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martedì 12 aprile 2011

Giornata di blogging sulla scuola italiana

Ecco il mio piccolo contributo alla Giornata di blogging sulla scuola italiana.

"Remember days of skipping school..." (Bon Jovi)

"A che serve sapere tre lingue se non sai come parlare con uno diverso da te?" (Jovanotti) 

Ho sempre frequentato la scuola pubblica.

Alle elementari c'era la maestra Clelia, con i capelli a pagoda e la gonna a pieghe anche all'ora di ginnastica. Si dedicava con noi anima e cuore, incuriosendoci verso ogni campo del sapere. Io ero brava, ma lei non mi lasciava tempo per annoiarmi: se finivo prima c'erano i compagni meno veloci da aiutare. 

Alle medie mi imbattei in una carrellata di personaggi surreali: dallo psicotico di matematica allo scazzone di tecnica, per non parlare della pazza di artistica.
Non c'erano gli stranieri: l'esotico era Corrado Esposito, che veniva da Napoli e che a 11 anni aveva già i baffi e i capelli unti. Un pò lo prendevamo in giro, ma  poi andavamo a mangiare nella sua pizzeria e gli volevamo bene. A unirci era una specie di gara di sopravvivenza alla follia di quei nostri insegnanti, per i quali eravamo sempre "la peggiore classe di sempre".

Al liceo c'erano altri pazzi scatenati: il nazista di matematica, il gay isterico di italiano, il siciliano semianalfabeta di arte, il bavoso di scienze. Ma poi c'erano anche professori appassionati, preparati, capaci. Anche se non stimavamo tutti i docenti, dovevamo impegnarci a fondo per riuscire, sviluppando flessibilità, senso critico, furbizia. E ci facevamo delle grandissime risate.

Anche l'università è stata palestra di vita, nella sua disorganizzazione e mentalità distorta: ai miei tempi lo studente non era un cliente armato di questionario di customer satisfaction, ma, per molti docenti, una merdina da umiliare e da levarsi di torno. Le cose sono cambiate solo nei nove anni in cui sono stata assistente universitaria: sotto i miei occhi ho visto i docenti assecondare sempre i più gli studenti, i programmi assottigliarsi e il curriculum studiorum trasformarsi in una raccolta di punti, oppss di crediti.

In questa scuola sgangherata io ho imparato a stare al mondo.
A lottare per raggiungere un obiettivo, a organizzarmi, a confrontarmi con gli altri. 
Stavo ancora studiando quando ho fondato la sede locale di AEGEE, la più grande associazione studentesca europea e mi sono confrontata con gli studenti del resto d'Europa.
Scoprendo che in Olanda se non fai parte almeno di una associazione nessuna azienda considera il tuo curriculum (in Italia le associazioni studentesche sono viste come puro cazzeggio).
Verificando che persino i turchi parlano inglese meglio degli italiani. E che anche nei paesi dell'est più poveri le università dispongono di supporti informatici e reti più all'avanguardia di quelle italiane. Ma che gli italiani, comunque, riescono a colmare tante lacune della loro preparazione con lo spirito, l'inventiva, la comunicativa.

Quattro anni fa mi sono riavvicinata alla scuola. Da mamma.

Ho iscritto il mio bambino ad una scuola d'infanzia paritaria. Perché era l'unica a offrire il servizio di nido.
Una scuola privata, ma non certo un club esclusivo che sguazza nell'oro.
Ho scoperto che in Italia moltissime scuole private si basano sul lavoro di associazioni no profit, e sono gestite a titolo gratuito da veri e propri benefattori.
Se va bene questi amministratori sono persone per bene e competenti. Se va male sono cacciatori di cariche senza scrupolo, capaci di mandare sul lastrico scuole che sopravvivono quasi solo delle rette, dato che i contributi pubblici sono sempre più esigui.


La scuola di mio figlio è un posto meraviglioso, curato da persone incredibili.
A partire dal presidente, che ha accettato la sfida di riportare al pareggio il bilancio di una scuola amministrata in modo scellerato dai suoi predecessori.
Alle educatrici, che per uno scarno stipendio si fanno letteralmente in quattro per seguire in modo personalizzato i bambini, nonostante l'assurdo rapporto di 1 a 29 tra insegnante titolare e alunni per classe. Laboratori, progetti, psicomotricità, ecologia, inglese, musica, poesia, e tanto, tanto amore: mio figlio e i suoi amici escono di scuola felici, raccontandoci entusiasti tutto quello che hanno scoperto e sperimentato.
Da genitore non mi sono chiesta solo cosa la scuola mi offriva in cambio della retta, ma anche cosa posso fare io per contribuire a questa vera e propria comunità educativa.
E' una gioia essere al fianco di queste persone contribuendo come si può: come rappresentante dei genitori, come editorialista nel giornalino o con un pò di volontariato per dotare la scuola di un bel sito...

A settembre Alessandro farà il suo ingresso nella scuola primaria, come si chiama ora.
Io e suo padre siamo andati alla riunione di presentazione della scuola prescelta.
Ci hanno parlato di valorizzazione delle diversità. Di educazione alla discussione. All'accettazione dei ritmi individuali.
Hanno detto che ogni classe ha la sua storia e che ogni bambino ha il suo ritmo nel raggiungere gli obiettivi formativi.
Non ho ragione di temere che mio figlio avrà problemi particolari, ma mi piace pensare che possa crescere in un posto dove essere accettato come persona unica e speciale conti più della performance, dei risultati. 

- E' vero che alla mensa si mangia male? - e' stata l'unica preoccupazione delle mamme presenti.

Mio marito ha notato che non era presente nessuno della crème del paese. 
Le famiglie-bene del villaggio, infatti, mandano i loro figli dalle Madri Canossiane.
Dove, si dice, "li seguono benissimo". Le famiglie-bene non parlano della mensa (volgare!), però le ho sentite dire
che "almeno, dalle suore, gli danno una educazione cattolica e non ci sono i Giargianìs"
(=simpatico e CRISTIANO modo di definire gli extracomunitari). 
"Certo, c'è da sperare che la Madre lo accetti, ma con una buona offerta non dovrebbero esserci problemi".

Piuttosto di mandare mio figlio in un posto dove si professa una dottrina religiosa e si mette in pratica il suo contrario evviva la piccola scuola di campagna. 
Dove ci saranno insegnanti brave e meno brave, dove magari i laboratori non saranno all'avanguardia, ma nostro figlio imparerà a stare persone di tutti i tipi, e a cavarsela anche senza aiutini (e senza messe, aggiungo io).
Noi gli staremo vicino e daremo una mano alla scuola come possiamo.
Aiutando a creare il laboratorio di informatica, magari. 
Partecipando attivamente e, soprattutto, non delegando passivamente il nostro ruolo educativo. Con un pizzico di fortuna..."Io speriamo che me la cavo!"


"Un luogo pubblico, di tutti e per tutti, scenario di conquiste e di errori, di piccole miserie e di grandi orizzonti, teatro di diversi saperi e di diverse ignoranze. C’è da imparare anche dalle ignoranze, non solo dai saperi selezionati. La scuola è per tutti, deve essere per tutti, è bello che sia così, è una grande conquista avere una scuola pubblica, specialmente quella dell’obbligo". Jovanotti