiolini nessun minorenne urlante.
Dall'autoradio non arrivano le note di Barbapapà, 
ma "Con te partirò" di Bocelli, che cantiamo a gran voce.

Ho lasciato la macchina fotografica a casa, su richiesta del marito.
"Tanto pioverà tutto il tempo, e poi almeno ti godi le cose".
Ma poco dopo Affi sono già pentita. 
Le nubi sono alte e i colori dell'autunno sono magnifici. 
Gialli, marroni bruciati, boschi punteggiati di arancio. In alto la neve delle montagne,
qualche castello arroccato....mi sfogo con la limitatissima fotocamera integrata nell'iPhone.




La nostra meta è Merano, Alto Adige. 
Anzi, per essere precisi, abbiamo deciso di trascorrere buona parte della giornata alle Terme, 
crogiolandoci tra piscine di acqua termale e centro benessere.
D'altra parte negli ultimi anni sembra che un week end romantico non possa prescindere da un centro benessere.
Ce la farà il mio pudico marito a aggirare la prescrizione di nudo integrale facendosi il gonnellino con l'asciugamano?

Intanto parliamo. Senza essere interrotti.
Parliamo di telefoni, massoneria, figli, storia, fotografia, progetti, ricordi.
Lui fa le sue cose da ingegnere, come misurare
l'altitudine con il GPS del telefono per "valutare la vicinanza allo zero termico".
(Se pensate che sia strano non vi ho raccontato di quando chiedeva la conducibilità termica delle pentole
alla commessa della lista nozze. O quando andava in giro per i mall americani con la bussola in mano).

Comunque, dicevo. Chiacchieriamo leggeri, euforici.
E' come essere in gita scolastica. Di più. E' come essere usciti dal carcere e respirare nuovamente
la libertà. 
E, parlando parlando, superiamo clamorosamente l'uscita di Bolzano, e ce ne accorgiamo QUARANTA km dopo, ormai
nei pressi di Bressanone. 

Bressanone! Meta di varie settimane bianche e del nostro ultimo week end dell'era pre-figli.
Sei anni fa. Io, lui e il pancione Ma certo: andiamo a Bressanone! 
Giusto il tempo di un panino. Le terme possono attendere.




Alla vigilia dell'apertura dei famigerati Mercatini di Natale, nella stupenda Brixen si respira un'aria da "quiete prima della tempesta".
Fervono i preparativi in piazza Duomo, ma la maggior parte degli esercizi è chiusa. Libera dalle solite orde di turisti e sciatori la città
è ancora più vera, più intensa e incantevole. Con scorci magici, che ricordano in modo struggente la mia Praga.
Siamo partiti da un paio di ore, ma siamo già in vacanza. Anzi, siamo proprio all'estero, si può dire!






Giusto un panino, avevamo detto. 
Ed eccoci qui, al Fink Gasthof , immersi in un tripudio di odori e sapori tirolesi.
Una tentazione unica per il palato, a cui non ci sottraiamo. Affettati, formaggi, canederli.
Ci alziamo appanzati come dopo il pranzo di Natale. Le terme devono per forza attendere.




E allora possiamo anche fermarci da Lidl a prendere il Calendario dell'Avvento per i bambini, per scoprire che in Sud Tirolo anche le cassiere del Lidl sono bionde e gentili.
E poi, piano piano, avviarci verso la nostra meta originaria. 

Quando arriviamo Merano è avvolta da una pioggia talmente sottile da essere quasi impercettibile. E passeggiando lungo il fiume Passirio abbiamo finalmente il coraggio
di ammettere che non abbiamo alcuna voglia di chiuderci alle Terme. Cosa saranno mai due gocce quando sotto l'ombrello non devi trascinare passeggini o bambini recalcitranti?

Merano è maestosa, elegante, ancora memore dei fasti dell'impero austro-ungarico. Anzi, sembra proprio di essere in Austria. 
Per esempio perché qui la maggior parte dei negozi sono chiusi il sabato pomeriggio. 
Fa eccezione una elegante libreria, verso cui ci dirigiamo per scoprire che i libri italiani sono venduti in un'ala separata, come qualcosa di originale e poco richiesto. 
E' fantastico sentirsi parte di una minoranza linguistica nel proprio paese!
E ancora più fantastico tuffarsi in un assortimento impressionante di pantofole tirolesi in lana cotta,
da sempre una delle mie passioni!




E' solo nel tardo pomeriggio che arriviamo all'Hotel Edelweiss, a Parcines.
Nella stupenda camera arredata con legno di melo ripensiamo alla squallidissima e sporca doppia occupata nella precedente fuga a due, a Parigi. Dopo 8 anni di matrimonio il confort del talamo coniugale è diventato condizione imprescindibile dell'atmosfera romantica, anche solo per una notte. Sono lontani i tempi in cui anche un materasso in terra  con sopra il cellophane era l'ambientazione perfetta per fare frizzi e lazzi: siamo diventati più vecchi e più fighetti, inutile.
Inoltre, pur stranamente kids-free, non possiamo trattenerci dall'andare a curiosare la sala-giochi per i bambini, apprezzando i servizi a loro dedicati.
Decisamente le nostre priorità sono cambiate! 

Ed eccoci, finalmente, al centro benessere. Se no che week end-benessere è?
Dopo una bella nuotata nella piscina riscaldata ci sottoponiamo alla tortura del bagno turco.
Resistiamo all'insopportabile caldo-umido per un quarto d'ora spruzzandoci acqua fredda addosso.
Ma è solo nella sauna finlandese, nell'ustionarmi le chiappe sulla panca di legno infuocata che improvvisamente,
ho un'illuminazione. Cosa ci faccio qua dentro con tutti questi estranei seminudi e impettiti come in un ascensore? La tettona, il cumenda con il sedere brufoloso...Tutti seri a sbuffare e soffrire in silenzio. 
Il mio organismo non sarà purificato, e il mio sistema cardiocircolatorio sarà privato della benefica sferzata degli sbalzi di temperatura, ma io mi rilasso di più stravaccata nell'area relax.

Il vero benessere inizia, quando, dopo una doccia rigenerante, ci concediamo una 
superba cena tipica nella magnifica sala decorata in legno con una Stube (stufa di maiolica) vecchia 300 anni. Che godimento!!
Appagati i sensi, cerchiamo di agevolare la digestione con una passeggiata notturna. Ma è tutto inesorabilmente chiuso, e la pioggia e il freddo ci convincono a rientrare nel tepore dell'albergo. 

Dove mi aspetta una fantastica sorpresa. A 19 mesi dalla nascita della nostra  secondogenita, 
mio marito ha deciso di farmi un regalo importante: uno stupendo anello con cui ringraziarmi per 
la fatica e l'impegno che mi sono accollata per procreare e per curare al meglio la nostra famiglia. Cinque luminosissimi brillanti per simboleggiare noi quattro e la nostra amata casa, costruita insieme con tanto impegno e tanto amore.
WOW! 
Inutile dire che, sotto questi auspici, la serata si conclude all'insegna del...benessere di coppia!!!



La mattina successiva, dopo un sonno ininterrotto e davvero rigenerante sotto il piumone,
è bello aprire la finestra e vedersi circondati da imponentissime vette innevate...
Ovviamente il wellness prosegue al buffet della colazione, che non delude.

A questo punto potremmo recarci, finalmente, alle Terme di Merano.
Ma chi ha voglia di pagare un salato biglietto di ingresso per infilarsi un costume umido 
e immergersi nella folla dei bagnanti? In questo momento niente appare più lontano dalla nostra idea di relax!
E così decidiamo di concludere il nostro week end nel delizioso comune di Pergine Valsugana con una missione: procurarci leccornie tipiche per poter organizzare al più presto una cena trentina con gli amici!
Qual miglior modo di prolungare il...benessere?

E a questo punto, raggiunto il nostro obiettivo e data la pioggia battente, nulla ci ispira di più che correre dai nostri mostricciatoli.
E' stato bellissimo respirare per 48 ore, ma ormai la nostalgia ci attanaglia. 
Eh sì, i figli sono una droga da cui è davvero difficile disintossicarsi. E niente come un pò di sano distacco ti fa apprezzare il miglior centro benessere del mondo: la tua casa, i tuoi bambini rumorosi da stringere ed annusare. 
E un paio di calde pantofole di lana cotta tirolese.