Due morti in famiglia in 20 giorni. In due paesi stranieri.
La mamma in America.
Il marito trasloca l'ufficio.
La collaboratrice domestica in malattia a tempo indeterminato.
La casa in preda al caos.
La baby sitter laureanda in preda ad attacchi di ansia.
Una coda infinita di lavori da consegnare.
Una numero consistente di potenziali clienti in attesa di preventivi.
Sette mesi di sonno limitato causa lavoro serale e/o vari malanni filiali.
La primavera che non arriva e l'inverno che non se ne va.
La figlia piccola ben lontana dall'autonomia comunicativa e di spostamento, che richiede
attenzioni continue, preferibilmente materne.
Vita sociale: ai minimi termini.
Ultima seduta dal parrucchiere: visibilmente troppo remota.
Ultima cena romantica: 1 anno fa.
Ultimo cinema: non pervenuto.
Ultimo pomeriggio di svago: non pervenuto.
E, in fondo, va tutto bene. Salute, lavoro, amore, figli, amici.
Nessun vero ingorgo esistenziale, solo un attimo di traffico intenso.
Un momento in cui è facile rimpiangere il passato e idealizzare il futuro.
Per fortuna la morte ci ricorda il senso della vita.
Vivere. Ogni giorno. Come se fosse l'ultimo.
Se fumassi ora me ne accenderei una. Mi accontenterò di farmi un bel thé.
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