lunedì 28 maggio 2012

Vamos a bailar.

Tangueri. O Tanghéri. A me questa parola ricorda "bischeri". E anche al mio amico Enrico, che, prima del saggio, mi ha scritto: "In bocca al lupo tangheri! Ops, sara' per caso offensivo...?"
Invece i ballerini di tango si autodefiniscono proprio così.

Tutto è incominciato la scorsa estate, quando è arrivata la pubblicità di una nuova scuola di ballo, proprio dietro casa.
- Hei, marito A.M., ci iscriviamo ad un corso di tango argentin...
- SIII!!!
Avevamo solo una vaga idea di che cosa si trattasse. Un ballo sensuale, ok. Ma, poi, soprattutto, un momento tutto per noi, senza figli, senza impegni, senza operatività.
Puro svago, in un periodo tanto denso di pensieri e responsabilità. Ok. Aggiudicato.

Settembre. La prima lezione. 
Mi presento con le ballerine.
Io vivo staccata perché non solo i tacchi sono incompatibili con le mie ginocchia scassate  e con la mia vita, e niente mi ha mai sufficientemente motivato a soffrire barcollando su due stecchini.
Non sono mai stata abbastanza masochista né desiderosa di sedurre. 
E bisogna essere comodi per ballare, no? No.
Il tango è seduzione, languore. E dolore.
Quindi la dama balla su stiletti da minimo 8 cm.
La prima camminata dallo spogliatoio alla classe dondolando incerta sulle mie nuovissime scarpe da ballo è per me una conquista.
Nei primi passi siamo impacciati e rigidi, e ben presto apprendo la regola numero uno del tango: l'uomo guida, la donna segue.
Ardua impresa per me, spacamaroni perfezionista e control freak, da sempre abituata a prendere (e tenere) l'iniziativa.
Lasciarmi guidare, delegare il controllo, assecondare il mio compagno: capite perché per me il tango argentino rappresenta un vero e proprio choc culturale?
I maestri sono simpatici (non abbiamo la più pallida idea che si tratti dei campioni del mondo in carica!),
il gruppo un pò un'armata brancaleone di gente che sembra non avere niente in comune.
Ci piacerà questa cosa del tango? Bah, vedremo. Al massimo dopo il primo trimestre molleremo e ciao.


Ottobre. La prima milonga. 
Dopo una manciata di lezioni, il Venerabile Maestro Riccardo ci invita ad una serata in Milonga. Vale a dire una sala da ballo adibita per il tango. Ci serve per capire come funziona, per annusare lo spirito e, magari iniziare a solcare la pista.
Arriviamo timidi, con le scarpette da ballo nel sacchettino e col vestito carino. Carino?
Ci sembrava un dress code abbastanza "fancy" e invece ci rendiamo conto di essere assolutamente sottotono di fronte al panorama umano che ci si para davanti. Un trionfo di glitter, cristalli swarovski, piume, calze a rete. Vegliarde truccate come trans con spacco inguinale. Sciantose panterate che volteggiano su tacchi vertiginosi. Nonni impomatati con baffetto e frac di ordinanza. O almeno una giacchettina di pailettes. Roba che il gay pride è una mesta cerimonia in confronto.
Un flash-back mi riporta a quando, da bambina restavo incantata davanti alle esibizioni di piccoli ballerini di liscio trasmesse da una televisione locale. I miei coetanei, danzavano seri e compunti come adultini, con costumi vistosissimi e scarpette argentate. Da un lato li trovavo terribilmente kitch e un pò ridicoli, dall'altro li ammiravo per la loro bravura.
Tornando alla Milonga, la cosa più strabiliante è l'agilità e la scioltezza con cui i vecchietti si dimenano: espressione concentrata e passionale, affondi, casquet, girandole e saltelli.
Ci rendiamo conto che i veri vecchietti siamo noi, e che questa gente si sta divertendo da morire, e trasuda passione e carica vitale.
Restiamo in pista con il nostro passo base sfigato giusto il tempo di farci falciare dall'impazzita giostra dei cavalli scalpitanti.
Se non sei veloce a toglierti di mezzo vieni infilzato da stiletti, sgomitato e scalciato dalla foga dei milonguéri esperti ed esaltati.
Eppure l'esperienza non ci demotiva. Anzi, per la nostra vecchiaia, ci sembra una prospettiva più interessante del circolo di bridge. 
E poi, che diamine, non saranno mica tutti ultrasessantenni!
In ogni caso, di questo passo, ci metteremo vent'anni a raggiungere il loro livello,
quindi siamo perfettamente in tempo. Avanti tutta!

Novembre. Il primo abbraccio.
E giunge il momento di accorciare le distanze. 
Siamo maturi perché il ballerino cinga la dama in un abbraccio passionale. 
Seno contro petto, guancia contro guancia, una intimità fisica inaspettatamente imbarazzante persino per due sposi di lunga data.  Come si fa a ballare in modalità "gemelli siamesi"? Eppure dopo un pò ci rilassiamo e riusciamo a muoverci all'unisono un solo battito cardiaco. Wow! Che sensazione!
Mi lascio finalmente andare, e inizio a godermi la musica e il movimento lento e sensuale.
La carica erotica di questo ballo inizia a contagiarci.

Dicembre. Sedotti. 
Dopo le lezioni ci gustiamo decine di video, ammirando l'eleganza e la passionalità dei veri ballerini
e persino performance poco tecniche e molto sexy come quella di Richard Gere e Jennifer Lopez nel film Shall we Dance.
Marzo. La classe non è acqua. 
Con l'armata brancaleone male assortita dei nostri compagni di classe iniziamo a divertirci un sacco.
Dopo le vacanze di Natale i meno motivati hanno mollato: il gruppo è ora consolidato.
Durante le lezioni sono scherzi e battute. Finalmente ci ricordiamo i loro nomi.
Si esce a cena insieme e poi si va a ballare. 
In una di queste sortite mi storto una caviglia sul pavimento sconnesso di una milonga improvvisata. L'inconveniente mi tiene ferma varie settimane. 
Il mio rientro coincide con una bella serata di gruppo, in cui ci conosciamo meglio.
Scopro anche che Riccardo, il nostro maestro, balla dall'infanzia ed era uno dei bambini della famosa scuola di ballo Lady Lidia che si esibivano in tv e che io rimanevo incantata a guardare.

Aprile. Il conto alla rovescia.
Fino ad ora abbiamo scherzato. Ma a fine maggio ci sarà il saggio!
Le lezioni cessano di essere rilassate e un pò goliardiche. Abbiamo pochi incontri per
imparare una sequenza complessa che balleremo all'unisono sul palcoscenico di un vero teatro.
Proviamo e riproviamo, registriamo video da studiare a casa, ascoltiamo il brano fino allo sfinimento.
Ci incontriamo per ripassare, emozionati come studenti alla vigilia degli esami.
Il marito A.M. mi scrive messaggini tragicomici per ricordarmi i passi:
"Passettini in avanti, due giri indietro, ti giro, saltino, parata, ocho, giro passetti, ocho indietro, parada sandwitch, ti sollevo, vado indietro di due e torno avanti di due, ocho indietro, ocho con giro destra, il tuo giro con calcetti in mezzo, ti giro, ti porto alla mia sinistra, tu fai il fiocchetto, inciampiamo, crolliamo sotto il palco, pubblico applaude, arriva la barella".

Maggio. Il debutto. 
A tre settimane dalla grande data dobbiamo ancora imparare metà delle figure, balliamo in modo asincrono e scombinato e riteniamo assai elevata la probabilità di figuracce, tanto che Riccardo ci convoca per una lezione straordinaria.
Alla vigilia finalmente abbiamo imparato la sequenza ma ad ogni prova facciamo un nuovo errore, persino sui passi più facili.
Il tacco continua a incastrarsi nella coda del costume di scena, che viene tagliata a più riprese.

27 maggio. Il grande giorno è arrivato e siamo carichi come molle. 
Trucco, parrucco, pedicure delle grandi occasioni. Gli ultimi scherzi fuori dal teatro. 

Il mio talismano? Le prime vere scarpe da tango, colpo di fulmine tra decine di modelli provati nel negozio specializzato. Tacco 9, mica pizza e fichi!


Dietro le quinte è un brulicare di voci eccitate, un formicaio variopinto e nervoso che si cambia forcine, rossetti, consigli.
Un nugolo di ballerinette rosa, i ragazzini dell'hip hop, le signore del liscio, le tettone della danza del ventre, i cubanos rumba & rum.

Nei camerini c'è chi balbetta, chi si mette a piangere, chi si accorge che la camicia che ha preso dall'armadio non è nera ma blu. 
Ai giovani di oggi verrebbe in mente Amici. Io che ero giovane negli anni '80 risento l'indimenticabile sigla di Fame- Saranno Famosi.

"Voi volete successo, fama...ma queste cose costano. Ed e' esattamente qui che si inizia a pagare: col sudore".

Noi non avremo né successo né fama, perché siamo solo dilettanti allo sbaraglio, in compenso la prova del palcoscenico fa sudare tutti, persino i maestri. 
Siamo i terzi in scaletta. Dietro il sipario ci teniamo per mano e respiriamo profondamente. 
Pronti? Via! A luci spente sgattaioliamo sul palco e ci mettiamo in posa. PUF! Le luci di scena ci abbagliano. 
Le prime note ci rimbombano nelle orecchie e, all'improvviso, l'adrenalina lascia spazio all'euforia. 
Mi gusto ogni passo, riesco persino a sorridere. Noto con disappunto che qualche coppia è disallineata. Oh mierda, ho sbagliato il saltino! Ah, ok, ho recuperato subito il ritmo. Ta-tam. 
L'ultimo affondo e, con uno scatto, ci guardiamo negli occhi. 
Uno scroscio di applausi...Impossibile trattenere un gran sorriso di pura gioia!

Non ci resta che raggiungere il buio della sala e goderci l'esibizione degli altri allievi e dei nostri maestri, restando a bocca aperta per l'ammirazione. Campioni mica per niente! 

Non ci sono dubbi: l'avventura continua!

1 commento:

BarbaraZ ha detto...

Ciao!!! Spero di incrociarvi in qualche milonga :)